La mia presentazione al Memorial Carmelo Bosco era strutturata in tre parti distinte ma complementari.
Nella prima parte (“considerazioni iniziali”), ho dapprima ridefinito le due più importanti espressioni di forza (forza massimale e forza esplosiva) richiamando i rispettivi determinanti neuromuscolari (2/3 massa muscolare e 1/3 fattori neurali per la prima, 2/3 fattori neurali e 1/3 miotipologia per la seconda).
Ho in seguito precisato l’importanza della forza muscolare per tre principali popolazioni: gli sportivi, i pazienti e le persone anziane.
Dopo aver ripercorso con occhio critico l’utilizzo dell’allenamento della forza negli ultimi 20-25 anni – sia nella pratica quotidiana che in ambito scientifico – ho proposto qualche soluzione per facilitare l’avvicinamento del mondo della ricerca a quello del “campo” (ad esempio, limitando l’avvento delle mode ed imparando a giudicare il reale valore di uno studio scientifico).
Nella seconda parte della presentazione (“fattori neuro-cognitivi”), ho ridefinito la struttura del sistema neuromuscolare, richiamato il decorso temporale degli adattamenti neurali (più precoci e determinanti) e muscolari all’allenamento della forza, e ribadito come tutte le azioni umane siano governate da vari processi cognitivi – a loro volta influenzati dallo stato emozionale, motivazionale, mentale in generale – e quindi dominate da molteplici inibizioni.
Ho quindi suggerito una serie di strategie neuro-cognitive (come il self-talk, il preparatory arousal, l’immaginazione, il goal-setting, il grido, l’imprecazione, l’esposizione ad immagini positive/negative, la ricompensa, l’effetto sorpresa, l’utilizzo di un carico sconosciuto, ecc.) che dovrebbero permettere di rimuovere, almeno in parte, alcune delle inibizioni che rendono l’allenamento della forza meno efficace.
Queste strategie hanno anche il vantaggio di essere minimamente rischiose – in termini di eventuale sovraccarico psicofisico – economiche ed estremamente accessibili.
Nella terza ed ultima parte della presentazione (“forza esplosiva vs. massimale”), ho ribadito l’importanza della forza esplosiva generata nelle primissime fasi di una contrazione (concetto di rate of force development), discusso quanto questa capacità sia funzionale e rilevante per molteplici attività sportive ma anche della vita quotidiana, insistito sulla frequenza di scarica delle unità motorie come determinante principale di questa capacità e proposto una
serie di accorgimenti/tecniche da integrare nell’allenamento della forza esplosiva (enfasi sui primi 200 millisecondi di una contrazione, ruolo primordiale dell’intenzione di realizzare una contrazione esplosiva, elettrostimolazione neuromuscolare, ecc.).
Ho concluso la mia presentazione con tre semplici raccomandazioni per rendere la pratica dell’allenamento della forza più solida e razionale: ridurre gli investimenti materiali e le imitazioni, aumentare la dose di buon senso e di conoscimento, considerare maggiormente i fattori neuro-cognitivi (approccio mirato).
Negli anni ’70 in Italia le scienze motorie erano limitate alla formazione di insegnanti di educazione fisica grazi ai vecchi ISEF sparsi per il paese.
La ricerca scientifica nello sport era inesistente e/o affidata a sporadiche iniziative del neonato Istituto di Scienza dello Sport di Roma grazie soprattutto ai medici dello sport. Negli ISEF si studiava la tecnica sportiva e tanta pedagogia dell’insegnamento, che insieme allo studio delle scienze biologiche fornivano la preparazione necessaria per diventare ottimi insegnanti di educazione fisica e/o allenatori di molte discipline sportive.
Quello che mancava erano i laboratori, le biblioteche con l’accesso alle riviste scientifiche, e temi di ricerca che potessero avanzare le conoscenze e le applicazioni.
Molti degli insegnamenti di quegli anni erano basati sulle (poche) traduzioni di libri in lingua inglese e sulle molte traduzioni di manuali tecnici provenienti dai paesi dell’est europeo imponendo tante idee sull’allenamento che in futuro si sarebbero rivelate fortemente influenzate dal doping. In quegli anni, un coraggioso Italiano del sud ebbe il coraggio di lasciare l’Italia per poter continuare gli studi nel campo della fisiologia dell’esercizio.
Carmelo Bosco fu il primo diplomato ISEF Italiano a partire per poter conseguire una laurea specialistica e un dottorato di ricerca in Finlandia, nell’Universitá di Jyvaskyla. Il coraggio della scelta di lasciare la Sicilia ripagò sicuramente i sacrifici perché grazie agli studi condotti in quegli anni il Professor Bosco divenne uno dei punti di riferimento mondiali della fisiologia e meccanica muscolare grazie ai suoi studi sul ciclo allungamento – accorciamento nel muscolo misurato in-vivo.
