Libertà di Insegnare

L’ISTRUZIONE E’ UN DOVERE E UN DIRITTO PER TUTTI: UN RAPPORTO ETICO-SOCIALE CON LA SOCIETA’ GARANTITO DALLA LIBERA SCELTA E DALLA LIBERA CONDIVISIONE DI VALORI.

 

L’articolo 33 della Costituzione Italiana recita: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

 

1. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

 

2. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

 

3. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

 

4. E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

 

5.».Per quanto riguarda il punto 1. la libertà dell’arte e della scienza è un approfondimento della generale libertà di pensiero di cui all’art. 21 della Costituzione. Quest’ultimo ci interessa nelle prime righe, dato che la seconda parte è legata ai possibili interventi dell’autorità giudiziaria per ovvie violazioni di legge; anch’esso recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Tutto ciò implica che ciascuno può esprimere le proprie idee secondo la propria scelta ed ispirazione, senza che lo Stato possa imporre indirizzi di manifestazione. Le “veline” di stato sono una caratteristica di tutte le dittature e i regimi autoritari.

 

La libertà d’insegnamento significa possibilità per il docente di scegliere il mezzo con cui manifestare il proprio pensiero, le teorie che intende professare e, soprattutto, la metodologia di insegnamento. Rispetto a ciò va ricordato che esistono due limiti: il primo, di carattere generale, che consiste nel rispetto della libertà di opinione dei singoli allievi; il secondo, che si impone solo agli insegnati di religione. Evidentemente quest’ultimo aspetto non coinvolge la scuola ISSA Europe.

 

A livello comunitario, la libertà in esame è disciplinata dall’art. 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, secondo il quale “Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata”. La formulazione di questa norma è più corretta in quanto non sono “l’arte e la scienza” che devono essere proclamate, essendolo per definizione, bensì “le arti e la ricerca scientifica”, che sono suscettibili di essere strumentalizzate.

 

Per quanto riguarda il punto 2. lo Stato indica i parametri comuni di fruizione dello studio su tutto il territorio nonchè i caratteri di programmi e gestione comuni al sistema scolastico nazionale per specifici ordini e gradi, mentre i singoli istituti educativi organizzano la gestione locale del sistema scolastico, in particolare definendo il piano dell’offerta formativa. Ciò è possibile in quanto essi hanno autonomia organizzativa, finanziaria e didattica ai sensi dell’art. 21 della legge n. 59 del 15 marzo 1997 e del D.P.R. n. 275 del 8 marzo 1999.

 

Il punto 3. appare particolarmente significativo perché la prima parte di questo comma introduce la cosiddetta libertà della scuola, in base alla quale, al fine di realizzare un pluralismo educativo, l’insegnamento non è prerogativa dello Stato, cioè lo Stato non ne ha il monopolio, potendo i privati creare istituti educativi anche ideologicamente orientati (dal punto di vista educativo, religioso o culturale). E’ evidente che in questo caso si pone un potenziale conflitto con la libertà di insegnamento di cui al comma 1, cioè con la libertà dei docenti di scegliere il metodo di insegnamento e le teorie da professare. In tal caso la Corte Costituzionale ha stabilito che il docente è libero di accettare l’incarico ideologicamente orientato e di recedere quando non ritiene più di aderire a queste convinzioni, atteso che non può essergli imposto un pensiero che non condivide. La libertà della scuola è garantita anche dall’art. 14 comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

 

Una puntualizzazione va fatta per il punto 4.: la legge n. 62 del 10 marzo 2000 delinea i requisiti che le scuole private devono possedere per ottenere la parità. In particolare, il principio ispiratore è quello per cui, ferma restando la libertà di assumere una tendenza ideologica precisa, queste scuole non possono adottare programmi che si pongano in contrasto con i principi di libertà garantiti dalla Costituzione.

 

Per ultimo il punto 5. ci dice che anche per le università ed accademie la Costituzione stabilisce che devono garantire pluralismo ideologico e di insegnamento e che, a tal fine, devono dotarsi di autonomia.

