“LE ‘DIETE’ SONO UNA SOLUZIONE A BREVE TERMINE DI UN PROBLEMA A LUNGO TERMINE
(V. Tranchese, 2015).”
Vissute come costrizione, privazione, “punizione”, sacrificio, fatica, estremo “controllo” di se stessi e sul mondo circostante, nel medio-lungo periodo divengono un fallimento.
La quasi totalità di chi si mette a dieta (qualsiasi tipologia di alimentazione…) riacquista il peso perduto, ma solitamente non la stessa COMPOSIZIONE CORPOREA. Quest’ultima peggiora anche se si ritorna al peso corporeo pre-dieta: stessi Kg ma con più grasso corporeo e meno muscolo. Tutte le “diete”, indipendentemente dal loro nome e dal loro assetto nutrizionale, tendono a funzionare nel breve per una maggiore attenzione all’introduzione di “cibi puliti” e per una minore assunzione calorica, perché sono ipocaloriche rispetto alla normale alimentazione di chi le segue. Se ne vanno quindi, con la rapida perdita di peso, acqua, muscolo e grasso… si riprenderanno i chili in grasso e/o acqua (niente muscolo, a meno che ci si alleni in modo individuale e specifico).
L’unica soluzione è instaurare un comportamento duraturo, che dia anche un senso di piacere: il cambiamento alimentare, magari in pochi aspetti fondamentali e utili, è stabile solo quando vi si associa “piacere”.
Le persone al termine “dieta” associano irrimediabilmente immagini negative, di privazione e sacrificio. Scontato aggiungere come sia utile abbinare un’attività fisica gradita e gratificante, individualizzata, non eccessiva. La pianificazione alimentare dovrà comunque comprendere cibi “che piacciono”,
conosciuti, facenti parte della propria cultura e quotidianità. Pena l’abbandono precoce di tutto quanto. Solo in questi casi (statisticamente ancora pochi) l’approccio sarà condiviso, duraturo, e porterà a risultati permanenti e fisiologici sul peso corporeo. Sono esclusi da questa riflessione coloro che, grazie ad una forte motivazione (fissazione?), conducono sempre e comunque una “vita alimentare” ipercontrollata, parallelamente ad una “vita sportiva” integerrima (vita?) e si sono creati un loro mondo, generalmente avulso dalla società e condiviso con persone dall’atteggiamento simile.
Per capirci, coloro che “postano” un pranzo normale come eccezione e che si gratificano “twittando” situazioni tipo << anche a Natale cibo sano e dieta sempre, mentre tutti si strafogano: merluzzo al vapore, un filo d’olio, insalata, tre mandorle>>
seguite dall’immancabile commento
<<no pain, no gain >> o << perché decido io come voglio essere >>.
Continuando con post su FB molto significativi: << vigilia di Natale o Capodanno, palestra chiusa, allenamento casalingo fatto, perché non si molla un c….>> o << primo giorno dell’anno, palestra deserta, mi godo l’allenamento come non mai, guerrieri sempre!>>. Chiaramente ognuno è libero di agire come meglio crede, e la libertà di azione ed opinione se non lede quella altrui è una grande cosa in un paese democratico. Ma gli aspetti tecnici e fisiologici, nonché psicologici, sono altra cosa e queste considerazioni sono per la media delle persone, quelle senza mire agonistiche specifiche (agonismo…da agonia, ndr), coloro che vogliono più salute, normali risultati realmente perseguibili, longevità.
E che vogliono del CIBO.
COS’ E’, DUNQUE, IL CIBO ? Domanda che richiederebbe la stesura di una enciclopedia per rispondere seppur sommariamente. Sicuramente una parola che al giorno d’oggi richiude molti più signifi cati rispetto al termine originario (vedi schemi, S. Zambelli, 2015).
E soprattutto: PUO’ IL CIBO GARANTIRE PIU’ ANNI ALLA VITA ? Abbiamo trasformato il CIBO nella “versione moderna” della pietra filosofale del nutrimento, nel “santo graal” dell’alimentazione, nella ricerca della fonte dell’eterna giovinezza dei giorni nostri tramite una sostanza alimentare. Vivere più a lungo e meglio attraverso il cibo, o assumendo un cibo particolare, o ricercando un accostamento e un abbinamento mirato di cibi. Vivere meglio e più a lungo: desiderio dell’uomo dalla notte dei tempi. Mangiare “perfettamente”:
desiderio spasmodico di molti frequentatori dei centri fitness e dei social network. IO MANGIO “BENE”:
non assumo questo, non mangio quello, modifico quest’altro, evito questo, integro con tutti questi… espressioni ricorrenti nelle sale fitness, sciorinate con grande (apparente) certezza.
Le risposte sono ben lungi dall’essere state trovate, l’argomento è troppo complesso e ricco di connessioni, di variabili, di eccezioni, di individualità, di “interferenze”. Sicuramente serve una CULTURA ALIMENTARE, ma non intesa come conteggio di esatte calorie nel piatto o mirabile suddivisione di macronutrienti in ogni pasto, oppure di un “timing” perfetto dell’alimentazione/ integrazione post-allenamento con la ricerca della “finestra anabolica”.
