SUPPLEMENTAZIONE ALIMENTARE: LA CREATINA

Diversi studi indicano la creatina (n-[aminoiminomethyl]-N-methylglycine) come uno dei supplementi più usati nell’ambito della popolazione generale e sportiva. Nella popolazione sportiva gli atleti maggiormente dediti al consumo di creatina svolgono attività di potenza (sollevamento pesi, lottatori, lanciatori, bodybuilders) con una prevalenza che va dal 45 al 75% (Ronsen et al., 1999).

 

Il fattore che maggiormente concorre nel determinare una così grande diffusione in ambito sportivo è il noto effetto ergogenico di questa sostanza quando l’assunzione si combina con esercizio fisico ad alta intensità. Questa associazione determina un incremento della massa magra, della forza e della performance atletica, nonché un’accelerazione dei processi di recupero post esercizio con un effetto che sembra maggioritario nei soggetti anziani rispetto ai giovani senza differenze per sesso (Tarnopolsky et al., 2000; Harris et al., 1992). Al contrario la creatina non sembra esercitare un effetto ergogenico se abbinata ad attività fisica di endurance (Van Schuylenbergh et al., 2003; van Loon et al., 2003; Izquierdo et al., 2002).

 

Biochimica della creatina

 

È un composto azotato endogeno (ma che non partecipa alla sintesi delle proteine) ottenuto per sintesi epatica, renale o pancreatica a partire dagli aminoacidi arginina, glicina e sadenosil-metionina. Dal plasma la creatina viene trasportata all’interno delle cellule grazie a due trasportatori specifici sodio dipendenti (creatine transporter protein, CRT), CreaT1 e CreaT2 (questo presente nei testicoli) (Harris et al., 1992). È stato osservato che la creatina assunta con la supplementazione viene trasportata nelle cellule muscolari mediante CreaT1. Questo trasportatore è fondamentale anche per l’attraversamento della barriera ematoencefalica. Circa il 95% della creatina corporea è, però, concentrata nei muscoli scheletrici, mentre la restante parte si localizza nel cervello, fegato, testicoli e reni.

 

La frazione introdotta con la dieta si trova negli alimenti di origine animale come pesce e carne.
Il meccanismo più accreditato che spiega l’effetto ergogenico della creatina si basa sul miglioramento del rapporto esistente tra disponibilità di ATP e richiesta metabolica tessutale durante l’attività fisica, ovvero sul coinvolgimento della creatina nella produzione energetica cellulare. La creatina è fondamentale per mantenere i livelli di ATP nelle cellule muscolari insieme all’ATP che proviene dalla fosforilazione ossidativa mitocondriale.

 

Pochi secondi dopo una contrazione muscolare, i depositi intracellulari di ATP (2-5 Mm) vengono consumati. L’ATP viene rigenerato attraverso il sistema della fosfocreatina (PCr), nel quale la PCr dona il gruppo fosfato all’ADP per formare ATP.
Questa reazione avviene rapidamente e reversibilmente grazie all’enzima Creatina Chinasi. Al contrario, a riposo l’ATP dona un gruppo fosfato alla creatina per rigenerare i depositi di PCr, disponibile, quindi, per le successive contrazioni.

 

Pertanto, l’energia per rifosforilare ADP ad ATP durante e dopo l’esercizio fisico intenso dipende in gran parte dalla quantità di PCr depositata nel muscolo, che condiziona significativamente quella generata durante esercizi intensi e di breve durata.

La maggiore disponibilità di PCr in condizioni basali dovuta alla supplementazione di creatina consente di mantenere uno sforzo per un tempo maggiore, determinando un miglioramento della performance in termini di aumento del volume di esercizio.

