La medicina ebraica
La civiltà ebraica può essere presa quale rappresentante del concetto assolutamente teurgico della medicina. Nel pensiero biblico, nella sua primitiva purezza, unica fonte di malattie e di consecutiva guarigione è Dio. L’uomo malato è l’espressione di ciò che il Signore vuole per lui e non si può fare altro che rendersi interpreti del desiderio dell’infermo presso Dio e far sì che lo stesso si muova a compassione.
Ecco che la medicina è affidata al sacerdote che svolge la funzione di intermediario con la divinità. La pratica quotidiana vedeva l’utilizzo di unzioni, impiastri e altri medicamenti come, per esempio, il fiele di pesce. Tutto ciò però era sempre mediato dalla volontà divina che operava tramite essi. Per quanto riguarda la circoncisione, non esiste errore più grossolano di quello di credere che sia stata imposta come pratica igienica sotto l’aspetto di rituale. Questa metodologia, che dal punto di vista sanitario si limita ad impedire balaniti o balanopostiti, è mai possibile che fosse addirittura un patto eseguito con il Signore, come scritto nella Genesi (XVII, 10-14)?
In realtà essa è la sostituzione del rito omicida, imposto a tutti i padri, di sacrificare il primogenito alla divinità, come era obbligo offrire i primogeniti delle mandrie e le primizie della terra. Quindi la circoncisione risultava essere l’offerta di una parte per il tutto. Tutto ciò deriva anche dal fatto che Abramo veniva dalla Mesopotamia, dove esistevano riti similari, con attività “sostitutiva”. Le malattie conosciute e più comunemente descritte sono la lebbra, la peste, la perdita seminale (da non confondere con la blenorragia). Infine vi è un lungo elenco di malattie riportato nelle “Maledizioni”. Un poco alla volta il concetto assolutamente teurgico si trasforma in un principio sanamente empirico che, pur riconoscendo sempre nella divinità l’assoluto potere di dare la guarigione, riconosce anche che le piante e i medicamenti da esse estratti sono sempre espressione dell’Altissimo, ma va anche enfatizzata l’attività del medico a cui vanno tributati grandissimi onori.
La medicina assiro-babilonese
Dal punto di vista filologico essa rappresenta uno degli esempi più puri di medicina religiosa, in cui la divinità è la causa prima ed unica della malattia: il peccato sta dunque alla base della malattia.
Le patologie sono organizzate in classi distinte di demoni, ciascuno dei quali è adibito alla patologia di una parte del corpo a lui assegnata. Ciascuno di loro ha quindi una particolare sintomatologia, onde per cui la semplice descrizione della stessa è sufficiente per poter determinare quale sia il demone da combattere. La figura del medico e del sacerdote sono praticamente fuse: la diagnosi avviene interrogando l’ammalato sui peccati da lui commessi. Attraverso altri riti esoterici e, forse, interrogazioni astrologiche si arrivava alla diagnosi.
L’interrogazione massima assiro-babilonese è quella del fegato delle vittime, non per scopi diagnostici di malattie, ma degli eventi futuri. Questa è l’auruspicina e la stessa parola, la cui radice “har” significa fegato, indica la provenienza del rito. Anche talune denominazioni anatomiche hanno derivazione dal frasario auruspicinico. La medicina, attraverso l’utilizzo di erbe, unzioni, oli, è prettamente sacerdotale, mentre la chirurgia è considerata eseguibile da persone identificate come “artigiani”, passibili di punizione e risarcimenti quando sbagliavano. Questa codificazione, che ci riporta singolarmente ai giorni nostri, è compresa con altre leggi nel Codice di Hammurabi, re assiro del II millennio a.C. e da lui direttamente dettate dal dio Sole. Il Codice è una colonna di diorite nera alta 4 metri, interamente incisa con minutissimi caratteri, oggi conservata al museo del Louvre.
La medicina egiziana
Una moderna corrente di studi tende a vedere nell’antica medicina egiziana molti punti precorritori della susseguente medicina del mondo greco. Ad ogni modo la medicina egiziana rappresenta un interessante punto di passaggio tra il concetto teurgico e quello di un illuminato empirismo, espressione di un’evoluzione verso concetti pratici.
Nella medicina egiziana sono importanti i seguenti punti: concezione biologica, sintomatologia e quadro patognomonici, farmacologia e polifarmacia, specializzazione nella malattia. Le conoscenze arrivate alla nostra attenzione sono presenti in numerosi papiri dai quali emerge una concezione umorale o sanguigna e un concetto pneumatico sotto la denominazione “soffi”.
