Una delle domande che ci siamo fatti tutti, almeno una volta nella vita, è perchè sia così difficile dimagrire.
La risposta è che il dimagrimento rappresenta una minaccia per la propria sopravvivenza e che, da un punto di vista fisiologico ed evoluzionistico, tenderemo a immagazzinare grasso piuttosto che spenderlo.
La leptina (1) è un ormone che, assieme a grelina (2), insulina, il peptide YY (3) e altri composti, informa il cervello riguardo alle quantità di energia conservata rispetto a quanta se ne sta usando. Tutti questi ormoni inviano segnali all’ipotalamo che informerà a sua volta di ciò che sta accadendo, le altre parti del corpo. I cambiamenti dei livelli di questi ormoni causano variazioni in altri distretti neurochimici come il neuropeptide-Y (NPY) (4), l’ormone rilasciante corticotropina (CRH) (5), pro-opiomelanocortina (POMC) (6) e molti altri ancora. Questi informatori neuro-chimici regolano il tasso metabolico, la fame, l’appetito, gli ormoni e una miriade di altri processi. Poiché gli adipociti producono leptina in proporzione alle loro dimensioni, le persone obese hanno dei livelli molto elevati di questo ormone che in teoria dovrebbe bloccare il senso di fame mentre invece questo meccanismo di segnalazione non funziona.
C’è tantissima leptina ma il cervello non la vede. Questo fenomeno è chiamato leptina resistenza. Il cervello, non ricevendo messaggi da parte della leptina pensa, sbagliando, di essere in pericolo e deficit calorico, nonostante l’alta energia a disposizione. Succede perciò che si mangia di più per non “morire di fame, e che si deve risparmiare energia rendendoci più pigri. Il movimento è la soluzione ideale perché si riesce almeno inizialmente a entrare in circolo vizioso del tipo, se mi muovo mi stanco, mi muovo meno, quando mi muoverò sarò ancora più stanco. Bisogna trasformare il circolo vizioso in virtuoso.
Nel momento in cui si abbassano le calorie, tutti gli ormoni e le sostanze neuro-chimiche sopra menzionate variano, purtroppo in peggio. I livelli dell’ormone stimolante la tiroide (TSH) (7), leutinizzante, LH (8) e l’ormone follicolo-stimolante, FSH (9) diminuiscono e ciò si traduce in un abbassamento dei livelli della tiroide e del testosterone. L’ormone che rilascia l’ormone della crescita (GHRH) diminuisce con possibile calo della produzione di GH. L’attività del sistema nervoso simpatico diminuisce e questo, insieme al calo degli ormoni tiroidei, ha un enorme impatto sul tasso metabolico. Livelli di cortisolo aumentano così come la fame e l’appetito. Questo avviene in tutte le diete finalizzate alla perdita di grasso in modo veloce. Solitamente la strategia dimagrante riguarda o l’abbassamento delle calorie, dei carboidrati o entrambi. Che cosa succede nel momento in cui abbassiamo i carboidrati?
Calo rapido della glicemia e i relativi livelli di insulina saranno ridotti portando alla mobilizzazione degli acidi grassi e al rilascio di catecolamine che, almeno inizialmente, aumenteranno ulteriormente la mobilizzazione dei grassi dalle cellule adipose. Le catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina) sono composti chimici derivanti dall’amminoacido tirosina e sono rilasciate anche dalle ghiandole surrenali in situazioni di stress o cali di glicemia. L’effetto è facilitato se si esaurisce il glicogeno del fegato e dei muscoli, poiché l’esaurimento dello stesso tenderà ad aumentare l’uso di acidi grassi come carburante.