 

Esiste un limite massimo di sintesi della creatina endogena. In generale, la produzione endogena di un uomo di 70 Kg è di circa 2 g con un pool di circa 120 g (Persky & Brazeau, 2001), mentre il turnover è di circa 1-2 g al giorno con trasformazione della creatina in creatinina seguita dalla sua escrezione urinaria. Soggetti adulti vegetariani ne posseggono una quantità inferiore (100 g) e, quindi, rispondono meglio alla supplementazione rispetto ad onnivori che hanno concentrazioni muscolari maggiori (Figura 1).

 

Fermo restando il ruolo del trasporto intracellulare nel limitare l’accumulo di creatina a livello cellulare, per aumentarne il pool è necessario provvedere all’assunzione di supplementi esogeni, anche se questa assunzione limita in parte la produzione endogena. È stato dimostrato che in ogni assunzione di creatina circa la metà viene espulsa in 24 ore (Burke et al., 2001), mentre la contemporanea assunzione di creatina con proteine, carboidrati, acido alfalipoico ne può stimolare l’accumulo intracellulare post-allenamento (Green et al., 1996; Steenge et al., 2000; Burke et al., 2001).

La creatina nello sport

 

Gli atleti usano creatina per aumentare il pool cellulare di fosfati. Gli elevati livelli di PCr, infatti, limitano la deplezione energetica nel corso di esercizi ad alta intensità. Molti studi hanno evidenziato come la supplementazione di creatina sia significativamente associata a un aumento della performance anaerobica, mentre solo pochi studi non hanno indicato alcun cambiamento.

Al guadagno di potenza si abbina spesso un incremento del peso corporeo, della massa magra e dell’uptake di ossigeno.

 

L’incremento medio delle prestazioni tipicamente attribuito alla creatina è tra il 10 e il 15%.
Quando supplementata a lungo termine gli effetti comportano un miglioramento della massa muscolare con aumento delle dimensioni cellulari, che va di pari passo con quello di potenza. Durante un periodo iniziale di carico (5-7 giorni) si può assistere a un aumento di peso di circa 0,5-2 Kg, una supplementazione più prolungata (12 settimane) porta invece a un guadagno di 2-3 Kg (Volek et al., 1999).

 

I meccanismi alla base di questi effetti sono parzialmente noti. In particolare, la risposta ipertrofica legata ad assunzioni croniche (12 settimane) è stata attribuita a un aumento dell’espressione di proteine miofibrillari (catene pesanti della miosina), a un incremento dell’espressione di fattori di regolazione miogenica (MRF4 e miogenina), a un aumento dell’attività mitotica delle cellule satelliti e delle sintesi proteiche (Willoughby et al., 2001, 2003; Hespel et al., 2001; Bemben et al., 2001; Ingwall et al., 1976; Demant et al., 1999; Lawler et al., 2002).

 

Il carico di creatina nell’atleta richiede una supplementazione di 0.3 g/Kg/die per 5-7 giorni (20 g
die circa al giorno) e 3-5 g/die successivamente, per mantenere elevate le reserve. Usando questo protocollo si possono aumentare i depositi di PCr del 10-40 % (Kreider et al., 2004).
Esistono diverse forme di creatina sintetica (monoidrato, citrato, fosfato, piruvato), ma non vi sono dati relativi a un effetto di maggiore efficacia di una forma rispetto all’altra e l’impiego di creatina monoidrato è attualmente il più raccomandato.

 

Le risposte alla supplementazione di creatina, così come per altre sostanze (es. caffeina), variano a seconda dei soggetti. Esistono, infatti, categorie di soggetti cosiddetti responders e non responders e questa variabilità è probabilmente da riferire alla diversa attività dei trasportatori della creatina (Syrotuik et al., 2004). Alcuni studi hanno cercato di definire un profilo descrittivo dei responders e questi sembrano manifestare una minore concentrazione iniziale di creatina intramuscolare, una maggiore percentuale di fibre veloci di tipo 2 e una maggiore massa magra rispetto ai non responders.

 

La creatina oltre lo sport

 

L’interesse verso la creatina come terapia per le malattie neuromuscolari deriva dall’osservazione che alcune di queste sono associate a bassi livelli di creatina e PCr nel cervello e nei muscoli.

