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XVIII CONVENTION ISSA Europe 2016

“Anche questa è fatta! Sicuramente se lo sarà detto il nostro Presidente Adriano Borelli davanti ad un calice di bollicine, al termine della XVIII Convention di Bellaria conclusasi ancora una volta in modo soddisfacente.

 

Durante il suo discorso di apertura era stata enfatizzata la necessità che la certificazione non rimanesse l’unico episodio di formazione professionale da parte dello studente, ma via via fosse seguita da una parte attraverso l’upgrade della certificazione stessa e dall’altra dalla formazione continua tramite gli stage di approfondimento e di affinamento sui più disparati argomenti.

 

Esercitare la funzione di Personal Trainer non è soltanto un elemento di crescita economica, che in questi momenti così difficili risulta essere un caposaldo fondamentale, ma la partecipazione al mantenimento del benessere di fasce di clienti sempre più ampie e sempre più differenziate in decadi di età.

La sfida è quella di consentire anche al senior di avvicinarsi all’attività fisica confortato da un professionista che, tenendo conto delle necessità specifiche del Convention soggetto, condivida un percorso finalizzato a quel bene prezioso che è la salute.

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Quello che è emerso dalla prolusione del Presidente Borelli è ancora una volta la sua capacità di acquisire le necessità del mercato e affrontarle con la didattica e la pratica appropriate, in modo di rispondere adeguatamente alle esigenze stesse, in un percorso trasparente ed esente da vane promesse.

 

 

Camminare quindi con i piedi ben piantati per terra: tutto ciò ha consentito a ISSA Europe, da Lui egregiamente diretta, una crescita continua sia in termini di numero di iscritti che di qualità dell’insegnamento.

Pur tuttavia egli ha ampiamente riconosciuto, espressione di grande onestà intellettuale, di essersi circondato di validi collaboratori su cui poter contare e specialmente di essere supportato da una complessa struttura di segreteria, diretta da Barbara Arianna e Claudia (le sue inseparabili figlie), che ha puntigliosamente gestito le dinamiche congressuali, ma specialmente la parte più importante, ovvero l’organizzazione amministrativa dell’anno accademico 2015-2016, che in questa occasione ha raggiunto la quota di mille iscritti.

 

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Da ricordare inoltre la novità di quest’anno nel Palacongressi di Bellaria: la presenza di una parallela presentazione multimediale che tramite suoni ed immagini ha accompagnato le varie presentazioni durante tutto l’arco della Convention, proponendo filmati dell’attività di ISSA Europe, riempiendo gli “spazi morti” tra le relazioni, facendo una specie di collante esplicativo sulla dinamicità dell’Associazione. Il tutto gestito dalla società Apotema Group.

 

Al termine della sua presentazione il Presidente Borelli, che aveva nei mesi precedenti presentato la proposta alla Direzione Scientifica, ottenendone il completo assenso, ha conferito ad Antonio Parolisi e Francesco Malatesta la certificazione di Master in Fitness Science per la loro fattiva opera di insegnamento, per la qualità dello stesso e per la capacità di attrarre l’interesse dei partecipanti agli stage specifici da loro diretti, dando lustro in questo modo sia alla loro figura di docenti sia all’organizzazione ISSA Europe.

 

 

Gli stessi Parolisi e Malatesta hanno presentato una relazione nella quale hanno affrontato il problema del decadimento fisico, spesso non accompagnato da decadimento mentale. Provocatoriamente cosa significa?

Che la nostra società ha aumentato in modo esponenziale le possibilità di far svolgere alle macchine moltissimi lavori, ha reso più veloci e presenti i mezzi di trasporto, ha contribuito a creare strumenti di lavoro sempre più statici e passivi, che di fatto limitano l’attività fisica stessa.

 

 

Essi l’hanno definita “apatia cinetica” e hanno individuato come il movimento non sia fine a se stesso, ma sia l’espressione tra l’elemento superiore – il sistema nervoso centrale e periferico – e il sistema inferiore – ossa, muscoli, tendini e vari recettori. Il nostro cervello è in continua elaborazione tra strategia e tattica nell’esecuzione del movimento, elaborando in tempi rapidissimi tutti quegli aggiustamenti funzionali utili a rendere il gesto efficiente ed efficace.