I suoi studi con il Professor Paavo Komi e altri colleghi finlandesi, ungheresi e estoni dimostrarono che il prestiramento attivo del muscolo scheletrico favoriva un miglioramento della prestazione di salto, inoltre dimostrarono la relazione tra queste abilità e la percentuale di fibre veloci nel vasto laterale, gli effetti dell’invecchiamento e vari metodi di allenamento e svilupparono una serie di valutazioni di queste caratteristiche che vennero successivamente riconosciute come “i test di Bosco” che sono ancora oggi utilizzati in numerosi laboratori di ricerca e in federazioni/club sportivi per la valutazione dell’atleta.
Il Professor Bosco divenne successivamente docente in Finlandia e in Ungheria e continuo gli studi per meglio comprendere l’influenza degli ormoni sull’allenamento della forza muscolare e verificò gli effetti di vari tipi di allenamento della forza ottenendo un altro dottorato in Francia collaborando con Alain Belli e il suo team a una serie di studi di meccanica muscolare sviluppando ulteriori test di valutazione. Più tardi, il Professor Bosco riuscí a brevettare alcune apparecchiature che permettevano l’utilizzo delle sue metodiche e quindi rappresentò uno dei primi esempi di accademico-imprenditore nel nostro paese.
Io lo conobbi di persona nel 1993, quando ero un giovane tesista nel laboratorio del Professor Bruno Cacchi all’ISEF di Roma dopo aver letto tutti i suoi lavori degli anni 70-80 e i suoi libri in Italiano.
Nel 1998, dopo essere rientrato dagli USA ed aver conseguito la mia laurea specialistica iniziai a lavorare con il Professor Bosco ed iniziammo per il mio dottorato di ricerca all’Università di Budapest a studiare gli effetti della vibrazione sull’uomo.
I lavori di quegli anni iniziarono in tutto il mondo l’interesse nell’utilizzo delle vibrazioni come metodica di allenamento alternativa e integrativa per migliorare la forza muscolare. Insieme pubblicammo l’ultimo lavoro proponendo un modello di riferimento per studiare la vibrazione che ancora oggi viene utilizzato (Figura 1, da Cardinale & Bosco, Exercise & Sports Science Reviews, 2003).
Quello fu l’ultimo lavoro a cui lavorammo insieme a distanza visto che io ero emigrato in Scozia per lavorare all’Università di Aberdeen e poi il Prof. Bosco ci lasciò. Gli insegnamenti dell’importanza della valutazione dei mezzi e metodi di allenamento e la necessità di misurare per capire dove va l’allenamento sono rimasti e hanno influenzato e influenzano ancora molti ricercatori, allenatori, operatori del settore.
Molti dei miei lavori scientifici sono stati condotti per aiutare tecnici e atleti a migliorare l’approccio all’allenamento e/o individuare metodi legali che possano migliorare la prestazione.
La scienza dello sport per me ha la funzione di supporto necessaria a sviluppare prestazioni di alto livello negli atleti di elevata qualificazione ma rappresenta anche il metodo necessario per migliorare al massimo la qualitá degli interventi che vengono fatti per ottenere il massimo da atleti di qualsiasi livello. Il modello di riferimento che ho sviluppato in tanti anni di lavoro con atleti di vario livello in diversi paese prevede il supporto scientifico come parte degli interventi che possano influenzare l’outcome di un atleta che però necessita, per eccellere, non solo della genetica giusta, ma anche delle motivazioni e delle abilità necessarie per uno sviluppo continuo delle sue prestazioni.
Con questo modello ho lavorato tanti anni e continuo a lavorare in partnership con tutti gli specialisti che possono influenzare positivamente la prestazione e con i tecnici e gli atleti per continuare ad imparare qualcosa e commettere meno errori nella pianificazione e nell’esecuzione di progetti di allenamento e di procedure mirate ad ottimizzare la
prestazione in gara.
La scienza dello sport si evolve in continuazione. Il numero di pubblicazioni scientifiche in questo settore aumenta in maniera esponenziale e purtroppo molti (troppi) dei lavori pubblicati hanno una rilevanza limitata per quanto riguarda le applicazioni pratiche per vari motivi.
Tuttavia, la conoscenza aumenta e rimanere al passo con l’evolversi delle conoscenze è praticamente impossibile senza saper leggere e comprendere l’inglese che è la lingua delle pubblicazioni scientifiche indicizzate.