Un’altra particolarità della medicina egizia è costituita dalla grande quantità di medici specialisti: per le orecchie, per le malattie urinarie, per quelle della ,pelle, per gli organi vitali e particolarmente per gli occhi. Quella che si sviluppa in modo notevole è la chirurgia e l’osservazione (vedasi la descrizione della paralisi della vescica e dell’intestino nei casi di ferita della colonna vertebrale). Era anche nota la sutura delle ferite.
Appare quindi che la medicina egiziana costituisce la fonte principale per le future forme di medicina e fu quella che maggiormente ebbe fama di eccellenza su tutte le altre.
La medicina indiana
La medicina indiana rimane fino ad un certo punto appartata dalla linea evolutiva del nostro pensiero medico occidentale, tuttavia dimostra una organizzazione e una costruzione sistematica complessa e potremmo persino definirla “moderna”.
I testi di medicina hanno una forte impronta di sacralità: quella dedicata alla medicina è la Ayurveda, cioè “il libro sacro della durata della vita”. Questa raccolta si divide in otto parti, di cui una era particolarmente dedicata alla patologia; inoltre vi sono notizie di grande e piccola chirurgia, cura delle malattie del corpo, cura delle malattie infantili, tossicologia, afrodisiaci.
e, attraverso delle modifiche temporali, applicata anche nella nostra civiltà occidentale
La medicina cinese
Sicuramente quella cinese ha sostituito un sistema chiuso che si è aperto a quello occidentale molto tardi. L’origine della medicina cinese si fa risalire ad un mitico imperatore vissuto nel 2800 a.C., il quale avrebbe insegnato ai suoi sudditi le varie arti. Nel concetto medico biologico cinese il principio di “armonia” è quello che domina nella produzione della malattia e della salute.
La malattia è data dalla sproporzione tra le due essenze fondamentali: Yang e Ying, maschile e femminile. La salute invece deriva dalla proporzione delle due essenze. Nella semeiotica prevale la tecnica del polso, che acquistò anche presso la medicina occidentale in seguito un’enorme importanza. Nella medicina cinese vi sono ben 200 varietà di polso, di cui 21 sono indice di esito letale. La tecnica prevede l’esame in tre tempi.
La farmacologia cinese è la più ricca di tutte le altre farmacologie antiche. L’opera principale è il Pen-Ts’ac-Kang-Mu, compilata nel secolo XVI ed è composta di 52 volumi nei quali sono descritti oltre duemila medicamenti, tra cui molti ufficialmente usati nella moderna terapia occidentale (ad esempio, il ferro contro l’anemia, l’arsenico contro le malattie cutanee, l’oppio contro il dolore, la radice di melograno contro i vermi, il solfato di sodio come purgante). Inoltre è caratteristico della medicina cinese il primo tentativo di immunizzazione attiva contro il vaiolo mediante l’insufflazione di polvere di croste vaiolose disseccate nelle narici dei pazienti.
La chirurgia si sviluppò nelle antiche epoche. Le operazioni più caratteristiche erano la castrazione, la deformazione dei piedi, la rimozione della cistifellea e la sutura delle ferite. Ma quella che maggiormente è importante è l’agopuntura, che sembra essere stata introdotta come terapia circa nel 2700 a.C.: per mezzo di aghi d’oro, d’argento, di ferro e di pietra, infissi più o meno profondamente nel tessuto cutaneo in determinate regioni del corpo, si postulava di penetrare in determinati canali che in numero di 12 sarebbero stati in comunicazione con gli organi interni e avrebbero riequilibrato lo squilibrio Yang-Ying. L’agopuntura, senza sensibili modificazioni, si è mantenuta sino ai giorni d’oggi e dimostra, casomai ce ne fosse necessità, come la medicina viaggi spesso su binari paralleli, ognuno dei quali è finalizzato ad un unico obiettivo: la salute del malato. In questo incedere lento la nota comune che ben rappresenta le medicine antiche è appunto la stretta connessione con la divinità, ma è indubbio che anche nella medicina moderna il pensiero ad un essere superiore che possa aiutare ed aiutarci è elemento comune della nostra civiltà.
Ulteriore conformità è la necessità di descrivere e illustrare i progressi medici affinché le conoscenze non andassero perse e l’utilizzo, già in quei tempi, di codici, che oggi noi chiamiamo più modernamente linee guida, che indirizzassero coloro che esercitavano l’ars medica verso atteggiamenti comuni che potessero quindi riproporre identiche tecnologie e nel caso modificare le stesse attraverso lo studio e l’osservazione. (continua)