“Chi le prescrive o le elabora deve possedere solo competenze e non specifici Titoli Professionali”

 

La perdurante ostinazione da parte di alcuni nel ritenere che coll’ espressione dieta si intenda  “sempre e comunque” far riferimento ad una prescrizione di un particolare tipo di alimentazione finalizzata ad una terapia o alla prevenzione di determinate patologie e non, invece, quando i destinatari sono persone sane ad una semplice “indicazione di un regime alimentare”, porta a conseguenze aberranti e fuorvianti sia coloro che le prescrivono, perché viene messa in discussione la legittimità del loro operato, sia i destinatari della prescrizione medesima che finiscono per non avere dei ben precisi punti di riferimento normativi.

 

Evidentemente costoro non si sono ancora resi conto che con il passare degli anni il linguaggio e quindi, il significato delle espressioni, com’è, d’altronde, ogni cosa, è notevolmente cambiato. E così è avvenuto che da svariati  anni la parola “dieta” ha assunto il duplice significato di atto terapeutico e sanitario in genere finalizzato ad una terapia ( di competenza di soggetti in possesso di specifici titoli di studio abilitativi) se il destinatario è un soggetto ammalato (ad esempio: obesità, malattie cardiovascolari, diabete, etc.) e, di semplice indicazione di “un percorso alimentare” se diretta ad un soggetto in salute, avente lo scopo di mantenere ed anche migliorare le già esistenti
sue buone condizioni psico-fisiche.

 

Neppure in sede legislativa e ministeriale è stata percepita questa duplicazione del significato della parola suddetta. Di tal che oggi, la mancanza di una normativa statale “ad hoc” sta creando non poche difficoltà sia per i prescrittori sia per i destinatari delle diete medesime.

 

Pareri ministeriali sulla prescrizione e sull’elaborazione delle diete

 

Le regole sul punto non vengono da una legge, bensì da due pareri ministeriali mrispettivamente del 15 dicembre 2009 e del 22 aprile 2011.

Entrambi ,però, sembrano superati dal costume sociale e dalla valenza che oggi hanno assunto i vari regimi alimentari. per sgombrare il campo da ogni equivoco va subito chiarito che i pareri, come si è prima detto, non sono affatto qualificabili come “leggi in senso proprio”

(sono tali solo quelle emanate dal Parlamento), sono atti amministrativi generali emanati con un decreto del Consiglio Superiore di Sanità che è un organo del Ministero della Salute.

 

Essi si fondano sull’errato presupposto che la “dieta” rappresenti sempre e comunque / sia per la persona ammalata sia per quella sana, un atto terapeutico nel primo caso e sanitario nel secondo. Atti, questi, che secondo le disposizioni ministeriali dovrebbero essere prerogativa solo di un medico nel primo caso e nel secondo anche di un biologo. Ho usato l’espressione “dovrebbero” non a caso essendo i suddetti pareri viziati da patente illegittimità per aver essi proibito ad una persona sana di esercitare il “suo diritto” di rivolgersi ad un soggetto privo di titoli professionali sanitari per avere un “consiglio” sul regime alimentare da seguire.

 

Qual’é la valenza giuridica dei due pareri

 

I pareri sono atti amministrativi, e, quindi come tali, secondo l’impianto del nostro ordinamento giuridico, vanno rispettati dal cittadino ma il Giudice Ordinario, ove li ritenga viziati da illegittimità, può disapplicarli. Essi possono, però, essere revocati dall’Autorità che li ha emanati ed annullati dal Giudice Amministrativo (TAR e Consiglio di Stato). Va precisato che nel parere del 22 aprile 2011 viene ribadito quanto già espresso in quello del 15 dicembre 2009. E quindi basta esaminare solo i contenuti del primo.
In esso è testualmente detto:

 

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Competenze dei farmacisti

 

Delle competenze dei farmacisti in materia il Consiglio superiore di sanità se n’è occupato nel primo parere e cioè quello del 2009, affermando, al riguardo, che essi non possono prescrivere diete mentre ben legittimamente possono fornire al paziente – cliente solo ed esclusivamente “consulenze” nel campo nutrizionale sui prodotti in vendita  nell’esercizio e sugli integratori alimentari finalizzati, appunto, alla perdita di peso.

 

Dove si configura il vizio di illegittimità?

 

Un’ applicazione generalizzata di quanto stabilito sull’ obbligo di rivolgersi al medico o al biologo per la prescrizione di diete a persone “sane” limiterebbe la libertà del singolo che, per sue convinzioni etiche, intenda seguire un determinato tipo di alimentazione che viene elaborata da soggetti privi di qualifiche professionali ma del suo medesimo “credo” etico.

