Vi ricordate quando, tanti anni fa, quando giocavamo al pallone e si andava alla panchina per rinfrescarsi, l’allenatore porgendoci l’acqua diceva: “Sputala eh”?

Era infatti giudizio comune che durante l’attività fisica intensa, bere facesse male. Oggi, per fortuna, tali empirismi sembrano essersi dissolti e la necessità di bere mentre ci si allena o si pratica qualche sport viene ormai considerata indispensabile.

Il corpo umano ha la caratteristica di mantenere costante la propria temperatura del sangue e di conseguenza anche quella del corpo: tale azione viene perseguita in qualsiasi situazione climatica, ma ovviamente con meccanismi a volte differenti. Vi è un continuo equilibrio tra produzione di energia e consumo della stessa: ma si sa che l’energia produce calore e che lo stesso deve essere dissipato.

 

L’energia di base è fornita dall’assunzione degli alimenti, questi vengono metabolizzati e suddivisi nelle componenti fondamentali, cioè carboidrati, proteine, grassi, sali minerali, scorie e acqua.

Gli zuccheri forniscono, come le proteine, circa 4 Kcal ogni grammo di sostanza, i grassi 9 Kcal, gli altri componenti nessuna. La macchina umana quindi consuma il carburante, genera il movimento, insomma “vive”, e come tutte le macchine produce calore: l’energia prodotta dagli alimenti viene utilizzata solo per il 20-25% per compiere le normali attività muscolari, il rimanente si trasforma e si disperde, appunto, sotto forma di calore.

 

 

Ma, come si sa, quando la temperatura è eccessiva bisogna provvedere ad una regolazione della stessa. L’equilibrio tra produzione e dispersione del calore viene chiamato “termoregolazione” ed è un complesso meccanismo fisiologico che vede l’intervento di strutture assai delicate a livello dell’encefalo (l’ipotalamo) e di altre a livello periferico (la respirazione e il sudore).

L’ipotalamo e una parte del cervello assimilabile ad un piccolo computer che raccoglie ed elabora tutta una serie di imput del sistema neurovegetativo, provvedendo poi a delineare una serie di interventi a carico di diversi organi ed apparati. Lesioni ipotalamiche conducono ad alterazione della termoregolazione e quindi l’organismo non e più in grado di proteggersi dagli sbalzi di temperatura: la conseguenza, di solito è la febbre, la disidratazione e i disturbi ad essa connessi.

 

 

Perifericamente il mezzo più semplice per raffreddare il nostro motore è l’evaporazione, che consiste nell’utilizzo del sudore e nella sua trasformazione in vapore d’acqua e successiva dispersione nell’aria.

Anche la vasodilatazione cutanea è un ottimo mezzo per disperdere il calore, come pure la ventilazione polmonare che elimina acqua attraverso la cosiddetta “perspiratio insensibilis”.

Ma torniamo al nostro sudore: questo meccanismo funziona bene quando da un lato raffredda la pelle e dall’altro la lascia asciutta, il che significa che la finalità termica è stata ottenuta in modo soddisfacente. Qualche difficoltà, o grande difficoltà, si incontra quando l’aria è eccessivamente umida oppure vi sono degli indumenti che impediscono il corretto gradiente termico, formando una specie di barriera e facendo si che sulla pelle vi sia un velo di sudore non evaporato.

 

 

In questo caso l’organismo reagisce con una sensazione di malessere (ricordiamoci le giornate estive con umidità del 90%) che può sfociare in uno stato di pericolo chiamato “colpo di calore”. Questo succede quando la temperatura sale in maniera eccessiva (anche 39°C); l’evaporazione non avviene perché siamo dinnanzi ad un microclima umido che la impedisce e, pur sudando abbondantemente, il raffreddamento non si ottiene sin tanto che il sistema va in tilt e si assiste ad una sintomatologia piuttosto importante che impone a volte il ricovero d’urgenza.

 

 

Quando noi svolgiamo attività fisica perdiamo, come già detto, una quantità più o meno cospicua di acqua e sali minerali. Il sudore, infatti, è costituito da una miscela non molto concentrata delle componenti sopracitate. Risulta evidente che se da un lato si perdono liquidi dall’altro bisogna introdurli: il pericolo sta nel fatto che l’organismo non può funzionare “a secco”, al punto che, se la perdita di acqua raggiunge il 5% del peso corporeo, si può verificare una situazione di rischio biologico addirittura pericolosa per la vita.

Al tempo stesso la perdita di sali minerali (sodio, cloro, magnesio, potassio, ecc.) determina delle alterazioni nel funzionamento di tutte le cellule del corpo ed in particolare in quelle nervose, sensibilissime ai minimi cambiamenti, e in quelle muscolari con la diminuzione della performance e la comparsa di crampi, di contrazioni dolorose e altri disturbi collaterali.

