“Un’integrazione di un mix di nutrienti sembra aver dato risultati incoraggianti nel migliorare la qualità della pelle nelle donne in menopausa.“
La pelle rappresenta la struttura di rivestimento di tutta la superficie corporea; a livello degli orifizi naturali si continua, mediante tessuto di transizione, con le mucose che rivestono le cavità viscerali. In modo sintetico si può dire che essa è formata da uno strato epiteliale di origine ectodermica, chiamato epidermide, la cui popolazione cellulare si rinnova e si differenzia continuamente.
Sotto vi è uno strato connettivale di origine mesodermica, chiamato derma e ipoderma, che rappresenta l’equivalente dello stroma degli altri organi.
Dei due strati appena descritti, che sono strettamente interdipendenti sia strutturalmente che funzionalmente, l’epidermide è a diretto contatto con il mondo esterno mentre il derma e l’ipoderma, proprio per la loro sede più profonda, si trovano in “condizioni ambientali” analoghe a quelle degli organi interni. Questa peculiare situazione della cute, la reale ricchezza e molteplice differenziazione delle sue strutture chiariscono le varie funzioni da essa svolte. Una prima come “organo di confine” che realizza da un lato la difesa dagli insulti del mondo esterno e la correlazione tra lo stesso e l’ambiente interno, e una seconda come organo di senso attraverso il quale si effettua la recezione e la trasmissione di vari stimoli: termici, tattili, dolorifici.
Dicevamo, appunto, dell’epidermide che anatomicamente è un epitelio squamoso stratificato formato, partendo dal basso, da una membrana basale su cui si appoggia uno strato spinoso riccamente cellulato, sopra ancora uno strato granuloso e ancora più sopra uno strato corneo.
Questa complessa stratificazione è altamente soggetta ad un ricambio cellulare: le cellule, partendo dal basso, via via risalgono verso la superficie andando a sostituire quelle esterne, che come si diceva fanno parte dello strato corneo, che hanno la proprietà di essere eliminate e sostituite a loro volta. Quotidianamente, attraverso il contatto con i vestiti, il lavaggio cutaneo ecc., lo strato corneo più superficiale viene perso e sostituito da altrettante cellule che come si vede hanno una emivita molto breve.
La membrana basale è la sede della congiunzione tra la zona più esterna, come si è detto sottoposta ad un ricambio continuo, e la zona sottostante formata dal derma che rappresenta l’equivalente funzionale di uno stroma viscerale.
In questa struttura sono presenti i follicoli piliferi che evidentemente servono a produrre il pelo, le ghiandole sebacee, che secernono il sebo con effetto protettivo sulla cute, le importantissime ghiandole sudoripare che hanno la fondamentale finalità di raffreddare il nostro organismo attraverso la secrezione e l’evaporazione del sudore, i vasi sanguigni artero-venosi che nutrono la pelle stessa ed infine le terminazioni nervose che rendono alcune parti del nostro organismo estremamente sensibili agli stimoli esterni. La compattezza della cute dipende dalla presenza delle fibre di collagene, che costituiscono la parte più cospicua del tessuto connettivo e sono disposte sia in senso orizzontale sia intersecate tra loro. Funzionalmente rendono la pelle elastica e la loro minore o maggiore presenza è legata, ahimè, all’invecchiamento fisiologico del nostro organismo.
Una buona parte della popolazione mondiale femminile desidera fortemente mantenere un aspetto giovanile della cute e dedica tempo e denaro a questa finalità, tentando in modo specifico di impedire il formarsi o di eliminare le rughe che non sono altro che l’espressione del passare del tempo e della perdita di elasticità cutanea.
I meccanismi biologici che stanno dietro a questi sintomi sono numerosi: modifiche nel ricambio della matrice extracellulare del derma, aumento di stati infiammatori e alterazioni del flusso sanguigno. In particolare la comparsa delle rughe è dovuta, almeno in parte, all’atrofia dello strato dermico di cui il collagene di tipo 1 è il principale componente.
Di collagene abbiano parlato poche righe sopra, dimenticando volutamente di dire che ne esistono di diversi tipi con qualità biochimiche differenti. Il tipo 1 è la proteina di gran lunga più abbondante nella pelle umana, rappresentandone più del 90% del suo peso e conferendone l’integrità strutturale.
Purtroppo con l’avanzare dell’età il collagene diminuisce in quantità e in integrità, processo che si evidenzia ulteriormente nei danni da foto-invecchiamento. Ormai è risaputo come la lunga esposizione al sole altera la struttura cutanea e facilita “l’invecchiamento” della stessa: non per nulla i dermatologi consigliano un’esposizione solare moderata, un’opportuna protezione con creme anti UVA e un’abbondante idratazione per combatterlo e per evitare danni più seri che possono condurre persino alla formazione di tumori maligni della pelle, assai aggressivi.
La qualità dell’epidermide subisce il maggior calo durante la menopausa, data la forte diminuzione degli estrogeni strettamente correlati con la perdita di collagene dermico che si estrinseca in atrofia, secchezza e sottigliezza della pelle: tutto ciò porta ad una diminuita elasticità e alla formazione delle rughe.