 

Si arriverebbe così all’assurdo di ritenere che qualsiasi indicazione alimentare, anche la più banale, per poter essere poi veicolata ad un soggetto sano che per le sue scelte religiose voglia escludere determinati cibi, debba obbligatoriamente essere effettuata da un medico o da un sanitario non medico quale il biologo. Lo stesso discorso si pone nell’ipotesi di un percorso alimentare per un soggetto sano che vuole mantenersi in forma ed a tal fine frequenti una Palestra o un Centro Fitness.

 

Di tal che ad un istruttore di palestra sarebbe proibito dire ai suoi allievi che per raggiungere l’obiettivo prefisso, debbano mangiare meno farinacei e zuccheri o ridurre il consumo di alcolici.
Altrettanto illegali sarebbero le indicazioni dirette a persone sane provenienti dai numerosi cultori della dieta vegetariana o vegana pubblicizzate in giornali, riviste e mass media consigliate, soprattutto, agli sportivi (ad esempio: Ia dieta mediterranea, la Dukan, la ayurvedica, la raw diet, la Scarsdale ).

 

Cosi ragionando, si potrebbe arrivare all’assurdità che anche il ristoratore che consiglia alla sua clientela “abituale” di alimentarsi in un certo modo piuttosto che in un altro, ovvero di escludere determinati alimenti, versi nell’illegalità non essendo egli in possesso della laurea in biologia. Il che sarebbe veramente illegittimo ed ingiusto! L’illegittimità dei due pareri é data dal loro contrasto sia con una norma cardine della nostra Costituzione sulla inviolabilità dei diritti fondamentali dell’individuo sia con le leggi ordinarie in tema di qualifica di atto terapeutico e di atto sanitario in genere.

 

Norma costituzionale violata

 

La norma costituzionale é l’art. 2 che sancisce la garanzia del rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo qual é quello della scelta del genere di vita, che ingloba anche il regime alimentare, che ogni singolo (persona sana) ritenga più confacente ed intende seguire. Ed a tal fine scelga di

 

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rivolgersi ad un soggetto di sua fiducia esperto nel settore alimentare, ma privo di un titolo professionale sanitario, per la prescrizione o l’elaborazione della “dieta”.

 

Il divieto a costui di praticare una tale scelta verrebbe a ledere un tale diritto sancito dalla nostra Costituzione, il che appare in tutta la sua gravità se si considera che in un Paese come l’Italia, ove in base alla legge vigente, viene data la possibilità ad un ammalato in fase terminale, pienamente consapevole, pur se ricoverato in una struttura pubblica, di rifiutare ogni tipo di cura e, quindi, di morire senza che nessuno possa intervenire si arriverebbe all’assurdità di vietare ad una persona sana di rivolgersi a quel determinato soggetto di sua fiducia per avere la prescrizione o l’elaborazione di quel particolare tipo di
alimentazione.

 

Norme ordinarie violate

 

Le norme ordinarie violate sono quelle che regolano l’atto terapeutico e l’atto sanitario in genere per aver fatto rientrare fra gli atti sanitari anche la prescrizione della dieta per persone sane. Difatti i pareri suddetti, in tal modo pongono in essere una chiara violazione delle vigenti norme giuridiche che regolano la competenza in tema di atto medico terapeutico e di atto sanitario in genere effettuato dal personale sanitario non medico.

 

Atto medico terapeutico

 

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L’atto medico deve essere eseguito dal sanitario abilitato e sotto la sua diretta supervisione e/o prescrizione”. Indiscutibilmente la dieta per persone sane non può mai integrare un atto terapeutico sia per le sua finalità sia perché il suo destinatario non ha alcuna patologia.

 

Atto sanitario eseguito da personale non medico ed in nuovi compiti nella legge di Stabilità 2016

 

L’atto sanitario può essere effettuato sia da personale non medico in possesso di laurea (biologo, farmacista, chimico) sia da personale non medico che abbia conseguito una laurea triennale cd “breve”. La legge N.42 del 1999 ha istituito ben 22  lauree brevi (fra le quali quella dietista di cui si è prima detto) in materia sanitaria relative ad attività che prima venivano effettuate dal personale paramedico; le competenze di tali nuovi professionisti della sanità hanno un contenuto meno ampio di quello del medico che può compiere tutti gli atti sanitari e terapeutici mentre il personale sanitario non medico solo quegli atti indicati nelle funzioni loro assegnate dai rispettivi Decreti Ministeriali.

 

Va detto però, che queste competenze saranno notevolmente allargate a seguito della novella legislativa introdotta dal comma 566 della legge di Stabilità del 2016 nella quale è stato disposto che il Governo dovrà emanare decreti delegati con i quali demandare alla Conferenza Stato Regioni l’indicazione dei nuovi compiti da assegnare al personale sanitario non medico. diete-pag.20(1)

 

Deve quindi ritenersi che in avvenire le competenze in materia di tale personale subiranno una rivisitazione. Valgono in tal caso, le stesse osservazioni fatte in precedenza: l’elaborazione della dieta ad una persona sana non può essere qualificata atto sanitario in genere, appunto, perché il suo destinatario non è affetto da patologia alcuna.