Tra queste, ricordiamo la dermatomiosite, la distrofia muscolare, la miopatia congenita e la miopatia mitocondriale. Sulla base del fatto che la creatina può anche funzionare come antiossidante, con effetti benefici sull’energetica cellulare, un numero di ricercatori ha usato la creatina anche come agente neuroprotettivo. Flint Beal fu l’iniziatore in quest’area di ricerca e pubblicò la maggior parte degli studi sulle malattie neurologiche nei modelli animali di Huntington, Alzheimer e Parkinson. I risultati, ottenuti utilizzando animali da laboratorio, mostrano che la supplementazione di creatina può portare benefici neuroprotettivi.

 

Alcuni studi hanno chiarito l’efficacia della creatina in malattie neurologiche umane (a dosi superiori di 10 g al giorno – Hersch et al., 2006; Dedeoglu et al., 2003; Tabrizi et al., 2003; Verbessem et al., 2005; Tabrizi et al., 2005; Adhihetty et al., 2008). Da una prospettiva di protezione, gli studiosi hanno ipotizzato che avere un cervello più ricco di creatina può proteggere contro l’ictus o episodi simili all’ictus, l’apoplessia, l’ipossiemia o il trauma cranico.

 

Sfortunatamente, studi a lungo termine per provare molti di questi effetti sono stati inconcludenti.
Di conseguenza, la decisione di utilizzare la creatina in queste condizioni si basata per ora solo su logiche biologiche e rapporti rischio/beneficio e pertanto viene effettuata con cautela. In uno studio clinico su trenta ragazzi affetti da distrofia muscolare di Duchenne è stato dimostrato un aumento della forza e della massa muscolare in seguito a supplementazione prolungata di creatina.
Il risultato finale è stato confermato in altri tre studi clinici che hanno suggerito un miglioramento funzionale nel paziente distrofico in seguito a una supplementazione con creatina monoidrato alle dosi di 0.1 g/kg/giorno – approssimativamente da 5 a 7 g al giorno per adulti (Kley et al., 2007).

 

La creatina è stata, inoltre, somministrata ad adulti con miopatia mitocondriale con risultati simili in termini di guadagno di massa e forza muscolare.
Sono stati, inoltre, ottenuti alcuni benefici anche in bambini con leucemia linfoblastica acuta sottoposti a trattamento cortisonico che predispone all’ipotrofia e debolezza muscolare.

 

La creatina e il danno muscolare

 

I noti effetti della creatina sulla funzione cellulare e al metabolismo proteico rappresentano il razionale per il suo utilizzo nella prevenzione e nel trattamento delle lesioni muscolari (D’Antona, 2013).
La letteratura corrente è comunque alquanto preliminare per quanto riguarda gli effetti della creatina nel prevenire e trattare le lesioni muscolari indotte da esercizio. In particolare, l’azione della supplementazione di creatina su marcatori di danno muscolare eccentrico è stata valutata in seguito a sessioni di esercizio di potenza (Warren et al., 2000; Cooke et al., 2009; Rawson et al., 2007; Rawson et al., 2001), evidenziando risultati non univoci. Gli studi iniziali sull’argomento sono concordi nel definire come la supplementazione di creatina non sia accompagnata da una riduzione significativa del danno muscolare o da un’accelerazione del processo riparativo.

 

In particolare, Warren e collaboratori in studi successivi hanno valutato gli effetti della supplementazione di breve durata (5 giorni, 20 g/die) su indici di danno muscolare indotto da 50 contrazioni eccentriche dei flessori del gomito: calo di forza, range of motion e markers circolanti di danno fibrale (creatina kinasi e lattato deidrogenasi), senza riscontrare un significativo miglioramento (Rawson et al., 2001).

