Riforma dello sport quali obblighi giuridici per i personal trainer?

Riforma dello sport quali obblighi giuridici per i personal trainer?

Con la recente Riforma dello sport aumentano le responsabilità dei titolari di palestra, degli istruttori e dei personal trainer. La Riforma dello Sport segna una svolta storica a livello politico, in quanto con essa finalmente si riconosce la grande importanza dell’attività fisica. Una spinta determinante l’ha data l’avvenuta approvazione nella passata legislatura del progetto di legge costituzionale “del diritto all’attività fisica”. In tal modo lo stesso viene elevato al rango di diritto fondamentale di ogni cittadino al pari di quello alla tutela della salute previsto dall’art. 32 della Carta.

La suddetta riforma dello sport è avvenuta con la legge n. 86 del 2019. A essa ha poi fatto seguito la legge n. 36 del 2021, sulla gestione dei centri sportivi. Con entrambe, si introducono imposizioni per gli istruttori e per tutti gli altri operatori, ivi compresi i titolari di tali strutture, che comportano un aumento dei loro compiti con conseguenti nuove responsabilità, In pratica, la Riforma dello Sport implica nuovi obblighi giuridici in aggiunta a quelli già previsti a carico dei personal trainer sia in sede civile che penale.

 

Personal trainer e istruttori: ecco cosa devono fare secondo la Riforma dello Sport

Per esaminare compiutamente la nuova situazione che si è determinata dopo queste nuove leggi, bisogna partire dall’art. 2 del Decreto Legislativo n. 36 del 2021. La norma ridefinisce lo sport come “ogni forma di attività fisica fondata sul rispetto delle regole, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata che ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica dell’individuo, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli“. La lettera della norma è chiara e non può dare adito a equivoci interpretativi.

Allorquando la legge parla di “rispetto delle regole” indica a tutti gli operatori sportivi quale sia la strada da seguire per poter adempiere “correttamente” la loro prestazione professionale a favore degli allievi, con la prevista “competenza specifica“. Quest’ultima è data dal possesso di tutti i titoli abilitativi. Non solo. È determinata anche dalle “ottime capacità” di svolgere nel modo migliore i loro compiti.

 

Quali sono questi titoli abilitativi?

Sono tutti quelli elencati dall’art. 42 della legge n. 36 del 2021 e modifiche dell’articolo in data 2/11/2022. I corsi di attività motoria e sportiva offerti all’interno di palestre, centri e impianti sportivi di ogni tipo, a fronte del pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo, anche sotto forma di quote di adesione, devono essere svolti con il coordinamento di un chinesiologo o di un istruttore di specifica disciplina, in possesso di un’equipollente abilitazione professionale di cui nominativi deve essere data adeguata pubblicità.

L’istruttore di specifica disciplina deve essere in possesso dei requisiti abilitanti previsti per le singole attività motorie e sportive dalle relative Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate o dagli Enti di Promozione Sportiva anche paralimpici riconosciuti dal CONI e dal CIP. La suddetta norma non è solo innovativa ma, per certi versi, anche rivoluzionaria.

Essa, infatti ha equiparato gli istruttori ai laureati. Orbene, per le prime due qualifiche professionali una “competenza specifica” è data per scontata, in ragione del possesso del titolo professionale. Del tutto diversa è la posizione dell’istruttore, prescelto dal gestore della palestra o del centro fitness solo perché in possesso della “specifica competenza”. Ciò comporta l’insorgenza, a carico dei titolari di tali centri sportivi, di un vero e proprio obbligo giuridico di valutare con la massima attenzione se il suddetto istruttore, per la sua pregressa esperienza lavorativa presso strutture similari, abbia acquisito la necessaria “competenza specifica”.

Ovviamente, giocherebbe a tali fini a suo vantaggio un attestato rilasciato da istituti privati di provata serietà. Questo renderebbe evidente l’avvenuta frequenza di un corso pertinente con profitto, come elemento indicativo di aver acquisito la competenza necessaria.

 

Infortuni agli allievi, le responsabilità penali di personal trainer o di un istruttore

Il rapporto che si instaura tra un istruttore (o personal trainer) e un allievo frequentatore si colloca, dal punto di vista giuridico, in un contratto “atipico”. Si tratta, cioè, di un contratto non regolato espressamente dalla legge, che si avvicina molto a quello previsto dall’art. 2222 CC qualificato “contratto di opera”. A esso bisogna far riferimento per individuare le regole. Si conclude con l’assunzione, da parte del prestatore d’opera (nel nostro caso l’istruttore o il titolare del centro sportivo), dell’obbligo di svolgere correttamente “secondo le regole, la sua prestazione” dopo aver istruito l’allievo sulle modalità di svolgere gli esercizi in piena sicurezza.

Sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione, con una decisione del novembre 2018, con la quale ha fatto delle importanti puntualizzazioni, che vanno anche a favore degli istruttori. Esse affermano che “il rapporto giuridico fra allievo e istruttore sorge in virtù di un cd ‘contatto sociale’ e di un tacito impegno in virtù del quale l’allievo, in caso di infortunio, deve esclusivamente provare che l’evento lesivo si è verificato nel corso dell’attività sportiva o di un esercizio consigliato dall’istruttore, mentre quest’ultimo per potersi liberare da ogni responsabilità deve dimostrare di aver operato correttamente ‘secondo le regole’ e che l’evento è stato determinato da una causa a lui ed al centro sportivo non imputabile“.

Sancisce ancora la Cassazione che “se, poi, risulta che al verificarsi dell’evento abbia concorso anche l’allievo per non essersi attenuto del tutto alle indicazioni dell’istruttore, la richiesta di danni da lui avanzata per l’evento lesivo vada adeguatamente ridotta“. In tal senso si è anche pronunciato il Tribunale Civile di Pisa, Sez. 1, con la sentenza del 24/02/2021.

 

Profili di responsabilità penali

L’infortunio subito dall’allievo può comportare anche una responsabilità penale per colpa, per il reato di lesioni colpose punito dall’art. 590 CP, a querela del danneggiato. Esso sussiste quando l’infortunio sia stato determinato dalla condotta colposa dell’istruttore improntata a imprudenza, imperizia o negligenza. Quest’ultima si concreta in omissioni che rappresentano una violazione di un obbligo giuridico, che impone il compimento di determinati “atti dovuti”. Tali comportamenti sono illegittimi e come tali penalmente rilevanti a norma dell’art. 40, comma 2, del CP, in base al quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo”.

A titolo esemplificativo, si rende colpevole di ciò l’istruttore che abbia colpevolmente omesso ogni valutazione dello stato fisico di un allievo per individuare se gli esercizi da lui preferiti siano confacenti al suo stato fisico, e poi, nel corso di essi, l’allievo rimanga infortunato. Al riguardo la Cassazione, in modo costante, ha puntualizzato che “nel reato omissivo l’accertamento del nesso di causalità fra comportamento omesso ed evento sussiste quando, in base ad un giudizio logico, si debba ritenere che, venendo effettuata l’azione doverosa invece omessa, si possa dedurre con elevato grado di credibilità logica che l’evento lesivo non si sarebbe verificato“.

 

 

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