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La Customer Experience come strumento di competività

“Negli ultimi anni, i forti cambiamenti nell’andamento dei mercati hanno evidenziato con sempre maggior chiarezza che le aziende più performanti sono quelle che orientano il proprio sviluppo alla soddisfazione delle esigenze del cliente.”

 

Se però alle soglie del nuovo millennio gli sforzi si sono concentrati soprattutto sulla qualità del servizio, ampiamente e genericamente inteso con il termine “Customer Service”, in tempi più recenti è emersa la necessità di un mutamento ulteriore, già rispetto alla terminologia in uso.
Questo cambio di prospettiva prevede che il “cliente” diventi un “ospite” e che, come tale, debba poter vivere un’esperienza di servizio unica: da qui, l’esigenza del passaggio dalla “Customer Satisfaction” alla “Customer Experience”.
Questa trasformazione, apparentemente semplice, in realtà implica una profonda rivisitazione del sistema azienda, che non si prefi gge solo di mantenere standard qualitativi sempre elevati, ma decide di porre i bisogni della propria clientela contemporaneamente come punto di partenza e arrivo delle proprie strategie di business.

 

Pensate ad esempio alla differenza tra un ristorante nel quale il cameriere chiede semplicemente “È andato tutto bene?”, e un altro nel quale il direttore vi saluta dicendo “Buonasera, sono il direttore di sala e vorrei chiederle se c’è qualcosa che avremmo potuto fare per rendere più gradevole la sua cena qui da noi questa sera”.
Nel secondo caso, la strategia è chiara: solo partendo dai bisogni del cliente è possibile adeguare i propri standard di servizio, allo scopo d soddisfare il cliente stesso. Lo studio e la defi nizione dei bisogni umani è un tema centrale della psicologia fi n dai suoi albori: un contributo molto noto e significativo è stato fornito da Abrahm Maslow, esponente della psicologia umanistica statunitense, che nel 1954 pubblicò un interessante scritto sul legame tra bisogni umani e motivazione.

 

In questa prospettiva, i bisogni dell’uomo sono molteplici:
alcuni sono “fondamentali” e necessari ai fi ni della sopravvivenza (come nutrizione e sonno, protezione), altri sono “superiori” e hanno più a che fare con la dimensione socio-psicologica dell’individuo (senso di appartenenza, riconoscimento sociale, autostima).

Maslow ha rappresentato la gerarchia dei bisogni con una piramide, ad indicare che la piena realizzazione umana passa attraverso la soddisfazione progressiva dei diversi stadi. Il dato principale della teoria di Maslow è che questa scala dei bisogni ricalca la natura umana e che, quindi, presumibilmente, ogni individuo – anche se in maniera diversa – esprimerà la propria motivazione personale in relazione alla soddisfazione di tali bisogni.

 

In altri termini, ogni volta che ci rapportiamo ad un cliente (ma in generale, ad una persona) possiamo ipotizzare che ciò che risulta per lui importante (la sua motivazione) è in qualche modo legato alla soddisfazione di bisogni che hanno a che fare con la zona superiore della piramide.
Questa consapevolezza può renderci più disponibili all’ascolto, in modo da capire quali siano i bisogni specifici di chi abbiamo di fronte. Riflettendo sul legame tra bisogni del cliente e loro soddisfazione non possiamo non comprendere come queste questioni siano intimamente legate al concetto di qualità.

 

Noriaki Kano e i suoi collaboratori (1984) hanno elaborato un modello della soddisfazione del cliente che tiene conto di questi fattori. I bisogni del cliente vengono definiti come impliciti, espliciti, e latenti: i primi vengono raramente espressi dal cliente, in quanto tendenzialmente riflettono dettagli che vengono dati per scontati al momento dell’acquisto; i secondi si riferiscono a ciò di cui il cliente è pienamente consapevole ed esprime facilmente; gli ultimi, sono i bisogni che il cliente ha, ma non sa di avere (e quindi non esprime).