 

Più recentemente, invece, un significativo incremento del recupero di forza e un decremento dei livelli di creatina chinasi circolanti è stato riscontrato 48, 72, 96 ore e 7 giorni dopo un esercizio eccentrico che consisteva in 4 sets di 10 ripetizioni eccentriche al 120% della massima contra contrazione concentrica (1RM) alla leg press, alla leg extension e alla leg flexion machine, secondo uno schema di supplementazione che prevedeva una somministrazione da 5 giorni prima a 14 dopo la sessione di training (Cooke et al., 2009).

 

Considerando il diverso timing di somministrazione in studi che hanno mostrato una diversa efficacia è possibile che le modalità di somministrazione possano rappresentare un fattore critico nel definire i risultati finali della supplementazione. In ogni caso, il numero limitato di studi a disposizione e la mancanza di standardizzazione dei disegni sperimentali non consentono allo stato attuale di stabilire un sicuro effetto benefico di prevenzione e trattamento delle lesioni muscolari da esercizio di potenza. Sebbene qualche iniziale indicazione sembra suggerire un possibile effetto protettivo nei confronti anche di danno da esercizio di endurance (long distance running), anche in tal caso i dati a disposizione non sono certamente esaustivi e conclusivi e non esiste certezza in merito.

 

Scientific opinion dell’EFSA

 

Secondo L’EFSA la creatina è responsabile di un aumento dell’attenzione e del miglioramento della memoria (Sheldon et al., 2010); a livello sportivo si sono riscontrati effetti benefici in discipline di forza, velocità e sport di squadra; questi effetti si potrebbero ottenere con 3 g di supplementazione al giorno. Parere negativo, invece, è stato avanzato sugli effetti benefici della creatina per il miglioramento negli allenamenti di endurance (EFSA opinion on Creatine 2011).

 

Tossicità della creatina

 

La creatina è sicura. Sfortunatamente è presente una grande quantità di disinformazione e di interpretazioni sbagliate riguardanti gli effetti secondari della creatina. Si stima che dai due ai tre milioni di persone nel mondo abbiano assunto creatina per brevi e lunghi periodi e su questi sono stati riportati pochi resoconti circa il possibile effetto avverso di una sua supplementazione.
Probabilmente il mito più grande è quello che la creatina causa danni renali. Questo è basato prevalentemente su due case report: un giocatore di rugby, già portatore di glomerulo sclerosi, che assumendo creatina fece salire il livello di creatinina plasmatica oltre le soglie di normalità e questo fu identificato come segno di ulteriore danno renale dato dalla creatina (Poortmans & Francaux, 2000); nel secondo caso, un ragazzo assumendo 20 g di creatina al giorno per un mese (eccessiva in ogni caso), insieme ad anti-infiammatori non steroidei, sviluppò una malattia chiamata nefrite interstiziale e la conclusione fu che la creatina ne fosse la causa. Le più comuni cause di nefriti interstiziali nel mondo sono l’uso di anti-infiammatori non steroidei.

 

La creatina è stata somministrata a pazienti con una varietà di malattie neuromuscolari e neurometaboliche per almeno 20 anni e molti di quei soggetti l’hanno assunta costantemente per quel periodo di tempo. L’assunzione di creatina in atleti e non atleti a dosaggi fisiologici su brevi (5 gg), medi (14 gg) e lunghi periodi (10 mesi-5 anni) non ha evidenziato effetti negativi a livello renale (Poortmans & Francaux, 1999). Vi sono anche aneddoti secondo i quali la creatina causerebbe danni al fegato, ma assolutamente senza nessuna evidenza scientifica.

 

Effetti collaterali tipici sono di tipo gastrointestinale (nausea, diarrea e crampi – meno del 5% – e, in qualche caso, l’aumento ponderale). I sintomi sono alleviati in caso di riduzione della dose al 50%.

a cura di Massimo Negro – Resp. Nutrizione Medicina dello Sport Voghera Università di Pavia & Giuseppe D’Antona – Direttore Medicina dello Sport Voghera Università di Pavia

 

 

 

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