Queste elucubrazioni, per i più non significative, le lasciamo ai super-tecnici e ad altri contesti. Dicevamo CULTURA ALIMENTARE: imparare a mangiare, per il corpo e per la mente, ancor oggi per molti aspetti un dualismo senza mediazioni. La rivoluzione, in questo contesto come in altri, si fa con la cultura, e la cultura si fa con l’educazione (alimentare) (A. Segrè, “CIBO”, IL Mulino, Bologna, 2015);
(M. Pollan, “In difesa del cibo”, Milano, Adelphi, 2008).
In sintesi, per vivere a lungo e sani, invecchiando, SI DEVE MANGIARE MENO E MEGLIO.
Sembra un concetto moderno, sicuramente oggetto negli ultimi anni di studi approfonditi, ma è un’intuizione e una proposta che ha origini “antiche”, nel 1500 (R. Scortegagna (a cura di), “Vivere a lungo e bene. Dalla vita sobria di Alvise Cornaro ai giorni nostri”, Venezia, Marsilio 2004).
Alvise Cornaro nel suo trattato della prima metà del ‘500 riportava: <<La vita ch’io vivo (sia) vita viva e non morta, la ricetta: temperanza, moderazione, dieta sobria>> ponendosi così come capostipite dell’anti-aging, invecchiare bene mangiando poco.
Serve dunque un cibo migliore per gusto e qualità, da ogni punto di vista:
• Nutrizionale
• Funzionale
• Sensoriale
• Igienico-sanitario
• Etico sociale
Introducendo un livello energetico leggermente inferiore rispetto al proprio fabbisogno giornaliero complessivo, con alimenti meglio distribuiti nell’arco della giornata e
in funzione del proprio stile di vita.
Tra l’altro quando il cibo è di qualità superiore (e questa qualità va oggi ricercata con un po’ di impegno, di attenzione alla stagionalità e alla territorialità) si mangia di meno: perché lo si gusta di più (?), perché costa più caro (?), perché le porzioni sono più piccole (?),
Cos’è il cibo oggi: uno schema semplificativo (S.Zambelli, 2015) |
oppure per la combinazione di tutti questi aspetti (? ) (A. Segrè, “CIBO”, IL Mulino, Bologna, 2015). Come già anticipato il cibo ha assunto nel tempo tanti significati, che vanno ben oltre quello di ALIMENTO / NUTRIMENTO, ed anche se rimane un bisogno primario, questi significati toccano aspetti profondi e intimi: culturali, conviviali, etico-sociali, quotidiani, salutistici, universali, economici, commerciali, emozionali, problematici. E per affrontare tutto questo serve, lo ribadiamo, cultura alimentare. Un fattore fondamentale per la LONGEVITA’ è sicuramente l’esercizio fisico: non strenuo ed eccessivo, ma dosato, individualizzato e programmato, suddiviso tra anaerobico (mantenimento/incremento della massa muscolare e della densità minerale ossea) ed aerobico (mantenimento/incremento dell’efficienza cardio-respiratoria e mitocondriale); soprattutto quello che previene l’accumulo di grasso viscerale (addominale profondo), come per esempio l’HIIT.
Purtroppo l’assurdo assunto “se fare 2 fa bene fare 4 è ancora meglio” è ancora diffuso così come svolgere tutti gli allenamenti in palestra fino allo sfinimento oppure condurli sempre al massimo delle proprie capacità (complice anche la diffusione di molte “discipline” di gruppo così impostate e proposte ai più): niente di più sbagliato, con conferma di autorevoli ricerche (Mayo Clinic, 2015).
Ancora più efficace in termini di aumento dell’ ASPETTATIVA DI VITA è la dieta ipocalorica bilanciata (Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism in G.N. Bisciotti, “L’invecchiamento”, Calzetti e Mariucci, 2012). Una moderata restrizione calorica, in un quadro fisiologico, diminuisce i valori dell’ormone tiroideo T3 che controlla il metabolismo cellulare e diminuisce soprattutto i valori del Tumor Necrosis Factor (TNF, potente molecola infiammatoria).
Questa sinergia di effetti sembra rallentare i processi di AGING, con una maggiore aspettativa di vita (Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism in G.N. Bisciotti, “L’invecchiamento”, Calzetti e Mariucci, 2012). Nel soggetto anziano abbinando alla restrizione calorica una interazione amminoacidica (tutti gli amminoacidi essenziali con una “maggiorazione” dei “ramificati” in particolare della Leucina) l’efficacia sulla biogenesi mitocondriale, sulla produzione di Ossido Nitrico (NO endogeno, là dove serve) e sulla longevity sembrano ottimizzarsi (D’antona, Nisoli, Interdiscip Top Gerontol, 2010).