 

Ecco quindi la necessità di un functional training applicato specialmente alla persona anziana, dove evidentemente avvengono dei cambiamenti fisiologici legati al naturale decadimento delle strutture, tra cui la prevalenza dei fenomeni fibroso-connettivali a carico dell’elasticità del sistema. Ecco che il training funzionale è inteso come un recupero di quelle che sono le ADL per consentire al senior di riacquisire quella autonomia che molte volte in parte è andata perduta. L’allenamento è personalizzato, risponde ai criteri scientifici dei test eseguiti, tiene conto ovviamente dell’età del soggetto e si esegue con esercizi volti a strutturare bassi carichi e bassa intensità, movimenti lenti e controllati, con il più alto range articolare possibile.

 

La perfezione del gesto consente al senior di riacquisire autostima e sicurezza, e quindi lo riavvicina al concetto di piena efficienza. Da qui può poi partire l’aumento dell’intensità e del sovraccarico funzionale, che sono fondamentali per combattere la sarcopenia e aumentare la stabilità posturale, contrastando il pericoloso fenomeno delle cadute. convention_pag-15-01

 

I due relatori hanno quindi ribadito quanto sia necessario monitorare, durante la seduta di allenamento, i parametri vitali del soggetto e come questo tipo di approccio funzionale assume poi alla fine il significato di migliorare la qualità della vita, insomma essere più performanti. Il che significa minor comparsa di patologie, contenimento di alcune di esse e spesso minor consumo di farmaci. Questo lavoro è basato sul continuo feedback con il cliente e con la possibilità di modificare il percorso individuando eventuali necessità che dovessero insorgere.

Sul problema dell’invecchiamento si sono interessati Silvano Busin, Direttore Scientifico ISSA Europe, e Arnaldo Andreoli, Primario di Riabilitazione di Milano, con due relazioni focalizzate sulle trasformazioni organiche nelle varie decadi di vita.

 

Andreoli ha svolto la sua brillante conversazione seguendo passo passo le modifiche fisiologiche dell’apparato respiratorio, partendo dai bambini sino all’età avanzata e rilevando come ci sia sempre la necessità di allenare anche questo apparato con delle limitazioni però insuperabili legate all’invecchiamento dell’apparato stesso.

 

Via via che si avanza con l’età, infatti, il volume residuo, cioè quella quantità di aria che rimane dentro il polmone al termine di una respirazione forzata e che di fatto impedisce agli alveoli di collassare, aumenta proporzionalmente e irreversibilmente.
Tutto ciò comporta una minore fisiologica risposta respiratoria allo stress, stante che l’aumento del volume residuo diminuisce di fatto la quantità complessiva di aria scambiata e di conseguenza porta ad una più cattiva ossigenazione capillare.

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Il che significa che in un soggetto anziano vi è la necessità di effettuare un numero di atti respiratori più elevato e, andando avanti, addirittura doppio di quello che un soggetto giovane che svolgesse lo stesso tipo di esercizio. Di questo problema ovviamente bisogna tenere conto nella stesura della scheda di allenamento e quindi il rilievo del parametro vitale della frequenza respiratoria diventa importante come la frequenza cardiaca. Il relatore ha poi esposto un ampio corredo di slide che individuavano i vari grafici relativi alla funzione respiratoria e le metodologie dei test di funzionalità: interessante l’aspetto che l’impegno con gli arti superiori spesso è meno incisivo rispetto agli stessi carichi condotti con gli arti inferiori. Il che dispone per una precisa sequenza di set e serie che tengano conto di questo elemento.

 

Busin ha effettuato un escursus piuttosto ampio sulle varie teorie dell’invecchiamento e sulle modifiche a carico dei vari organi ed apparati con l’avanzare dell’età. È emerso in modo inequivocabile come nei senior “sani” le varie funzioni, specie a carico dell’apparato digestivo in termini di assorbimento e utilizzazione dei substrati, non hanno grosse variazioni. In generale si può dire che vi è un rallentamento di tutte le funzioni, legato al concetto biologico di invecchiamento tissutale. Evidentemente, tanto più si è resilienti, tanto maggiore è stato il corretto stile di vita condotto sin da giovani.
Confermate le varie ipotesi di invecchiamento legate alle alterazioni del DNA, alle telomerasi e similia, si è aggiunto anche il concetto moderno di invecchiamento legato allo stato sociale del soggetto: l’abbandono, la solitudine, l’emarginazione, la povertà sono, per molti autori, cause fondamentali di invecchiamento precoce perché vengono ad incidere pesantemente sulla vita sociale e quindi sul benessere fisico del soggetto.

