“La cottura è un procedimento che consiste nell’esporre il cibo a fonti di calore per trasformarlo da crudo a cotto. Questo trattamento è una diretta conseguenza della scoperta del fuoco, e viene fatta risalire al paleolitico inferiore (da circa 2,5 milioni di anni fa a circa 120.000 anni fa).”
L’Homo erectus fu il primo dei nostri antenati a cuocere i cibi:
questa pratica consentì di ricavare piú calorie dalle sostanze consumate e di diminuire, di conseguenza, le ore dedicate all’alimentazione: l’introduzione della cottura dei cibi, e della carne in particolare, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel garantire la grande disponibilità energetica necessaria allo sviluppo corporeo e cerebrale dei nostri più antichi antenati superando così le limitazioni metaboliche che negli altri primati non hanno permesso uno sviluppo del numero di neuroni e delle dimensioni del cervello proporzionale alle dimensioni corporee.
Circa 1,9 milioni di anni fa, si verificò un improvviso e drastico cambiamento; il corpo dei primi umani divenne più grande, il cervello aumentò di dimensioni e complessità, e si manifestò un adattamento a percorrere lunghe distanze. L’essere umano detiene il record del numero di neuroni rispetto a tutti i primati: tre volte più di gorilla e orangutan, che sono i più dotati tra i primati non umani.
Le due specie, tuttavia, ci sovrastano per massa corporea; i gorilla, in particolare, possono arrivare a pesare il triplo di un uomo.
Questa discrepanza tra corpo e cervello ha portato a teorizzare che il processo di encefalizzazione, cioè di sviluppo del cervello non proporzionale al resto del corpo, sia una caratteristica peculiare dell’essere umano, accompagnata con tutta evidenza da uno sviluppo delle capacità cognitive senza confronto anche tra le grandi scimmie.
Percentualmente, in condizioni di riposo, il cervello è al terzo posto tra i diversi organi, dopo i muscoli scheletrici e il fegato per dispendio energetico complessivo, e responsabile del 20 per cento del metabolismo basale (negli altri primati non supera il 9 per cento), sebbene rappresenti il 2 per cento della massa corporea complessiva.
Che cosa ha rappresentato una simile fabbisogno energetico per l’evoluzione degli antenati dell’uomo? Sicuramente una limitazione; e si guarda ai mammiferi, un corpo e di conseguenza un cervello piu grandi corrispondono a un metabolismo basale che aumenta secondo una legge di potenza.
E quanto piu é alto il fabbisogno energetico, tanto piu tempo la specie dovrá impiegare per alimentarsi, tempo che però e limitato da diversi fattori, quali la disponibilitá di cibo, il tempo di ingestione e di digestione, nonché dal contenuto calorico di quanto consumato. L’elevato numero di ore dedicate alla ricerca di cibo e il basso contenuto calorico dei cibi crudi imponeva di raggiungere un compromesso tra massa corporea e numero di neuroni, che spiegherebbe le dimensioni relative del cervello delle grandi scimmie. Queste limitazioni furono probabilmente superate da Homo Erectus con il passaggio al consumo di cibi cotti.
Questo, rendendo disponibile una maggiore quantita di calorie rispetto ai cibi crudi, ha permesso di ridurre il tempo necessario alla ricerca di cibo, rendendo meno stringente la necessitá di un compromesso metabolico e aprendo la strada a un rapido incremento delle dimensioni cerebali nella successiva evoluzione umana (T. Ellison 2012).
Per esaminare direttamente gli effetti a livello energetico della cottura del cibo, alcuni ricercatori hanno nutrito per 40 giorni due gruppi di topi con una serie di diete a base di carne o patate dolci preparate in quattro modi: crudo e intero, crudo e pestato, cotto e intero, e cotto e pestato. Durante ciascuna dieta, i ricercatori hanno monitorato i cambiamenti di massa corporea di ogni topo e la quantitá di esercizio che compiva. I risultati hanno mostrato chiaramente che la carne cotta permette di ottenere una maggiore quantitá di energia rispetto a quella cruda (Carmody 2009), risultati che sono stati confermati successivamente anche per carboidrati e lipidi (Carmody 2010).
E’ vero, ed è stato ampiamente dimostrato, che la cottura dei cibi ( a seconda della matrice, del metodo, e della combinazione tempo-temperatura ) determina l’impoverimento in micronutrienti degli alimenti, specialmente in vitamine termolabili del gruppo B, e vitamina C, ma non dobbiamo dimenticarci i vantaggi della cottura:
• altera la consistenza del cibo, rendendo commestibili alimenti altrimenti non mangiabili, e piú apprezzabili le caratteristiche di consistenza;
• cambia il sapore degli alimenti rendendoli piu appetibili e palatabili;
• elimina batteri (patogeni e non), lieviti, virus, alcune tossine batteriche termolabili, animali (per esempio le uova dei parassiti Tenia Solium) presenti nel cibo, rendendolo piu sicuro e permettendone la conservazione anche per lunghi periodi.
• trasforma alcune sostanze tossiche o fattori antinutrizionali (es. Avidina nell’uovo, sequestrante della Biotina), rendendo commestibili cibi altrimenti nocivi, o nutrizionalmente incompleti (ad esempio la nixtamalizzazione, o bollitura del mais in acqua con idrossido di calcio che rende biodisponibile la Niacina, tecnica che ha permesso alle popolazioni indigene del sudamerica di proteggersi dalla pellagra per millenni, abitudine non acquisita dalle popolazioni europee e che ha causato l’epidemia nella seconda metà del 1700);
• rende piú digerbili alcune categorie di alimenti:
alimenti proteici, la cui denaturazione aumenta l’accessibilità alle proteasi, responsabili della liberazione degli AA, alimenti glucidici in cui similmente la gelatinizzazione dell’amido aumenta l’accessibilità alle amilasi, e verdure, determinando la distruzione della membrana cellulare altrimenti indigeribile con conseguente liberazione delle sostanze nutrienti presenti (zuccheri, sali e fitocomposti).
Il crudismo quindi, che si prospetta come la nuova fede alimentare a cui prostarsi per ottenere benessere e salute massimizzando il potere nutritivo degli alimenti, nega tutte queste scoperte, proponendosi come nuovo guru alimentare da seguire ciecamente; sì, ma solo se si vuole fare un passo indietro nella scala evolutiva.
La verità dunque, come dicevano i latini, si trova nel mezzo, e più precisamente si trova nell’avere un alimentazione varia, che comprenda sia alimenti crudi, che cotti.
E buonsenso.
Roberto Scrigna
Dott. Scienze e tecnologie alimentari
Dott. Alimentazione e nutrizione umana
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