Ricordiamo che, al di là di speculazioni e forzature commerciali, solo un apporto generale e completo di amminoacidi può garantire una disponibilità di Arginina e Ossido d’Azoto (NO, Ossido Nitrico) dove realmente serve, ovvero nell’endotelio dei piccoli vasi e nelle piastrine; molti amminoacidi in un “flusso” costante significa, tra gli altri vantaggi, anche una corretta distribuzione di liquidi intra ed extra-cellulari.
(F.S. Dioguardi, 2008).
Negli anziani è noto da anni che la disponibilità di aminoacidi essenziali è un fattore critico per la sintesi proteica (Rennie et al. 1982; Biolo et al. 1997), così come l’attuale RDA per l’assunzione proteica non sia adeguata per gli stessi e vada “incrementata” (Evans, 2004). La sintesi
Il “terrore alimentare” al giorno d’oggi (S.Zambelli, 2015)
proteica nel soggetto che invecchia è resistente all’azione anabolica insulino-dipendente e questa resistenza è indipendente dalla tolleranza al glucosio (Fujita e Volpi, 2006; Guillet et al., FASEB 2006). Circa il 99% degli aminoacidi del corpo sono incorporati nelle strutture proteiche e il rimanente 1% è “riserva libera” (pool amminoacidico) negli spazi intra ed extracellulari e nel plasma: le ricerche suggeriscono che la sintesi delle proteine muscolari è regolata dai livelli di amminoacidi ESSENZIALI nel plasma, piuttosto che dai livelli di amminoacidi intramuscolari (Bohe e coll., 2003).
Gli studi e le ripercussioni pratiche sono tutt’altro che conclusivi: infatti RESTRIZIONE CALORICA e INTEGRAZIONE AMMINOACIDICA COMPLETA (tanti, buoni, spesso) hanno effetti opposti sulle sintesi proteiche! La RESTRIZIONE CALORICA inibisce mTOR e la sintesi proteica (inibisce l’asse GH-IGF-1), mentre l’INTEGRAZIONE AMMINOACIDICA stimola mTOR e la sintesi.
Anche se non tutti i complessi studi sull’argomento riportano risultati univoci e concordanti.
La differenza potrebbe essere (è?) ancora una volta lo svolgimento o meno di opportuna attività fisica (Marino G. et al., Proc Natl Acad Sci USA, 2010);(Niedernhofer LJ et al., Nature, 2010).
Non dimentichiamo che la prima causa di mortalità al mondo rimane l’INATTIVITA’ FISICA che porta al 6% di morte per malattie coronariche, 7% del diabete di tipo II e 9% delle morti premature (più di 5 milioni di decessi nel 2008) (Lee IM et al., Lancet 2012; Katzmarzyk PT, Obes Rev, 2003). Altri studi pro-longevità identificano nell’attivazione del segnale INSULINA /IGF-1 l’aspetto cardine, con riduzione del danno ossidativo da iperglicemia e produzione di sostanze utili alla “riparazione” de DNA (LiuJ.P. et al., Cell 1993; Murphy C.T. et al., Nature 2003; Yang S. et al., Am J Physiol Renal Ohysiol 2005). I dati finora disponibili non chiariscono assolutamente il ruolo e le relazioni di IGF-1 e di sostanze simili con la longevità umana. Restano molti dubbi: amico o nemico? Le modificazioni di IGF-1 durante l’invecchiamento sono multi-sistemiche e si correlano con altri assi ormonali, quindi assai complesse da “isolare” e definire. Meglio porre attenzione alla “Disregolazione Ormonale multipla” e considerare eventualmente la “Sincrinologia ormonale” e i deficit anabolici relativi in particolar modo nel soggetto che invecchia (Maggio M., Lauretani F., Ceda GP et al., Arch Intern Med 2007); (Valenti G., Univ. Di parma, Acta Biomed 2010).
Un punto è chiaro: i muscoli “invecchiati” non riescono a rispondere agli “stimoli anabolici” classici come dieta + esercizio, ma resta comunque consigliabile massimizzare la massa muscolare e le scorte di proteine corporee attraverso adeguato supporto nutrizionale e una “aggressiva” quanto individualizzata terapia fisica (Volpi E e coll., JAMA 2001; Nicolas A. Burd et al., Exerc Sport Sci Rev, 2013). L’azione di intervento fondamentale rimane un adeguato programma di esercizio contro resistenza. E allora sotto con i pesi! Allenamento di Forza/Ipertrofia, sapientemente modulato sulle capacità bio-motorie esistenti o residue,
coadiuvato da un training di supporto estremamente individualizzato (mobilità, flessibilità, allenamento aerobico intervallato, propriocettiva e stabilità, ecc.),
accompagnato da una alimentazione migliore in qualità e meglio distribuita nelle 24 h soprattutto come carico glicemico, apporto idrico, contenuto di fibre, bilanciamento tra mondo vegetale e mondo animale, individualizzata sui bisogni personali reali e leggermente ipocalorica, supplementata se realmente serve. Con cultura, senza dimenticare soddisfazione ed emozione.
Stefano Zambelli – MFS M.Sc.
Direttore Tecnico ISSA Europe