I cacciatori-raccoglitori hanno livelli elevati di attività fisica per tutta la vita. Alcuni autori riportano circa 6-9 ore di camminata e altre attività fisiche al giorno per due popolazioni di cacciatori-raccoglitori, i San dell’Africa meridionale e gli Ache del Paraguay. Simili di stanze giornaliere sono percorse dagli adulti Hadza (donne: 6,2 ± 1,7 km al gg; uomini: 12,2 ± 2,7) con una piccola ma rilevabile diminuzione (0,4 km giorno per decennio) con l’età (Pontzer et al., 2015). In questa popolazione, gli studi che utilizzano la misurazione della frequenza cardiaca nelle diverse fasi della giornata indicano elevati volumi di attività fisica quotidiana svolta ad intensità bassa o moderata e un elevato volume di attività moderato-vigorosa. Si calcola,, infatti che quest’ultima eccede quotidianamente di di verse volte quella svolta in media negli Stati Uniti e in Europa (circa 40 min al gg) (Figura 1 da Pontzer et al., 2018). Lo studio delle attività quotidiane (attività fisica e riposo) nelle comunità di cacciatori-raccoglitori pone il dubbio su come riprodurre una condizione antica nell’uomo moderno.

Come detto gli adulti Hadza, che vivono nei tradizionali campi che mancano di piante e animali addomesticati, strumenti meccanizzati e veicoli, dispongono di mezzi limitati per immagazzinare le eccedenze cibo per uso a lungo termine (Marlo we, 2010) e svolgono attività fisiche quantitativamente simili tra loro. Una parte rilevante della quotidianità risulta quindi il cammino a velocità variabile con il fine di procurarsi cibo, acqua, legna e per altre attività incluse quelle sociali (visite tra campi). Molto poco presente la corsa (mentre non si esclude che questa fosse più presente in passato). Per questi soggetti è interessante notare che il livello di attività fasica intensa sembra correlare con la distanza percorsa giornalmente. Di fatto ad un maggior lavoro fisico fasico corrisponde un maggior spostamento spaziale a diverse velocità e questo livello viene mantenuto fino all’età senile. Da una analisi grossolana nel contesto della popolazione Hadza sembra quindi emergere che il riposo funzionale, il cammino e una attività fasica ad alta intensità ma occasionale e di breve durata possano far parte della vita quotidiana di queste comunità. Quest’ultima sembra comprendere attività varie e in sequenza che ben trovano un aggancio a quello che tradizionalmente indichiamo come training aerobico a circuito. Come noto, infatti, il training funzionale a circuito è considerato un allenamento che tenta di imitare le esigenze fisiologiche o specifiche della vita reale con una serie di esercizi che seguono l’uno all’altro.

 

Questa modalità di allenamento venne finalizzata nel 1953, da Morgan e Anderson presso l’Università di Leeds. Il termine “circuito” si riferisce a una serie di esercizi accuratamente selezionati e disposti in una sequenza ben precisa e variabile. Le combinazioni sono le più diverse e vanno dall’utilizzo di esercizi a corpo libero, a quello di resistenze elastiche, pesi, macchine per esercizi. Durante l’allenamento a circuito, ogni partecipante esegue da 8 a 20 (o più) ripetizioni di un esercizio in ciascuna stazione in meno di un minuto, spostandosi da una stazione all’altra con poca o nessuna pausa, il che si traduce in un breve tempo di sessione di allenamento. L’aggiunta di attività aerobica della durata variabile tra 30 sec a 3min definisce la tecnica del circuit training con componente aerobica. Diverse linee di evidenza scientifica suggeriscono che l’allenamento a circuito possa migliorare la forza muscolare e la funzione cardiorespiratoria con un costo metabolico è superiore rispetto a quello dell’allenamento aerobico o di resistenza e questo consente di ottenere benessere in un tempo di attività modesto. Il dispendio in kilocalorie è stato stimato in circa 5-6 kcal al minuto per le donne e 8-9 kcal al minuto per gli uomini (Hempel & Wells, 1985; Wilmore, Parr, & Ward, 1978). Studi ormai antichi dimostrano come l’allenamento funzionale a circuito produca un miglioramento della forza muscolare dal 7% al 32% mentre diminuisce la percentuale di grasso dallo 0,8% al 2,9% (Gettman et al., 1982). Nella forma tradizionale di circuit training si osserva un migliora mento da lieve a modesto della capacità aerobica (dal 5% al 9,5%) soprattutto se paragonato a quanto raggiungibile con altre modalità di allenamento prevalentemente aerobiche (dal 5% al 25%). Questi cambiamenti si associano alle variazioni della composizione corporea e a una variazione della fitness aerobica. L’alternanza di attività lieve-moderata e moderato-vigorosa tipica delle società di cacciatori-raccoglitori ha fondamentali correlati con le condizioni cliniche, la composizione corporea e sulla fitness aerobica (che si presenta maggiore rispetto a soggetti di pari età ma appartenenti alle società moderne) e la prevalenza di diverse patologie “non-communicable”. Negli Hadza non esiste, di fatto, evidenza di sovrappeso e obesità o diabete tipo 2 (come del resto è riportato in altre comunità di cacciatori-raccoglitori), sia nel maschio sia nella femmina (meno del 2% BMI tra 25 e 30). L’indice di peso corporeo sembra mantenersi praticamente costante nell’adultità senza differenze intersessuali. Anche le condizioni di salute cardiovascolare eccellono negli appartenenti a queste comunità. I decessi per patologia cardiovascolare sono realmente rari. Se si considera la popolazione di età superiore ai 60 anni soltanto il 30% manifestacondizioni ipertensive mentre queste superano il 60% dei casi nella società americana. Anche la prevalenza di patologie cancerose risulta molto bassa se non addirittura non rilevabile. Se le patologie croniche non sembrano incidere allora ci si chiede quali siano le cause di morte in queste comunità. Queste sono notoriamente difficile da accertare in quanto manca un regolare accesso agli ospedali.