 

Indicazioni alimentari ai frequentatori di palestre o Centri Fitness

 

L’indicazione di un regime alimentare ad una persona sana è un semplice suggerimento

o consiglio ed il destinatario

dell’atto medesimo è libero di seguirlo o meno. Essa è finalizzata a mantenere” il peso forma” e ad aumentare le “performance” 

fisiche e, per tutto quanto si è prima detto, non essendo qualificabile come atto sanitario, può ben legittimamente provenire da soggetti non medici e non biologiche abbiano le necessarie competenze in materia.

Ben legittimamente, pertanto, tale indicazione potrà pervenire dai titolari di palestre o centri Fitness rivolta ai frequentatori di ogni età.

 

E difatti la scelta del regime alimentare per le persone “sane” fa parte della cultura, del modo di affrontare la vita nonché delle cognizioni e delle singole aspettative.

 

Tale opzione é quindi, diversa da individuo ad individuo. Naturalmente un regime alimentare ben calibrato può portare a chi lo pratica a risultati eccellenti nelle attività sportive nonché in generale sulla salute per la prevenzione di alcune delle malattie più invasive oncologiche e cardiache. In tal caso, però, siano completamente al di fuori del concetto di prescrizione alimentare, con finalità sanitarie, collegata alle condizioni di salute di quella persona singola, bensì una mera ìndicazione di profili nutrizionali fi nalizzati al mantenimento
del già esistente suo stato di buona salute. Indicazioni, queste, che vengono date a tutti i soggetti che versano nelle medesime condizioni di salute e che intendono frequentare la palestra o il Centro Fitness.

 

Alimentazione sicura e peso forma

 

Il riferimento è a quelle regole cd “dell’alimentazione sicura” che provengono da due organismi internazionali del calibro della FAO (Ente per l’alimentazione e l’agricoltura nel mondo) e dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Anche in tal caso siamo, quindi, ben lontani da una vera e propria prescrizione di una dieta personalizzata.

 

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Si tratta, piuttosto, di un’informazione di carattere generale, dettata dai suddetti autorevoli organismi internazionali che prescinde da ogni valutazione medica in ordine ai canoni da seguire per avere un’alimentazione corretta, fi nalizzata ad ottenere la realizzazione del cd “peso forma”.

Quest’ultimo costituisce un dato biometrico espresso come rapporto tra massa corporea ed altezza di un individuo.

 

Lacuna  legislativa

 

Il nostro legislatore che in questi ultimi tempi è molto sensibile alle tematiche sanitarie dovrebbe introdurre delle nuove regole al riguardo specificando chiaramente le competenze che debbono possedere i soggetti, privi di un titolo di studio in materia sanitaria che prescrivono o elaborano diete per persone sane.

 

Eviterà, così, che un tema di cosi grande interesse, continui ad essere regolato da due pareri ministeriali. Dovrebbe, quindi, avere la medesima sollecitudine che ha già dimostrato inserendo nella legge di stabilità 2016 nuove norme che modificano il codice penale ed il codice civile in ordine ai criteri di individuazione della responsabilità professionale del medico.

 

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Conclusioni  e richiami alla epigenetica

 

Quello delle diete e del regime alimentare è una tematica sociale di rilevante interesse ed il perdurante vuoto normativo sta determinando non poche incertezze.
Mentre per gli italiani affetti da obesità che sono circa 4 milioni, è indiscutibile che ogni competenza per intraprendere una cura dimagrante spetti al medico, non altrettanto può dirsi per i soggetti sani in sovrappeso che si aggirano sui sei milioni, o per quelli che intendono seguire un’alimentazione particolare per mantenersi in forma.

 

Questi ultimi, più numerosi, poi si aggirano sulla decina di milioni e molto spesso vengono catturati da suggestivi battage pubblicitari da parte di quasi tutti i giornali e riviste italiane ed estere che prospettano effetti mirabolanti di determinate diete.

 

Per ultimo, preme ricordare, che nel convegno nazionale di “epigenitica”, svoltosi ad Abano Terme lo scorso 22 e 23 aprile 2015, promosso ed organizzato dalla Solgar Italia Multinutrient, è stato messo in discussione il principio consolidato nel tempo secondo cui la componente genetica fosse l’unico fattore responsabile del destino di un uomo.

 

E ciò perché, per l’appunto, secondo gli ultimi studi epigenetica è risultato che è innanzitutto l’alimentazione, unitamente alle abitudini quotidiane, che può modificare l’evoluzione della nostra vita.

 

Alfonso Marra
Magistrato



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