La ratio della legge intende definire che la formazione culturale dei singoli è essenziale quale garanzia di un ordinamento democratico:
pertanto, l’ordinamento si pone come proprio scopo quello di garantire e favorire questa formazione.
Come si può dedurre il principio fondamentale, che ispira tutta la disciplina costituzionale dell’istruzione è quello della libertà d’insegnamento.

 

La Costituzione mostra di considerare essenziale per la democrazia il pluralismo ideologico.

 

La libertà d’insegnamento si collega, pertanto, alla libertà di manifestare il proprio pensiero, alla libertà di professare qualunque tesi o teoria venga ritenuta degna di accettazione, alla libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia più opportuno adottare.

 

Ogni testo di legge e, a maggior ragione, il testo di una disposizione inserita in una costituzione “rigida”, qual è quella italiana, va interpretato anzitutto per quel che dice, e in modo che quel che dice abbia un significato e non si risolva in un’interpretazione esattamente contrastante con le espressioni usate nel testo stesso.

 

Il che significa che esistono dei limiti oltre i quali si violano le leggi e che la “libertà” non consente di professare idee e concetti in contrasto con altrettante regole o discipline o inducano comportamenti pericolosi per sé e gli altri.
Tuttavia, l’istruzione non è materia riservata esclusivamente allo Stato, dal momento che la Costituzione garantisce il pluralismo nel sistema educativo stesso, prevedendo la contemporanea esistenza di due tipi di scuole: statali, non statali, e non solo, com’è evidente dall’articolo 30 anche l’istruzione famigliare è considerata una modalità di adempimento scolastico.

L’articolo 30 recita infatti: «E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». In Italia, l’istituto dell’istruzione familiare fa parte della storia dell’educazione, e si può trovarne le tracce quasi 140 anni fa nella Legge Coppino, la n. 3961 del 15 luglio del 1877 ( Art. 1. I fanciulli e le fanciulle che abbiano compiuta l’età di sei anni, e ai quali i genitori o quelli che ne tengono il luogo non procaccino la necessaria istruzione, o per mezzo di scuole private ai termini degli articoli 355 e 356 della legge 13 novembre 1859, o con l’insegnamento in famiglia, dovranno essere inviati alla scuola elementare del comune).

 

Accanto alla libertà d’insegnamento si colloca, quindi, la libertà della scuola, cioè la libertà dei privati di istituire scuole caratterizzate da peculiari orientamenti educativi, culturali e religiosi.
Questa modesta disamina nel campo del diritto costituzionale ci porta alla funzione didattica di ISSA Europe e di altre simili scuole o istituti che ben esercitano la loro funzione nei limiti precisi della legge. Ciò comporta anche la libertà consapevole della scelta dei programmi e delle materie di insegnamento nel rispetto delle dinamiche del mercato, delle linee guida internazionali e dei fondamenti scientifici degli argomenti stessi.

 

Nel caso fosse chiesto allo Stato una parificazione come struttura pubblica allora si dovrebbe sottostare, tra le altre, alla già citata legge n. 62 del 10 marzo 2000 sulla parità scolastica: si ottiene la stessa purché si sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge, si corrisponda agli ordinamenti generali dell’istruzione e si accolga chiunque richieda di iscriversi, compresi alunni portatori di handicap. Le scuole paritarie godono di piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico, fermo restando, ripetiamolo ancora, che l’insegnamento dei docenti dev’essere improntato ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione.

 

Tutto ciò è applicabile anche al corso didattico di ISSA Europe, associazione privata che non deve rispondere al pubblico non avendo parificazioni o altri oneri che non siano quelli delle corrette registrazioni di legge. Nell’ampio programma di studio ci soffermiamo su un argomento che attualmente spopola sui media e sui social: l’alimentazione.

 

Partendo dal concetto acclarato che la stessa, insieme ad altre funzioni, in un individuo sano è un atto fisiologico e non un atto medico, resta evidente che gli insegnamenti sui processi biochimici che stanno alla base della nostra vita, il calcolo del metabolismo basale e di quello con attività fisica, il calcolo della composizione corporea, l’alimentazione dedicata al sedentario piuttosto che allo sportivo fanno parte del bagaglio di notizie che gli allievi imparano.