 

In termini di qualità del servizio, la soddisfazione dei bisogni impliciti passa inosservata, proprio perché data per scontata (Must-Be Quality); per lo stesso motivo, la mancata soddisfazione determina una percezione estremamente negativa del servizio. La soddisfazione dei bisogni espliciti pesa invece in maniera significativa sulle valutazioni d’acquisto da parte del cliente, perché si riferisce a ciò che egli si aspetta sia il servizio erogato (Performance Quality).

 

In ultimo, la soddisfazione dei bisogni latenti è ciò che genera nel cliente altissimi livelli di soddisfazione e, di conseguenza, di qualità percepita (Excitement Quality).
Lo sviluppo tecnologico negli ultimi anni ha dato ai consumatori l’opportunità di diventare ancora più consapevoli dei propri desideri e dei propri bisogni (si parla infatti di “consumatore consapevole”) e di svolgere un ruolo attivo nella ricerca della loro soddisfazione: le ricerche sul tema sottolineano come oggi il cliente tenda a dare per scontato un certo livello di servizio e di qualità del prodotto e che quindi questo non rappresenti un vantaggio sostanziale per l’azienda che lo offre. Inoltre, pare che si sia “drasticamente abbassata, sino ad customer-pag54annullarsi, la disponibilità ad accettare errori, ritardi e malfunzionamenti.
Per contro, pretende sempre maggiore efficacia nella risoluzione dei problemi, trasparenza, rapidità, possibilità di scelta e personalizzazione” (Carollo).
In altre parole: oggi ad un’azienda non è più sufficiente fornire un servizio o un prodotto di qualità per garantirsi la fidelizzazione del cliente, ma diventa fondamentale farsi interprete delle dinamiche che la sottendono.

 

È facile intuire come un’azienda che intenda muoversi in maniera competitiva nel mercato non possa non tenere in considerazione questi aspetti. Ecco dunque il cambio di prospettiva: vedere l’azienda dal punto di vista dei clienti, ponendoli a monte e a valle del processo di qualità. Pine e Gilmore (2000) sostengono che sono le “esperienze” offerte al cliente a costituire il fondamento della creazione di valore. L’esperienza cui si riferiscono gli autori è un qualsiasi evento memorabile che impegni sul piano personale il consumatore nell’atto stesso del consumo; sono proprio le esperienze a realizzare la personalizzazione del prodotto e quindi a farne aumentare la desiderabilità.

 

Leggete cosa scrivono alcuni clienti su Tripadvisor®: “Location bellissima su piazza San Marco, arredamento antico molto affascinante. Abbiamo bevuto cioccolata in tazza con panna alla menta originale è assai buona.
Unica pecca l’acqua offerta che sapeva di cloro! I prezzi sono alti, ma siamo in un luogo unico al mondo”.
“Quando ci si trova bene in un ambiente, in un ristorante, in un locale, trovo faticoso lasciare una recensione, per pura pigrizia. Questa volta invece questo BAR in Piazza San Marco merita tutta la mia stima.

Ci siamo seduti ai tavolini fuori, abbiamo preso due gloriose coppe gelato questa estate.
Il posto ovviamente è spettacolare, ma all’altezza sono stati proprio i camerieri, distinti, cortesi, attenti, premurosi, veramente competenti.

 

La qualità del gelato, ottima. Poi abbiamo preso anche un paio di caffé corretti. Consiglio vivamente a tutti di prendersi del relax in Piazza, magari con della musica classica suonata dal vivo alla sera. Esperienza vissuta un mese prima del pomeriggio con le coppe gelato”.
“Il locale è un cofanetto con stucchi dorati, specchi, ottoni, parquet che scricchiolano, camerieri in frac. Un tuffo in pieno settecento, affacciato su una delle piazze più belle del mondo. Carissimo in effetti ma incantevole”.
Queste recensioni si riferiscono al Caffè Florian di Venezia, luogo storico della città. Vi accorgerete che ciò che caratterizza la valutazione dei clienti non è (solo) il giudizio sommario sulla qualità del servizio, ma soprattutto l’esperienza che offre ai propri avventori: l’emozione di essere in un luogo storico, con un panorama ed una atmosfera irripetibili e la possibilità quindi di vivere un momento davvero esclusivo.