L’aumento dei livelli di grassi nel sangue ha anche l’effetto, entro poco tempo, di causare la resistenza all’insulina. Sfortunatamente, insieme a questi effetti positivi iniziali, faranno riscontro situazioni meno favorevoli. Infatti, molti degli adattamenti sopra descritti come i cambiamenti dei livelli di leptina, grelina, peptide YY, cominceranno a comunicare al cervello che non si sta mangiando a sufficienza. Mentre il calo dell’insulina provoca una migliore mobilizzazione dei grassi, si creano allo stesso tempo altri problemi come quello legato al testosterone che si legherà maggiormente alla globulina legante l’ormone sessuale (SHBG), abbassando così i livelli di testosterone libero e disponibile (in aggiunta al calo del testosterone totale). Inoltre, essendo l’insulina anti-catabolica per i muscoli, il suo calo favorirà la disgregazione muscolare.
L’aumento di cortisolo che occorre con la dieta ipocalorica/ipoglucidica o entrambe, aumenteranno ulteriormente la disgregazione delle proteine muscolari stimolando la conversione delle stesse in glucosio nel fegato, provocando una caduta dello stato energetico di muscoli con relativa alterazione della sintesi proteica (sebbene aumenti l’ossidazione degli acidi grassi). L’effetto combinato di questi processi è di diminuire la sintesi e aumentare la disgregazione proteica, provocando la perdita di massa muscolare. Proteolisi maggiore di proteosintesi, ciò che non si vorrebbe mai sta accadendo.
Il cortisolo, inoltre, riduce la comprensione e l’utilizzo di glucosio da parte delle cellule, innalzando la glicemia a discapito del pool aminoacidico dell’organismo e riducendo la sensibilità dei tessuti, specie quello muscolare, all’insulina. Risultato? Muscoli vuoti per la perdita di glicogeno, di ioni potassio e per la ritenzione di fluidi nei tessuti interstiziali.
Gli alti livelli di acidi grassi nel sangue tenderanno a compromettere l’assorbimento di T4 (tiroide inattiva) nel fegato (vi sono anche cambiamenti nel metabolismo epatico) che compromettono la conversione di T4 in T3, tiroide attiva. Entrambi questi processi causano una riduzione dei livelli ematici di T3. Ci sono alcune prove del fatto che alti livelli di acidi grassi nel sangue fanno sì che i tessuti diventino resistenti agli stessi ormoni tiroidei. Dopo l’aumento iniziale, vi è anche una diminuzione dell’output del sistema nervoso (che può verificarsi in appena 3-4 giorni dopo l’inizio di una dieta). Il calo della tiroide, dell’insulina e della leptina porta a rallentamento metabolico e il cambiamento nel metabolismo epatico (e la riduzione dell’insulina) altera anche la produzione di IGF-1 dal GH.
Tutti questi adattamenti hanno due scopi principali. Rallentare la perdita di grasso, perché ciò garantirà la sopravvivenza il più a lungo possibile e diminuire tutte le attività caloriche dispendiose e costose, incluso la sintesi proteica, i sistemi riproduttivi oltre che la funzione immunitaria. Questo perché per il nostro corpo non ha senso mantenere questi funzionamenti quando “si sta morendo di fame”. Il calo della leptina e i cambiamenti negli ormoni che occorrono sono una parte enorme del motivo per cui gli uomini tendono a perdere il desiderio sessuale e le donne perdono il ciclo quando diventano troppo magre.
Non appena le calorie diventano importanti il corpo ricostruisce il grasso a un ritmo accelerato. Il segnale combinato inviato da leptina, grelina, insulina, glucosio e una serie di altri ormoni (colecistochinina, peptide 1 e 2 glucagone-simile, bombesina e molti altri) sono tutti coinvolti sia nella fame sia nell’appetito.
I cambiamenti che avvengono con la dieta tendono a fare si di rimanere affamati e a pensare al cibo quasi costantemente.
Spesso, per non dire sempre, è la coordinazione tra alimentazione e allenamento e lo studio dei cambiamenti nella composizione corporea che portano alla vera personalizzazione.
Fisiologia, biochimica, risposta individuale, nient’altro.
a cura di Claudio Suardi – MFS, Direttore Tecnico ISSA Europe
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