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Mal di schiena, una malattia psicosomatica

Nella nostra epoca ormai satura di problemi e di soluzioni per ogni problema, sembra quasi ridicolo porsi la domanda come fare a liberarsi del mal di schiena.Tuttavia non è fuori luogo porsi questo interrogativo perchè il dolore alla schiena ci rende inabili nelle tre sfere che costituiscono l’esistenza umana: l’amore, il lavoro e la conoscenza. Infatti quando abbiamo il mal di schiena non desideriamo di fare l’amore e non abbiamo voglia di fare nulla, mentre l`ultimo pensiero che abbiamo è quello di allontanare il dolore.

 

Insomma continuiamo a vivere, ma non abbiamo più il piacere di fare quello che stiamo facendo poichè soffriamo al più piccolo movimento. La funzione movimento e costituita da due componenti la mobilita e la motilità. La mobilità è l’insieme di quelle operazioni meccaniche che permettono lo spostamento del corpo, o di una sua parte da un punto all’altro dello spazio; mentre la motilità è l`insieme dei processi che permettono all’individuo di progettare e compiere un movimento intenzionalmente. La mobilità e la motilità costituiscono dunque il presupposto della costruzione e affermazione della persona, poichè caratteristica costante dello sviluppo dell’individuo e del suo comportamento motorio è il bisogno di porsi come protagonista nella realtà sociale con le proprie capacità e competenze. L’osservazione del bambino ci porta ad affermare che egli ha un patrimonio genetico di movimenti idoneo ad esplorare, sperimentare, scegliere apprendere, elaborare, confrontare, porsi problemi e risolverli, desiderare, inventare, immaginare e creare, mettersi in contatto con gli altri ed usare in modo adeguato ed attivo la flessibilità del proprio comportamento per instaurare e mantenere un rapporto. A causa di limitazioni ambientali e culturali l’adulto ha perso questa flessibilità di comportamento, per rafforzare sempre di più quei movimenti che sono finalizzati a prestazioni culturali e richieste sociali. Tutto ciò che si discosta da finalità sociali o culturali, fa entrare in funzione nell’ organismo umano il sistema inibitorio dell’azione.

 

Cioè ci immobilizziamo in attesa di una soluzione che ci permette di ripristinare il sistema dell`azione, che si esprime con una contrattura muscolare persistente. Quindi se si presentano circostanze favorevoli il problema che incontriamo si risolve da sé, ma se non si verificano tali circostanze la soluzione rimane affidata invece alla nostra personalità, che, come studi fisiatrici hanno dimostrato, è un fattore determinante per l`atteggiamento posturale della colonna vertebrale. Ne consegue che la correzione di eventuali sue malformazioni e problematica in quanto bisognerebbe influire su quell`insieme di variabili  rappresentate da reazioni emotive-affettive, abitudini, atteggiamenti, concezioni della vita che concorrono a deviarla. Per cui si può affermare che la postura del corpo rappresenta lo specchio della natura interiore. Un mal di schiena che non è espressione di uno stato di malattia organica, può essere quindi la rappresentazione di un malessere interiore.

 

La colonna vertebrale è l`albero della vita, e risponde al dolore o alla gioia con una reazione automatica di contrattura o di rilasciamento. Molti altri atteggiamenti posturali della colonna indicano come vogliamo essere visti: per esempio la stazione eretta rappresenta l’autoaffermazione, l’audacia, la prestanza, mentre la schiena curva rappresenta l`umiliazione, la sconfitta, il ritiro.

 

Questi atteggiamenti posturali, se sono espressione di uno stato d’ animo temporaneo, non coinvolgono la muscolatura di sostegno della colonna vertebrale in modo continuo, ma se questo stato d’animo non si risolve la contrattura muscolare che ne consegue può portare a lungo andare a spasmi dolorosi difficilmente risolvibili. Gli spasmi muscolari cronici coinvolgono col tempo inserzioni tendinee, articolazioni e tessuti periarticolari sia della colonna sia delle due più importanti cerniere del corpo: la coxo-femorale e la scapolo-omerale.

 

Se la colonna vertebrale è la struttura portante del nostro corpo e dei nostri stati d’animo, le due cerniere sopra menzionate sono le strutture che ci permettono di far agire i nostri sentimenti. La articolazione coxo-femorale ci permette di andare infatti dove vogliamo mentre la scapolo-omerale ci consente di prendere ciò che vogliamo o di respingere ciò che rifiutiamo.

 

Fatte queste premesse si possono introdurre i criteri guida del trattamento del dolore cronico della schiena. Questo trattamento è basato sulla integrazione dei processi corporei e mentali e utilizza un’attività fisica esplicitamente studiata per ottenere il rilasciamento di tensioni muscolari croniche che trattengono bloccati emozioni e sentimenti. Questo tipo di attività facilita la capacità del soggetto di percepire i meccanismi inibitori dell’energia e della vitalità del corpo che si traducono in limitazione dei movimenti corporei, della respirazione e dell’autoespressione.

 

Ultimamente sono stati costituiti gruppi di 10-15 persone che soffrono di dolore cronico alla colonna vertebrale. Le sedute terapeutiche prevedono un piano di lavoro della durata di due ore consecutive una volta la settimana che si svolge in tre fasi

 

Attivazione corporea

Si attua un molleggio sugli arti inferiori scandito da un ritmo appositamente studiato per ottenere lo scioglimento della contrazione muscolare cronica dei muscoli agonisti e antagonisti. ll coinvolgimento delle articolazioni coxo-femorale e scapolo-omerale accompagnato da emissioni vocali apposite libera il diaframma e la respirazione si fa automatica e profonda.

 

Rilassamento

La posizione supina del corpo con gli arti inferiori flessi, la pianta dei piedi appoggiata a terra, il bacino sollevato dal suolo, sviluppa uno stato di azione e contrazione muscolare che promuove vibrazioni oscillatorie del bacino stesso, che se non vengono frenate si estendono a tutto il corpo per risonanza coinvolgendo la muscolatura della colonna vertebrale, che si rilascia in modo spontaneo, ottenendo la soluzione del dolore. Inoltre la riattivazione della funzione contrattile della muscolatura del corpo stimola e riequilibra le funzioni neuromotorie, respiratone, pressorie e metaboliche

 

Elaborazione

La terza fase costituisce l`anello d’unione delle due fasi precedenti in una dimensione integrata che dà avvio al “lavoro del dolore”. Il lavoro del dolore è un processo di conoscenza che predispone lo sviluppo di un potenziale di energia per modelli alternativi di pensiero e di comportamento che, grazie alla capacità di valutare, di anticipare, di elaborare e di attenuare il dolore, permette di poterne accettare la inevitabilità senza diventarne vittime, aiutando inoltre le persone a trovare soluzioni idonee tenendo conto della realtà oggettiva e di quella soggettiva

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