Molte (ma per fortuna non tutte) delle informazioni che sono accessibili su internet sono di bassa qualità, non peer-reviewed, influenzate da interessi commerciali e/o guidate dall’interesse individuale di crearsi un seguito (gli internet “Guru”).
Quindi gli operatori del settore hanno la necessità di sviluppare un forte senso critico per poter utilizzare al meglio e “filtrare” la quantità di informazioni che è accessibile oggi. Sicuramente utile e fondamentale è inoltre la necessità di imparare ad utilizzare la tecnologia per poter condurre verifiche e valutazioni e capire meglio con le proprie esperienze gli effetti delle varie metodiche di allenamento proposte.
Per questo, non solo è necessario comprendere al meglio le limitazioni e le potenzialità delle apparecchiature utilizzate, ma anche essere sicuri che queste apparecchiature siano valide, riproducibili e il grado di errore delle misurazioni.
E’ inoltre opportuno apprendere elementi di base di statistica per verificare che i miglioramenti o peggioramenti misurati siano realmente dovuti all’effetto biologico o all’errore di misurazione.
I nuovi operatori nel campo della preparazione sportiva, nel fitness e nella ricerca saranno circondati da tantissima tecnologia e molta ne servirà per interagire al meglio con atleti/clienti e tecnici. Per questo i programmi educativi nelle università e nei corsi associazionistici dovranno tener conto di questo aspetto e sviluppare queste abilità negli operatori del settore per poter usare al meglio la tecnologia disponibile.
Nel mio lavoro giornaliero ad Aspire in Qatar facciamo tanto uso di tecnologia e siamo convinti che questa sia la strada migliore per capire di più e interagire meglio con gli atleti giovani per poterne migliorare le conoscenze e le prestazioni.
La scienza dello sport è ormai parte integrante della preparazione dell’atleta, l’approccio scientifico al miglioramento della prestazione diventerà uno dei punti di forza del Fitness grazie alla possibilità di personalizzare meglio gli interventi e favorire la ritenzione della clientela.
Per questo motivo è necessario fare in modo che gli operatori del settore interagiscano con le conoscenze e l’approccio scientifico spesso e con un processo attivo e di collaborazione.
Introduzione
L’alto livello raggiunto nelle competizioni di sci alpino, l’evoluzione dei materiali e delle piste, impongono una minuziosa indagine di ogni aspetto del movimento. La preparazione atletica dello sci alpino è frutto di una complessa interazione tra i parametri antropometrici e neuromuscolari che determinano il rendimento biomeccanico dell’atleta; la macchina umana deve essere quindi valutata attentamente.
La valutazione funzionale misura i “comportamenti fisiologici” dell’atleta, sia per quanto concerne le qualità fisiologiche (studio delle caratteristiche e delle loro modificazioni in conseguenza del lavoro allenante), sia per quanto concerne il loro comportamento sul campo (studio degli aggiustamenti in gara e in allenamento) (Chicco Cotelli-Piero Mognoni- Roberto Bonomi 1990, 1995, 1999, 2002).
La valutazione funzionale deve testare le qualità e proprietà fisiologiche e biomeccaniche correlate alla disciplina sportiva praticata. La pianificazione a breve, a medio e a lungo termine, della massima prestazione individuale dell’atleta, può essere realizzata solo sulla base di un’analisi medico-sportiva precisa, specifica, dello stato attuale della prestazione.
Le valutazioni funzionali devono essere in grado di indagare le caratteristiche principali e necessarie per la disciplina praticata (in questo caso specifico: lo sci alpino) ed essere sufficienti per elaborare i dati per la programmazione e la correzione dell’allenamento. Viene definito il “modello prestativo dello sci alpino”, i metabolismi, le capacità condizionali e quindi le proprietà condizionanti la prestazione.
Vengono trattate le qualità neuromuscolari che influenzano direttamente la prestazione, quindi le espressioni di forza: Forza Dinamica Massima, Forza Esplosiva concentrica ed eccentrica, Resistenza alla Forza Veloce.
Queste proprietà condizionali vengono rilevate attraverso il Test di Bosco. Viene presentata la famosa “pedana a conduttanza” (Ergo Power-Bosco System) con l’elaboratore dei dati fisiologici rilevati.
Il Test di Bosco
La batteria dei principali test funzionali alla quale sottoporre l’atleta si possono così sintetizzare:
Test di Bosco classico (SJ, CMJ, I.El., 20BW, BW, %F/V, 5″, 15”, 30” e 45″ di balzi continui e decremeto % della resistenza alla forza veloce).
Test di Bosco rileva la forza, la velocità e la potenza con il “Muscle-lab”.
Test muscolari elettromiografi ci rilevati con il Muscle Lab.
Misurazione Forza (sj e cmj) sulla pedana dinamometria.
