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Che Stress! Epigenetica e stili di vita.

“Lo stress ti accorcia la vita!
Quante volte abbiamo sentito questa massima? Gli eventi stressogeni che affliggono la vita di tutti noi sono un triste fardello delle nostre società tecnologiche, volendo usare un punto di vista positivo alla questione, lo stress è la moneta con cui noi uomini tecnologici paghiamo l’assenza di fame, di pericoli e una relativa serenità economica tipica delle nostre società avanzate”.

 

 

Ma paghiamo solo questo in realtà?

O c’è un prezzo più alto, magari nascosto, come nelle “righe piccole” dei contratti che stipuliamo a nostra insaputa?

 

Con questo articolo e con quelli che seguiranno proveremo a capire proprio questo: cos’è lo stress e in quali modi altera il nostro metabolismo e le nostre vite.

Come vedremo, c’è molto di cui essere preoccupati. Cominciamo questa volta, parlando di epigenetica e stress. Come ormai sa chi segue i miei articoli, l’epigenetica sta diventando rapidamente uno degli argomenti “caldi” della biologia e della medicina, e il perché è presto detto: i meccanismi epigenetici, sebbene ancora non del tutto chiariti, spiegano in modo molto convincente la distribuzione e l’incidenza di una serie di patologie che colpiscono gli esseri umani e gettano luce su una intera categoria di processi, fino ad ora quasi impossibili da spiegare.

 

Ma che cos’è l’epigenetica?

 

Senza addentrarci in tecnicismi basterà sapere che l’epigenetica comprende e descrive tutte quelle modificazioni del fenotipo che non corrispondono ad una mutazione nel genotipo.

In altri termini, uno stesso codice genetico, che codifica per un set completo di proteine le quali compongono un organismo, può essere letto e codificato in modi diversi. Durante la sintesi proteica una sequenza genica può essere “silenziata” o “omessa”, in modo che, le istruzioni per creare gli amminoacidi in essa contenuta non vengano espresse.
Al termine del processo la proteina sintetizzata sarà diversa dalle istruzioni originali contenute nel DNA.

 

 

Come se leggendo un libro giallo, voi saltaste la pagina in cui il colpevole viene smascherato.
Uguale DNA, diverse proteine: uguale genotipo, fenotipo differente.
All’inizio degli studi sull’epigenetica, si pensava che tali modificazioni fossero non ereditabili: una sola proteina costruita in modo diverso in qualche distretto, tessuto muscolare, sistema nervoso, sangue, può cambiare la vita di un individuo (basti pensare all’emoglobina “sbagliata” dei malati di anemia mediterranea), ma se i suoi gameti, ovuli o spermatozoi portano il DNA originale, nulla può passare ai discendenti, giusto?

 

Sbagliato.

 

Studi recenti hanno mostrato che i meccanismi di silenziamento del DNA possono coinvolgere anche il DNA dei gameti, causando la trasmissione del carattere acquisito dal genitore anche ai figli. Se fino a qui non vi siete preoccupati, è solo perché non vi ho ancora raccontato cosa causa le modificazioni epigenetiche. 
Fumo, abuso di alcool, uso di oppiacei e stress materno in gravidanza, ad esempio, sono quattro fattori ambientali accertati, in grado di causare modificazioni epigenetiche trasmissibili alla generazione successiva. Tutto è partito da un lavoro interessante, teso a scoprire le basi genetiche delle differenze collegate al sesso nello sviluppo della depressione clinica: Understanding The Epigenetic Basis of Sex Differences In Depression, (Hopes, Walker, Labonte e Russo, 2016), questo il nome dell’articolo pubblicato sul Journal of Neuroscience Research.

 

Si sapeva da tempo che uomini e donne hanno diversa incidenza degli episodi di depressione clinica, con il sesso femminile che presenta un fattore di rischio doppio per la depressione rispetto al sesso maschile. La ricerca ha mostrato che ciò accade perché il differenziamento cerebrale nelle aree del cervello umano dimorfiche, ovvero diverse negli uomini e nelle donne, è sotto controllo epigenetico: ogni embrione umano inizia il suo sviluppo come embrione femminile, la presenza del cromosoma Y conduce all’espressione del gene srY, che a sua volta causa il differenziamento del testicolo.