Fermo restando questa premessa la causa di morte più frequente è l’infezione acuta. Gurven e Kaplan lo riferiscono ~70% dei decessi sono causati da malattie acute (principalmente malattie infettive e gastrointestinali) e un altro ~ 20% da traumi, inclusi incidenti e violenze mentre la causa di meno del 10% dei decessi è rappresentata da una patologia cronica età-correlata anche per età superiori ai 60 anni. “I miss my home and the way we lived. Life was easy, there were lots of fruits, animals and there were no bars and no beer. Now we are lost,” says Goiotseone. (da Botswana Bushmen: Modern life is destroying us, BBC news 2014). Il popolo San (noto anche come Boscimani) è un gruppo etnico che vive nelle zone aride di in Botswana, Namibia, Sud Africa, Angola e Zimbabwe. Qui ha trovato il proprio sostentamento attraverso una conoscenza approfondita dell’ambiente. Imparentati con i Khoikhoi, con i quali formano il gruppo Khoisan, abitano l’Africa meridionale da ol tre 20.000 anni (alcuni sostengono 100.000 anni), e sono principalmente cacciatori raccoglitori, famosi per il loro sistema di comunicazione gestuale durante la caccia e per le loro frecce avvelenate con la linfa dell’Euphorbia damarana, che gli è valsa il soprannome di “uomini scorpione”. Come ampiamente dimostrato, l’attività fisica aerobica regolare (e il relativo consumo energetico) è un elemento chiave di uno stile di vita sano capace di impattare positiva mente sulla durata media della vita, posticipando l’insorgenza di patologie età-correlate potenzialmente mortali.

 

Il contraltare di questo assunto generale sta nell’osservazione che il tempo trascorso in condizioni di inattività è un fonda mentale fattore di rischio di mortalità per tutte le cause (incluse ovviamente quelle cardiovascolari) (Ekelund et al., 2015), capace di impattare in maniera quantitativamente maggiore rispetto ad altri e noti fattori come la condizione di sovrappeso/obesità (in questo caso di circa il doppio) (Ekelund et al., 2015). Sulla base di queste considerazioni, numerose linee di ricerca hanno suggerito che una storia evolutiva che ha incluso uno stile di vita di caccia e raccolta possa essere fisiologicamente vantaggiosa, sia per gli effetti adattativi determinati da un elevato volume di attività aerobica anche intensa, sia per una riduzione complessiva dei rischi connaturati con la sedentarietà. A sostegno di questa ipotesi concorre l’assunzione di un maggior livello di attività fisica in moderne popolazioni di cacciatori-raccoglitori rispetto a quella rilevabile in soggetti che vivono in società industrializzate. Sebbene intuibile, questa assunzione non si è basata nel tempo su misure oggettive e quantitative del livello giornaliero di attività fisica. Infatti quando queste misure sono state eseguite con rigore i risultati relativi al livello di attività e di dispendio energetico hanno dimostrato un quadro più sfumato e suggeriscono che questi gruppi possono in realtà avere livelli paragonabili a quelli riscontrabili nelle società più sviluppate (Gurven, Jaeggi, Kaplan, & Cummings, 2013; Pontzer et al., 2012).