 

Questo rende più plausibile il costo molto elevato del servizio (due cioccolate al tavolo arrivano a 25€!) e alcuni dettagli non sempre a livello dello standard.

Ma come è possibile trasformare il rapporto tra cliente e prodotto/servizio in una esperienza unica? Una possibile strategia è quella di riflettere immaginando quale sia il percorso che caratterizza il rapporto cliente-azienda (non solo cliente-prodotto/servizio), dal primo contatto fino alla richiesta di feedback al cliente, una volta concluso l’acquisto.
All’interno di questo percorso, è necessario identificare tutti i “momenti di verità” (moments of truth), cioè tutte quelle situazioni potenziali in cui il cliente entra in relazione con strutture e funzioni aziendali diverse (Blanchard).
Facciamo l’esempio di un potenziale cliente che per la prima volta si reca in un centro fitness: probabilmente il primo contatto è avvenuto via web (sui Social Media o attraverso il sito) o grazie ad altre forme di promozione (cartelloni pubblicitari, carta stampata); potrebbe esserci anche stato un primo contatto telefonico a scopo informativo.
Una volta entrato al centro, il cliente incontra il personale di reception, che lo accoglie

e risponde ai suoi quesiti.

 

Dopo aver raccolto le informazioni di base (su organizzazione attività, tipologie di servizio, costi, ecc.) potrebbe effettuare una visita del centro per vedere le sale, la piscina, gli attrezzi, gli spogliatoi, il personale, gli altri clienti, ecc, e al termine potrebbe necessitare di nuove spiegazioni o decidere di iscriversi. Infine, iniziare a frequentare.

Questi sono solo alcuni dei momenti di verità, nei quali l’azienda è chiamata a fare la differenza, se intende garantire al cliente un’esperienza tale da giustificare la scelta (e la ri-scelta nel tempo) dell’acquisto.

 

Quale pensate sarebbe l’esperienza se il sito internet non fosse sufficientemente invitante o non recasse le informazioni principali (indirizzo, telefono, orari di apertura,…)?
O se il personale in accoglienza fosse sgarbato e disattento? Oppure ancora se dovesse attendere parecchio tempo per effettuare la visita, per poi trovare istruttori trasandati e poco disponibili e spogliatoi non puliti? E quale pensate invece potrebbe essere la sua esperienza se nel sito fosse presente una speciale applicazione che consente di prenotare un appuntamento personalizzato secondo le proprie disponibilità di tempo? E se una volta giunto al centro trovasse una persona ad aspettarlo, pronta a dedicare del tempo solo a lui e che magari si dimostrasse particolarmente attenta alle sue esigenze, riuscendo ad anticipare le richieste sul servizio o sulle attività? E se poi visitasse un ambiente curato, funzionale, pulito e con una atmosfera “familiare”?

 

Una volta identificati e adeguatamente valutati in termini di esperienza percepita (ad esempio, attraverso processi specifici di Customer Relationship Management), i momenti di verità orientano la strategia aziendale in termini di servizio e permettono di innescare processi di innovazione sempre più efficaci.
È semplice intuire che la strada verso l’eccellenza è fatta di dettagli, che partono principalmente dalla motivazione dell’azienda a porre la massima attenzione all’ascolto dei propri clienti. Ma non solo. L’azienda deve poter contare sul commitment e le capacità dei propri dipendenti e collaboratori:
la strategia si realizza infatti solo nel rapporto concreto tra individui.
La possibilità di rendere unica l’esperienza del cliente deve perciò costituire l’obiettivo principale per tutti i livelli aziendali, indipendentemente da ruoli e funzioni.

 

Dott.ssa Alice Curzi
Psicologa clinica e del lavoro

 

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