 

D’altro canto, come tutti ben sanno, la definizione dell’OMS di salute è la presenza di benessere fisico, psichico, sociale ed economico. Le tristi vicende che avvengono nel bacino del Mediterraneo ben evidenziano questo tipo di approccio che struttura la vecchiaia nell’ampio capitolo dei problemi socio-economici.convention_pag-16
“Esigenze”, dunque, e di queste ne ha parlato Alice Curzi, psicologa, che ha rilevato come la comprensione dei bisogni reali del cliente è da sempre la chiave del successo aziendale. Tutto questo è particolarmente vero in un’epoca in cui appunto il cliente è diventato un consumatore molto consapevole grazie a tutti quegli strumenti tecnologici che gli consentono di accedere autonomamente
e velocemente ad un ampio ventaglio di offerte. Dato che molte di queste sono personalizzate, diventa prioritario per le aziende l’obiettivo di differenziarsi, cioè dare all’utente l’unico elemento
che autonomamente non è in grado di reperire: una relazione significativa con il prodotto/servizio che necessariamente è connaturata con le persone che rappresentano il servizio stesso.

 

È ovvio che quando si parla di competenza professionale nel settore del benessere e della salute, questo elemento assume maggiore rilievo. Il percorso del Personal Trainer è complesso perché si tratta di costruire un rapporto di fiducia attraverso la capacità di ascolto e di comunicazione sincera, la creazione di una empatia facilitante il lavoro, attenzione alle esigenze del cliente, senza mai assecondare gli eventuali “capricci”.

L’obiettivo finale non è semplicemente quello di dare un servizio, per quanto ottimo, ma di dare ogni volta una vera e propria “esperienza”, che deriva appunto dalla specificità del rapporto Personal Trainer/Cliente.

 

Entrambi i soggetti, il prestatore d’opera e chi ne usufruisce, vengono quindi a condividere un tempo tecnico che si arricchisce di tutti quegli elementi accennati sopra e quindi può essere ben definito come “esclusivo”. Questo tipo di soddisfazione si traduce in una risposta fortemente positiva e, alla fine, nella fidelizzazione del cliente, elemento essenziale nella dinamica lavorativa del professionista del fitness. E di dinamiche lavorative ne ha parlato con la consueta capacità Alfonso Marra, magistrato già Presidente del Tribunale di Milano, che ha esposto alcuni concetti cardine derivanti dal dettato costituzionale.

 

La Costituzione Italiana rende libero l’insegnamento sotto ogni forma e la fruizione dello stesso caratterizza la capacità di ogni soggetto di poter offrire le proprie conoscenze ad un altro da sé che, potendone trarre beneficio, accede a queste conoscenze secondo metodi previsti dalle normative, ma che hanno alla base la prerogativa della libertà di scelta e di indirizzo.

 

Il magistrato ha lamentato come ancora oggi non esista nel panorama italiano una legislazione che identifichi con chiarezza il lavoro del Personal Trainer, mentre sarebbe necessaria una sua definizione specifica, visto il grande valore che il suo lavoro ottiene nel migliorare la condizione psico-fisica del cliente. Questa carenza legislativa ovviamente lascia lo spazio sia ad una giurisprudenza ondivaga, sia ad interpretazioni personali che spesso sono in contrasto con le leggi stesse.

 

Nel ricco novero di normative a cui il relatore ha atttinto a piene mani, è emersa ancora una volta la definizione sulla capacità del Personal Trainer di indicare consigli alimentari, o meglio “fare educazione alimentare”, basandosi su tutto quello che è presente in letteratura e specialmente seguendo le linee guida dell’OMS o delle società scientifiche nutrizionali. Una volta che il cliente ha ricevuto l’idoneità all’attività fisica da parte del proprio medico, si apre per il Personal Trainer un ampio spazio lavorativo che deve essere riempito con contenuti professionali di elevata qualità.

 

Come è necessario saper impostare correttamente una scheda di allenamento, così si deve essere in grado di rispondere alle esigenze nutrizionali che sono strettamente legate all’attività stessa e che concorrono, senza mai oltrepassare la linea medica, a migliorare il processo generale di benessere che è la finalità stessa del lavoro di un PT.

Il lavoro ovviamente deve essere retribuito: Giuseppe Tamburo, dottore in Economia e Commercio e docente CONI, ha affrontato in modo molto semplice l’ordinamento sportivo italiano e le sue agevolazioni fiscali.

L’ente preposto alla gestione, al controllo e allo sviluppo dello sport è il CONI che attraverso le federazioni sportive, le discipline associate e gli enti di promozione sportiva, promuove lo svolgimento, secondo determinate regole, delle varie discipline sportive.