Valutazione della forza anche con il Muscle Lab (Bosco Sysytem).
Il “Muscle Lab” registra i dati e gli andamenti della Forza, della Potenza e della Velocità di reclutamento della forza, sincronizzati sia con il gesto motorio che con l’EMG (elettromiografia) dell’attività muscolare legata a quel movimento specifico. Registra ed elabora anche i normali valori del Test di Bosco.
Valutazione della forza anche con la Pedana Dinamometrica.
La pedana dinamometria fornisce i soli valori della forza, mentre via software, per derivata, si calcolano la velocità di reclutamento della forza e la potenza.
Viene presentata la metodologia per il Calcolo della Resistenza alla Forza Veloce (RFV) e il suo decremento % dopo 5”, 15”, 30”, 45” di balzi continui.
Quando si parla di allenamento della forza negli sport di endurance bisogna prestare molta attenzione.
Per prima cosa si sta parlando di Endurance, quindi la forza è una qualità che deve andare a supportare la prestazione di resistenza, e il lavoro sugli aspetti neuromuscolari deve concorrere in funzione della resistenza, altrimenti lo sviluppo e l’espressione della forza è fine a sé stesso e può
risultare essere addirittura controproducente per l’atleta.
Il meccanismo adattivo dello sviluppo della resistenza alla forza comporta alle seguenti modificazioni:
• si verifica un aumento delle fibre di tipo Ila rispetto a quelle delle llx;
• si verifica un aumento della forza massimale del muscolo;
• aumento della capacità di forza rapida (Aagard et al,).
Di conseguenza, gli adattamenti al lavoro di forza si traducono in:
• diminuzione dell’insorgenza della fatica muscolare grazie ad una maggior efficacia dell’azione di propulsione legata a una buona condizione muscolare;
• maggiore attività neuromuscolare coinvolgendo meccanismi di adattamento spinale e sovraspinale;
• aumenta l’economia di corsa, poiché diminuisce la forza impiegata ad ogni passo o pedalata (ad una determinata velocità) si conserva energia e quindi l’affaticamento insorge dopo.
Perché allenare la forza nell’endurance?
Per aumentare la prestazione e quindi per far fronte a esigenze tattiche di gara (tattica, pendenze), per contrastare gli aspetti neuromuscolari della fatica.
Come si allena la resistenza alla forza?
La resistenza alla forza si può allenare a corpo libero con leggeri sovraccarichi oppure con macchine classiche da palestra.
La differenza che intercorre tra 2 mezzi è rappresentata dal fatto che in un caso, con esercizi a catena cinetica aperta si cerca di avvicinarsi di più alla disciplina, contrariamente nel secondo caso questo non avviene. Gli elementi che permettono di scegliere un mezzo piuttosto che un altro sono la velocità di esecuzione dell’esercizio ed anche il transfer, cioè la capacità di riprodurre il movimento di gara.
Gli esercizi a corpo libero possono essere inseriti all’interno di Circuit Training, che permette di alternare tratti di corsa a velocità e distanze (200m max) prescelte a stazioni (8-12 stazioni) dove si eseguono esercizi per gli arti inferiori (balzi in estensione e in elevazione) e superiori (piegamenti, oscillazioni delle braccia con pesi) e tronco (addominali), organizzando l’alternanza in modo da non impegnare gruppi muscolari contigui.
Con questo metodo di allenamento si possono migliorare le qualità aerobiche, ma anche la resistenza alla forza locale (periferica).
Si allena la forza e poi la resistenza?
In letteratura si preferisce distinguere in giorni diversi i 2 allenamenti, tuttavia è stato provato che è meglio allenare prima la resistenza e poi la forza nello stesso giorno, questo perché è necessario allenare quelle fibre che non sono state allenate con il lavoro aerobico, vale a dire le fibre di tipo II.
In che periodo allenare la forza?
Il momento migliore per allenare la forza e trame i benefici si colloca nel periodo introduttivo (3-6 settimane a seconda dell’atleta). Tuttavia, la resistenza alla forza può essere allenata anche nei periodi successivi come quello estensivo, non oltre andrebbe in conflitto con il lavoro specifico di gara.
CONSIGLI UTILI.
Focalizzarsi sul miglioramento di una sola tipologia di forza e una di resistenza alla volta con brevi cicli di allenamento (5 settimane).Per massimizzare gli adattamenti e minimizzare le interferenze si consiglia di fare 3 sessioni/settimana per lo sviluppo della forza, alternando l’impegno dei diversi gruppi muscolari.
di Nicola Maffiuletti, Marco Cardinale, Chicco Cotelli, Emiliano Schiavini, Antonio La Torre
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