 

Consumo energetico quotidiano nei cacciatori raccoglitori: l’esperienza negli Hadza della Tanzania

Un prezioso esempio di moderni cacciatori-raccoglitori (circa 200 attualmente) ancor oggi ancorato, in gran parte, alle con
dizioni di vita ancestrali è rappresentato dalla comunità Hadza della Rift Valley centrale della Tanzania in Africa (a nord, vicino al lago Eyasi). Questa comunità occupa territori africani di circa 4.000 km2 un tempo ampiamente abitati dai nostri antenati hominini. Per questo motivo lo stile di vita e la cultura Hadza è stata oggetto di studio da parte di antropologi per molti anni (Marlowe, 2010). Gli Hadza vivono in campi con raggruppamenti che contano circa 5-30, anche se il numero dei campi varia a seconda dellastagione e delle risorse disponibili. A causa della rapida transculturazione, inclusa la crescente esposizione a medicinali e alimenti trasformati, il tradizionale stile di vita degli Hadza sta ahimè gradualmente scomparendo. Le attività degli Hadza si basano in gran parte sull’acquisizione di cibo. Sono influenza te dall’ambiente e sono soggette a due stagioni distinte: umida (novembre-aprile) e secca (maggio-ottobre). Ad esempio, 2la raccolta di bacche e il consumo di miele sono più frequenti durante la stagione delle piogge, mentre la caccia ha più successo durante la stagione secca. Il consumo di tuberi e baobab ricchi di fibre si verifica tutto l’anno. Sia gli uomini che le donne percorrono diversi chilometri ogni giorno, su terreni collinari e rocciosi, per cercare cibo, raccogliere acqua, legna da ardere e altre risorse e visitare i vicini campi. L’attività quotidiana comprende infatti lo scavo del terreno per la raccolta di tuberi, attività preminentemente femminile, mentre i maschi si arrampicano frequentemente sugli alberi sia per la raccolta della legna da ardere sia per l’estrazione del miele. La cura dei bambini è attività prevalentemente femminile.

Sia nel maschio che nella femmina, pertanto, ci si può aspettare che le attività quotidiane siano responsabili di un significativo aumento del consumo energetico e che questo, almeno parzialmente, sia maggiore rispetto a quello misurabile in soggetti appartenenti alle società moderne e avanzate. Gli studi di Pontzer e collaboratori (Pontzer et al, 2012) in gruppi di cacciatori-raccoglitori Hadza rappresentano quindi una grande opportunità per considerare la relazione tra attività fisica e dispendio energetico giornaliero in soggetti attivi ma tradizionalmente dediti ad attività considerate ancestrali e più vicine a quelle “naturali” per l’uomo. Le misure dirette del dispendio energetico mostrano che il dispendio energetico totale complessivo (kCal/giorno) non differisce nel rispetto a quanto rilevabile in gruppi con la massa magra, l’età, e sesso (Pontzer, 2015; Pontzer et al., 2012), aumentando la possibilità che i livelli di PA del raccoglitore potrebbero non essere così alti come spesso si presume o quanto meno che la presenza di un elevato livello di attività quotidiana si possa associare ad un processo di adattamento in negativo del consumo energetico allocato per lo svolgimento di altre attività fisiologiche. Sulla base di queste evidenze scientifiche ci si può quindi chiedere se il comportamento sedentario sia una realtà esclusiva delle società moderne ovvero una condizione antica che trova un elemento di diversità con la qualità dell’attività di riposo piuttosto che nella quantità assoluta. Da un punto di vista generale, considerando l’elevato livello di attività fisica collegato con la condizione di cacciatore raccoglitore e l’intrinseca difficoltà di reperire il cibo, l’inattività ha e aveva certamente il significato del tentativo di ridurre, per quanto possibile, il consumo energetico totale giornaliero (TEE) (anche se la quota di sonno quotidiano è stata calcolata e paragonabile a quella rilevabile nei paesi industrializzati, da circa 6 a circa 7 ore notte). È intuibile, inoltre, che oltre al tempo di attività anche quello di inattività abbia una qualità diversa rispetto a quello presente nelle civiltà industrializzate. A conferma di questo fatto l’osservazione circa l’atteggiamento posturale tipico dei periodi di riposo delle comunità Hadza mette in risalto un certo livello di residua attivazione a livello degli arti inferiori sottoposti a flessione in atteggiamento accucciato/accovacciato (Squatting), verosimilmente associato a un minor effetto di ristagno ematico tipico della postura seduta, attualmente maggiore espressione della sedentarietà dell’uomo moderno.

 

 

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