La ginnastica è indispensabile per chi deve riattivare l’uso delle gambe dopo un trauma. E’ risaputo infatti che le tecniche di fisioterapia sono fondamentali per ottenere in poco tempo un uso perfetto dell’arto danneggiato.

 

E’ difficile infatti che rimangano i postumi visibili se gli esercizi vengono seguiti con metodo e costanza. Femori spezzati, gambe rimaste più corte l’una dell’altra a causa di una frattura non debbono più fare paura. Per ognuno di questi casi sono stati messi a punto in Italia nuovissimi sistemi ortopedici che all’estero hanno già dato risultati eccezionali.

 

E’ arrivata dalla Francia una nuova tecnica detta di “auto allungamento” che permette al paziente stesso di contribuire assieme al chirurgo a normalizzare l’arto offeso tramite uno speciale dispositivo. Si tratta di un tubo, un particolare tipo di chiodo chiamato Albizzia, che viene inserito nel canale midollare del femore. Ed è proprio facendo fare una rotazione quotidiana alla gamba rispetto alla coscia che si ottiene l’allungamento dell’osso di un millimetro al giorno fino ad arrivare gradualmente ad un massimo di 10 cm in 100 giorni.

 

Chiediamo i particolari di questa tecnica al professor Giancarlo Chiumenti, responsabile del reparto ortopedico della casa di cura Città di Monza, via Amati 111, tel.039-833301-5.

 

Che cosa è Albizzia?

«Un particolare tipo di chiodo messo a punto per la prima volta nel 1988 e sperimentato sugli animali. Quando si è applicato il metodo sul femore dell’uomo si è scoperto che introducendo un dispositivo di allungamento lungo dai 25 ai 36 cm nel canale midollare, con un semplice intervento chirurgico, si pilotava lo sviluppo del tessuto osseo fino al raggiungimento dei centimetri desiderati.

In Francia sono stati risolti così più di 150 casi. Da noi abbiamo operato 30 pazienti e tutti hanno raggiunto l’allungamento del femore previsto clinicamente».

Come avviene l’intervento?

«Si seziona dall’interno l’osso e si posiziona il tubo nel canale midollare. La durata dell’operazione è di un’ora. L’apparecchio viene tolto dalla gamba dopo un anno dall’intervento, per essere sicuri dell’effettivo consolidamento dell’osso stesso».

Quando potrà tornare a camminare il paziente?

«Dopo cinque giorni dall’operazione si ha la possibilità di deambulare con le stampelle, senza stampelle alla fine dell’allungamento, processo che varia a seconda dei centimetri che si vuol fare recuperare all’arto e che in genere si avvicina ai 100 giorni».

Quale è il vantaggio del metodo Albizzia?

«Innanzi tutto un minimo ingombro dell’apparecchiatura inserita. Basta fare una piccola incisione chirurgica per introdurre Albizzia e sistemare apparecchiatura».

Non ci può essere rischio di rigetto di infezione?

«Assolutamente no, perchè il tubo è fatto di una speciale lega di acciaio e il taglio di accesso è ridotto al minimo».

Durante il periodo dell’allungamento oltre a camminare con le stampelle cosa può fare il paziente?

Può sicuramente eseguire semplici esercizi di fisiokinesiterapia. Per evitare alla fine problemi di rigidità articolare, usare la ciclette e persino nuotare, visto che la cicatrice dove è inserito l’apparecchio è sul gluteo ed è del tutto nascosta dal costume da bagno. Il movimento quindi è la base del periodo di convalescenza».

Fino a che età si può intervenire?

«Sicuramente non prima dei 18 anni perchè bisogna essere sicuri che l`accrescimento osseo sia compiuto perfettamente».

A chi si consiglia?

«A tutti coloro che hanno un dislivello fra una gamba e l’altra maggiore di 3 cm. Fino a che la differenza rimane entro questi termini infatti la colonna vertebrale riesce a compensare il dislivello senza che ci sia evidente zoppio. Dopo i 4 cm l’equilibrio del corpo cambia e occorre intervenire. Ovviamente e consigliabile a tutti quelli che vogliono aumentare sensibilmente la propria statura.

In questo caso l’operazione deve prima essere fatta ad una gamba, poi all’altra. Da noi, alla Città di Monza, per esempio, è venuto un ragazzo canadese alto 1,58 cm, il più basso di una famiglia dove nessuno dei parenti era meno di 1,80. Soffriva troppo per questo suo complesso, adesso con Albizzia l’ha completamente superato››.

E nel caso più semplice di rottura del femore?

«Anche qui ci sono delle novità. Esistono le artoprotesi biodinamizate della terza generazione», spiega il professor Giancarlo Chiumenti, «interamente composte di titanio, un materiale completamente biocompatibile con il corpo umano. In questo campo i progressi fatti sono enormi, basta pensare» spiega sempre il professor Chiumenti «che il metallo di base di una protesi femorale viene completamente rivestito da una sostanza detta idrossiapatite, in pratica un fosfato di calcio che ha la stessa composizione chimica dell`osso››.

Quali sono i vantaggi di queste nuove tecniche?

«Direi proprio notevoli visto che evitano qualsiasi forma di rigetto da parte dell’organismo stesso. Favoriscono uno stretto legame chimico fra l’osso e la protesi. Permettono di impiantare solo protesi su misura per ogni singolo paziente. E’ nata quella che in gergo viene chiamata “Custom maid”, la protesi personalizzata».

Con che procedimento si ottiene? «Con un’accurata analisi della tac dell’anca. Solo in questo modo, infatti, possiamo ricostruire accuratamente la cavità ossea del femore da impiantare». In questo modo secondo l`esperienza dell’équipe di ortopedia della clinica Città di Monza, il paziente può camminare autonomamente dopo 15-20 giorni dall’intervento chirurgico. <<E’ a questo punto che la fisioterapia diventa fondamentale>>.



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