 

 I testicoli, una volta differenziatisi nel feto, a loro volta producono ormoni maschili, che, con un meccanismo a cascata, inducono in alcune aree cerebrali il differenziamento in senso maschile. Nelle regioni cerebrali caratterizzate in senso femminile esistono popolazioni cellulari il cui genoma è particolarmente predisposto a modificazioni connesse allo sviluppo di ansia e sindromi correlate. Tale predisposizione è significativamente inferiore nelle aree corrispondenti del cervello maschile.
Questo nel campione generale preso in esame.

 

Sembra però che lo stress materno sia positivamente correlato con il rischio di sviluppo di patologie neurodegenerative, di depressione e dei disordini dell’attenzione nel bambino.

Come si vede da questo esempio, il meccanismo epigenetico lavora su due livelli paralleli: agisce sull’embrione, in risposta alla presenza del cromosoma sessuale Y in modo autonomo e indipendente dai fattori ambientali per il differenziamento cerebrale del neonato, e risponde ad eventi ambientali sperimentati non dal feto stesso, bensì dalla madre, causando modificazioni anche molto più avanti nella vita stessa. Vi racconterò anche un altro esempio, più inquietante. Nel tentativo di capire quale parte delle modificazioni fenotipiche fosse ereditabile dalla progenie di gruppi umani esposti a eventi severi e stressanti, si sottopose ad analisi per l’incidenza degli eventi di depressione clinica un campione molto…particolare: i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti ed i loro figli. I risultati furono sorprendenti. 

 

 

I padri e le madri, all’analisi genetica mostrarono tutti la metilazione, ovvero il silenziamento di un gene responsabile per la sintesi di una proteina regolatrice del recettore di glucocorticoidi: i messaggeri dello stress.

 

I loro figli, al contrario, mostrarono la demetilazione dello stesso gene. Come se i genitori sopravvissuti all’orrore della Seconda Guerra Mondiale fossero diventati più resilienti allo stress e alla depressione, rispetto alla media della popolazione, mentre i loro figli lo fossero di meno.
Non è ancora chiaro, tuttavia, se il cambiamento fenotipico dei figli sia dovuto alla trasmissione diretta del carattere epigenetico, oppure se genitori segnati nel profondo da una esperienza come questa abbiano allevato i loro figli in modo diverso dal resto del campione considerato.
Infine, l’abuso di alcool: uno dei casi più studiati di induzione epigenetica di mutazioni nel fenotipo.

 

Nel lavoro Homocysteine, Alcoholism And Its Potential Epigenetic Mechanism (Kamat et al. 2016) l’interazione tra alcool assunto e modificazioni nella sintesi proteica dell’amminoacido omocisteina è stato ipotizzato mediante un meccanismo epigenetico.
Funziona più o meno così: esiste una evidenza del fatto che il consumo regolare di alcool è associato a elevati livelli ematici di omocisteina (iperomocisteinemìa), condizione a sua volta correlata ad elevato rischio di patologie cardiovascolari.
L’abuso di alcool porta a modificazioni dell’espressione genica di una popolazione di cellule cerebrali, che producono una proteina regolatrice della sintesi dell’amminoacido omocisteina. Il meccanismo è regolato a cascata: più alcool si beve, maggiore è il numero di cellule cerebrali che vengono indotte a silenziare il gene per la proteina regolatrice della sintesi di omocisteina, maggiore sarà la concentrazione di questo amminoacido prodotto ed immesso nel sangue. Semplice e complesso al tempo stesso.

 

In conclusione. Lo stress, le cattive abitudini alimentari e gli stili di vita scorretti o lontani da quelli per cui la nostra specie si è evoluta ci costringono a pagare un prezzo, che è assai maggiore di quello che crediamo di pagare con insonnia, aumento di peso, stanchezza cronica e malessere. É un prezzo che paghiamo a volte con malattie invalidanti e aumento del rischio di mortalità e c’è di peggio: ci sono fondati sospetti che parte del costo dei nostri stili di vita lo lasciamo da pagare ai nostri figli. Ne vale la pena?

 

 

 

 

di Simone Masin M. Sc, PhD, M.ES Università Bicocca di Milano

 

 

 

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