 

 

Non va dimenticato che l’equilibrio idrosalino dell’organismo incide anche sul muscolo miocardico e sul comparto renale: questi due organi, come risulta evidente, non possono permettersi di funzionare male perché le conseguenze, come ci si può immaginare, possono essere molto gravi. Uno dei primi elementi da tenere presente e quello di indossare un adeguato abbigliamento che consenta un opportuna traspirazione e, contemporaneamente, portare con sé una adeguata riserva idrica e di sali minerali a cui attingere con regolarità durante l’attività fisica (un sorso ogni 15 minuti o una quantità maggiore ogni mezz’ora) anche se non si sente lo stimolo della sete.

 

 

Le modificazioni più importanti che avvengono nell’organismo di uno sportivo, o comunque di una persona che svolga un`attività fisica prolungata, sono quindi legate alla perdita di acqua e di sali minerali: appurato che per quanto riguarda l’acqua basta avere con sé una borraccia piena della stessa, il discorso e un poco più complicato per quanto riguarda il sodio, il potassio, il magnesio e un particolare aminoacido, l’acido aspartico, che e coinvolto nella produzione di energia.

 

 

Il sodio in natura è unito al cloro e forma il comune sale da cucina: durante l’estate o durante l’attività fisica e opportuna un’assunzione equilibrata. Ma questi due elementi sono sicuramente meno importanti proprio perché sono presenti in tutti gli alimenti: a volte, addirittura, se ne assume fin troppo: ricordiamoci infatti che nell’iperteso il primo consiglio è quello di non salare troppo gli alimenti. Più complesso il meccanismo biochimico dell’utilizzo del potassio: l’eccitabilità delle fibre muscolari, comprese quelle cardiache, dipende tra l’altro da un’adeguata presenza di ioni potassio, che è il principale elettrolita dentro la cellula.

 

 

Durante l’attivazione dell’attività neurologica e muscolare il potassio fuoriesce temporaneamente dalla membrana cellulare per poi rientrarvi successivamente e determinare il ritorno al cosiddetto stato di riposo. In fisiologia questo meccanismo si definisce come eccitabilità, o “spike”, ed è stato studiato ampiamente dai ricercatori.

Un lieve aumento della concentrazione extracellulare di potassio rende le strutture neuromuscolari eccitabili e quindi pronte a sviluppare movimento ed energia. Ecco perchè la somministrazione di questo ione prima dell’esercizio, sia come elemento singolo o sotto forma di sale dell’acido aspartico, può giovare in modo sostanziale. Non dimentichiamo che la quantità delle normali perdite di potassio dipende anche dalla lunghezza dell’esercizio fisico, dall’acidosi lattica, dall’iperventilazione e dalla sudorazione. Nei soggetti che non si sono adeguatamente allenati le perdite di questi elettroliti sono spesso assai maggiori e pericolose.

 

 

Altro elemento importante è il magnesio, che è un elettrolita coinvolto come cofattore per la corretta attività di quegli enzimi del metabolismo energetico che sono diretti al controllo della produzione di ATP e quindi dell’energia. Il magnesio e uno ione di cui si parla poco, ma che al contrario è indispensabile per la vita cellulare. Non dimentichiamo che controlla anche l’eccitabilità neuromuscolare. Gli alimenti non sono particolarmente ricchi di questo elemento, per cui in determinate condizioni quali un allenamento o una gara prolungata, soprattutto in ambiente caldo-umido, si possono presentare situazioni di carenza che vanno superate con un supplemento di magnesio che ovviamente deve essere opportunamente reintegrato.

 

 

Nell’anziano certe situazioni di esauribilità muscolare e di stanchezza, non riferibili a particolari malattie, si è visto che si risolvono con la somministrazione di magnesio a dosi efficaci. L’acido aspartico è un aminoacido determinante nella produzione biologica dell’energia. Svolge un ruolo particolarmente importante in caso di superlavoro fisico, sia per l’attività a livello metabolico nelle produzione di energia e nella correzione dell’acidosi, sia per le sue proprietà veicolanti il magnesio e il potassio.

Riassumendo, bisogna prevenire la disidratazione: nell’attività fisica ogni perdita di liquido va adeguatamente compensata, in rapporto allo sforzo fisico ed alla temperatura ambientale. E’ consigliabile bere sempre e prima che compaia la sensazione di sete. Occorre bere con regolarità sia durante gli allenamenti sia durante e dopo le gare.

 

 

In farmacia sono in vendita dietro consiglio del medico o del farmacista, preparazioni farmaceutiche che consentono un opportuno riequilibrio elettrolitico. Sono da sottolineare i composti a base di Aspartato di Magnesio e di Potassio, in bustine effervescenti di sapore gradevolissimo, che debbono essere sciolte in acqua sufficiente (un bicchiere grande) ad ottenere una soluzione ipotonica.

Ogni individuo, ha necessità differenti che derivano dall’età, dalla massa corporea, dal tipo di impegno fisico e dal clima in cui tale attività viene svolta. Il risultato di una corretta reintegrazione idrosalina concorrerà ad essere sempre in forma.



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