 

Grande importanza assumono gli enti di promozione sportiva perché ad essi fanno riferimento le associazioni sportive dilettantistiche, che di fatto costituiscono l’asse portante di tutto lo sport e che hanno una personalità giuridica particolare che prevede l’assenza dei fini di lucro, il rispetto del principio di democrazia interna, l’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento delle attività sportive. convention_pag-17

 

Inoltre viene disciplinato il divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ ambito della medesima disciplina, la devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle associazioni e l’obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI, nonché agli statuti dell’ente di promozione sportiva cui l’associazione intende affiliarsi.

A questo complesso meccanismo organizzativo segue un altrettanto complesso meccanismo fiscale che vede tutta una serie di agevolazioni specifiche riguardanti gli incassi relativi alle quote sociali e le quote riguardanti eventuali costi di partecipazione a corsi organizzati.

 

 

Il relatore si è quindi addentrato in modo molto puntuale nella disamina della tenuta della contabilità che, pur essendo svolta in modo semplificato, ha tutta una serie di obblighi che devono essere ovviamente rispettati.

 

L’elemento pregnante della relazione è stato quello di far capire al Personal Trainer come sia necessario conoscere il problema e affidarsi ad un fiscalista per quanto riguarda la corretta esecuzione delle varie normative. Non ultima quella di tener sempre presente la responsabilità civile, ovvero la possibilità di arrecare involontariamente un danno al cliente, che necessita la stipula di un’assicurazione per la copertura di eventuali risarcimenti derivanti, si spera mai, da liti giudiziarie.

 

Durante la Convention si sono svolti gli esami di profitto per i tre livelli di CFT nell’ampio salone sopra l’aula magna e che hanno visto l’impegno di tanti studenti ed una perfetta organizzazione nello svolgimento degli esami stessi. Inoltre, nelle prime due giornate della Convention, si sono svolti seminari di approfondimento a numero chiuso, che hanno spaziato dall’attività muscolare e rapporti con il tessuto connettivo, alla composizione corporea e alla sua variazione legata all’attività fisica e al sistema nervoso autonomo, dalle tecniche specifiche utilizzando particolari attrezzi a problemi posturali derivanti da alterazioni degli organi di senso ed esemplificazione di casi clinici ed esercizi pratici.convention_pag-18-01

 

Inoltre nella giornata di sabato 18 giugno 2016 si è svolto il corso di Primo Soccorso e CPR rivolto agli iscritti ISSA Europe per poter regolarizzare la certificazione positiva ottenuta dall’esame: tale corso, strutturato su quelle che sono le esigenze varie che emergono in una palestra e nella vita quotidiana e definito nella sua specificità dal Presidente Borelli in rapporto al target ISSA, è stato condotto con la collaborazione di docenti dell’Ospedale Universitario L. Sacco di Milano.

Nel frattempo il ricco programma della manifestazione proseguiva con Simone Masin, docente universitario della Bicocca di Milano, che ha trattato in due diverse relazioni le basi biologiche dell’invecchiamento focalizzando il fatto che ciò avviene per l’azione delle telomerasi, enzimi che resettano le punte dei cromosomi e, fin quando ce la fanno, consentono agli stessi di rimanere vitali e capaci di dare informazioni precise nella duplicazione del DNA.

 

La diminuzione dell’efficienza di queste telomerasi porta all’accorciamento del cromosoma stesso che implica successivamente un’ampia possibilità di errori nella duplicazione del DNA, errori che non vengono più corretti e portano inesorabilmente alla costruzione di proteine alterate e alla fine all’invecchiamento dei tessuti e dei vari organi ed apparati.

Il relatore ha comunque evidenziato come la biologia non sia ancora in grado di dare risposte certe ai processi di invecchiamento e senescenza cellulare e come ci siano delle variazioni nelle varie specie, che spesso non rispondono al criterio probabilistico specifico di quella specie.convention_pag-18-02

 

Si è quindi consolidata l’idea, attraverso tutta una lunga serie di studi, che l’orologio biologico presente in ognuno di noi percepisca le variazioni del sistema in cui è inserito, acquisisca informazioni e stimoli da tutto ciò che lo circonda, facendo sì che il DNA subisca dei cambiamenti a seguito di modificazioni dello stile di vita: una nuovissima disciplina denominata epigenetica.

 

 

Questo affascinante campo, che merita attualmente l’attenzione di numerosissimi studi, ha fatto emergere la possibilità che eventi importanti che hanno segnato la vita di una generazione (guerre, carestie, malattie epidemiche, esposizione a fattori inquinanti, ecc.) causano la modificazione di piccoli tratti di DNA che poi vengono trasmessi alla generazione successiva.
Tutto ciò non è una vera mutazione e quindi si può ben dire che la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin è sana e più valida che mai.