Alcuni studi clinici hanno dimostrato gli effetti positivi sulla cute con terapie a base di estrogeni: tale effetto lo si è notato nelle donne che specificamente svolgevano una terapia ormonale sostitutiva per altri tipi di disturbi. L’utilizzo degli estrogeni per migliorare la qualità della cute evidentemente non è stato preso in considerazione stante la possibile insorgenza di effetti collaterali con il trattamento long-term di questi ormoni.
Un singolare e importante studio è stato pubblicato sull’International Journal of Cosmetic Science nel 2014 da parte di G. Jenkins e coll. della Unilever R&D Colworth Discover, Sharnbrook Bedfordshire, Gran Bretagna, dal titolo “Riduzione delle rughe nella donna in post menopausa a seguito di assunzione di uno specifico supplemento orale: studio in doppio cieco randomizzato con controllo con placebo”.
Come si vede, la validità di questo studio sta nella metodica del doppio cieco randomizzato che lo fa includere nella posizione A, secondo i canoni della Evidence Based Medicine (EBM), cioè in quella fascia di studi ad alta specificità. Va inoltre sottolineato che tutti i soggetti sono stati sottoposti a biopsie cutanee presso l’Institute for Applied Dermatological Research di Amburgo (International Journal of Cosmetic Science, 2014, 36, 22-31).
I soggetti reclutati erano donne sane, in post menopausa, non fumatrici, con pelle di tipo I, II, III secondo la scala di Fitzpatrick. Tale scala è stata messa a punto nel 1975 dal dermatologo Thomas Fitzpatrick dell’Università di Harvard con il fine di descrivere la reazione dei vari tipi di pelle quando vengono esposti alla luce solare: si parte dal tipo I con
pelle bianca o molto chiara, sino al tipo VI, con pelle molto scura o nera.
Le donne sono state suddivise a caso in tre gruppi paralleli di numero uguale: a due di essi è stata data una combinazione di bevande e pillole contenenti dosi differenti degli ingredienti attivi; il terzo gruppo ha assunto placebo.
Per chi volesse entrare più specificamente nel protocollo può richiedere alla segreteria di ISSA Europe l’articolo completo che è stato pubblicato per gli iscritti come aggiornamento 2017.
A noi interessa far rilevare come i soggetti avevano assunto una bevanda a base di frutta contenente specifiche dosi di vitamina C, vitamina E, licopene e isoflavoni: in aggiunta pillole contenenti omega-3 EFA. Il trattamento è durato 14 settimane. Oltre ad esami routinari ematologici, sono state fatte delle biopsie di spessore di 3 mm. all’inizio e alla fine dello studio per verificare la qualità della cute.
Qual era il fine primario dello studio?
La misurazione della profondità delle “zampe di gallina” attorno agli occhi, la compattezza e l’elasticità cutanea, la funzione barriera, l’idratazione della pelle e il colore della stessa.
I risultati sono sorprendenti: nel gruppo che aveva assunto il maggior dosaggio dei componenti sovra descritti si è avuta una diminuzione statisticamente significativa della rugosità della pelle e della profondità media delle rughe. Inoltre non si sono avuti risultati significativi per quanto riguarda la compattezza e l’elasticità della cute, mentre la funzione barriera e l’idratazione della pelle hanno avuto aumenti statisticamente significativi nei gruppi trattati, specie in quello a massimo dosaggio, rispetto a quello che assumeva placebo. Si è avuto inoltre un aumento della
deposizione di carotenoidi nella cute, mentre, tra gruppi, non vi è stato nessun effetto significativo per quanto riguarda la luminosità della pelle e il flusso sanguigno irrorativo.
Le biopsie cutanee hanno confermato istologicamente quanto appena detto, indicando quindi che una specifica combinazione di integratori, elementi che troviamo usualmente nella nostra dieta, hanno arrecato benefici significativi sulla diminuzione della profondità delle rughe cutanee in donne caucasiche in post menopausa.
Il significato biochimico lo si ritrova nel fatto di aver riscontrato nel gruppo con espressività benefica maggiore, l’aumento della presenza di fibre di collagene di tipo 1, che quindi si dimostra essere la causa primaria nella riduzione della profondità delle rughe.
Concludendo, questo studio dimostra come sia possibile utilizzare degli integratori alimentari per migliorare la condizione istologica cutanea con riscontri positivi dal punto di vista estetico, ma con il grande vantaggio di non
avere effetti collaterali.
Da rilevare il fatto, che andrà ovviamente ulteriormente studiato, che piuttosto che il quantitativo di ogni singola sostanza attiva, l’attività positiva era indotta dalla combinazione degli ingredienti e quindi il mix somministrato, assunto per un tempo opportuno, riesce a migliorare in modo clinicamente accertabile la profondità delle rughe del volto.
Che per una donna e, diciamolo, anche per gli uomini, assume un significato estremamente positivo.
di Silvano Busin – Direttore Scientifico ISSA Europe
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