 

 

Tanto più che questo bagaglio nasce da testi e letteratura scientifica ampiamente utilizzati nelle scuole superiori e in quelle universitarie. Il concetto insomma è quello di fornire allo studente un percorso formativo che si fonda su solide basi scientifiche, ne approfondisce i termini, non crea nulla di nuovo se non lo spirito di osservazione e di ricerca che l’argomento può far scaturire. È normale, ad esempio, parlare di dieta mediterranea, ma qui sorge il problema: la parola dieta. Il termine è assolutamente generico e sostanzialmente indica un modo di alimentarsi; purtroppo coincide anche con la terminologia che indica un percorso alimentare stilato da un medico o altra figura sanitaria autorizzata, di solito per dimagrire.

 

Non essendoci una normativa chiara, ci dobbiamo affidare alla giurisprudenza che, come ben si sa, dipende dall’interpretazione del giudice che, come siamo ormai abituati a leggere, spesso risolve con sentenze contrastanti un medesimo problema.
Per dirla in celia, siamo ostaggi dei disturbi digestivi giuridici che in ogni caso hanno impatto sul nostro agire. Questa precisazione evidentemente non si applica al percorso didattico per i motivi sovra esposti, ma verso coloro che poi su campo praticano la professione di Personal Trainer.

 

Ci si chiede infatti (Corriere della Sera, sabato 31 marzo 2018, pag. 35) come sia possibile seguire una dieta inviata via internet al motto di “da oggi, insomma, niente più scuse sulla dieta, quella a domicilio è arrivata anche in Italia”. È possibile infatti, compilare una scheda che contiene informazioni sull’età, peso, altezza, stile di vita, tipo di alimentazione, intolleranze o patologie, abitudini e preferenze ed infine il proprio obiettivo: perdita o aumento di peso, disintossicarsi, ecc… (sic!). Alla fine viene indicato il fabbisogno calorico quotidiano e proposto un percorso alimentare specifico.

 

Ci fermiamo qui perché sarebbe opportuno che tutti leggessero l’articolo completo e ne traessero le loro impressioni.
Noi come “addetti ai lavori” di ISSA Europe riteniamo che da una parte ci sia una tendenza dei Personal Trainer a sconfinare in campi non propri, dando spesso più spazio ai programmi alimentari che al training fisico, e dall’altra una vasta serie di personaggi (medici, dietologi, nutrizionisti, biologi, magistrati) che tirano a proprio vantaggio la giacca del cliente, dimenticando che la prima dieta che ognuno di noi subisce è quella delle poppate al seno della nostra mamma, che sicuramente in quell’amorevole atto tutt’altro che momenti medici pensa di eseguire.

 

 

Ci sentiamo comunque, al termine di queste riflessioni, di dare qualche suggerimento a coloro che esercitano la professione di Personal Trainer e quindi devono essere in grado di conoscere le tabelle nutrizionali presentate dalle varie società scientifiche, devono essere in grado di testare un cliente per poter impostare un allenamento efficace, sapendo bene che in questo allenamento l’alimentazione, seguendo ad esempio le indicazioni dell’OMS, ha un suo rilievo importante e fa parte dell’educazione generale di ognuno di noi.

 

Però si evitino di scrivere su schede personalizzate il termine “dieta”, si eliminino programmi auto-composti, si adoperino piuttosto termini come “riequilibrio della composizione corporea”, “aumento della massa muscolare”, “consigli sullo stile di vita”, facendo sempre riferimento a tabelle nutrizionali reperibili in letteratura e riferite ad un soggetto tipo. Siamo convinti che con un pizzico (obbligato) di furbizia all’italiana e con serietà scientifica si possa faticosamente procedere in un campo dove, come dicono qui al nord, “chi vüsa pusé la vaca l’è sua”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a cura di Silvano Busin – Direttore Scientifico ISSA Europe

 

 

 

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