 

Le modificazioni epigenetiche causano leggere modifiche di forma e funzione proteica facendo sì, ad esempio, che quei genitori che hanno sperimentato le carestie della guerra produrranno figli che sono maggiormente in grado di ingrassare e più predisposti all’obesità e alle patologie ad essa connesse. Tutto ciò apre una porta su un immenso campo di ricerca e fa dell’epigenetica uno dei più affascinanti e promettenti campi della biologia moderna.
Inevitabilmente diversi relatori hanno citato le funzioni dell’apparato cardiovascolare che è stato affrontato in modo specifico da Augusto Zaninelli, docente dell’Università di Firenze, che si è interessato sull’attività cardiaca dell’adulto e le sue similitudini e le differenze di genere. Quello che spesso viene fatto in modo non corretto è di differenziare la risposta cardiovascolare maschile da quella femminile, il che spesso ha portato a delle errate convinzioni, specie nella donna.

 

Partendo da quella inveterata convinzione per cui la donna che fa pesi o attrezzi dovrebbe diventare muscolosa come un uomo, magari anche con barba e baffi, si sono via via create tutta una serie di supposizioni su pericoli o alterate risposte all’attività fisica nei due generi.

In realtà la fisiologia ci insegna come la risposta alla fatica sia identica nei suoi intimi meccanismi; differente casomai è la risposta generalizzata a specifici stimoli meccanici dovuta senza dubbio al fatto che la struttura femminile è differente da quella maschile per effetto dell’evoluzione e quindi ci possano essere risposte apparentemente differenti legate alla morfologia dei vari soggetti.

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Nel fluire dell’età compaiono poi momenti fisiologici non presenti nell’uomo: pensiamo alla menopausa e alle sue conseguenze. Inoltre la cascata ormonale femminile è sicuramente differente da quella maschile in rapporto, ad esempio, alla produzione di testosterone. Ma gli altri meccanismi che regolano la funzione cardiovascolare hanno gli stessi percorsi anche se si deve ragionare in termini di masse muscolari differenti e quindi di tipi di lavoro che comportano maggiore intensità legata inevitabilmente alla composizione corporea dei soggetti.

Il relatore ha sottolineato come però in questi ultimi decenni le patologie che erano specifiche dell’elemento maschile si siano estese anche all’elemento femminile con l’evoluzione, in peggio, degli stili di vita. Fumo, alcol, droghe, stress, aumento del peso corporeo hanno avvicinato in modo a volte speculare l’incidenza di malattie cardiovascolari in percentuali a volte addirittura sovrapponibili in entrambi i generi.

 

Sembra quasi che nella naturale ricerca di parità di sesso, indice di grande civiltà, ci sia stato un perverso ricorso ad accettare fattori di rischio una volta poco seguiti dall’elemento femminile e quindi oggi i dati epidemiologici propongono a volte le stesse percentuali di forme morbose.

La relazione è stata inoltre correlata da una approfondita visione di quelli che sono gli aspetti biomeccanici di questo immenso muscolo che non si ferma mai e che si adatta sia nel volume delle cavità che nello spessore delle stesse ai vari tipi di esercizio a cui è sottoposto.

Con due diversi interventi Giuseppe Annino, docente universitario di Tor Vergata a Roma e allievo del compianto prof. Bosco, ha affrontato le problematiche legate allo stimolo vibratorio, le sue implicazioni fisiologiche e i suoi rapporto con l’attività fisica. Molti anni fa il prof. Bosco mise a punto la pedana vibrante, ovvero un sistema che trasmetteva ad un soggetto posto sopra la pedana stessa delle vibrazioni che davano delle risposte stupefacenti.convention_pag-19-02

 

Gli studi erano stati condotti sugli astronauti che, come ben si sa, in assenza di gravità tendono a perdere massa muscolare e massa ossea e con l’utilizzo di tale macchinario diminuivano nettamente l’incidenza di queste perdite. Tutto ciò portava ad evidenziare come la vibrazione fosse in grado di aumentare la forza di stacco nel jumping test e migliorare in modo eclatante la flessibilità articolare. In questo secondo caso l’effetto tendeva a regredire autonomamente dopo circa una ventina di minuti. convention_pag-19-03

 

 

Queste intuizioni e l’utilizzo della macchina ebbero un rallentamento purtroppo con la scomparsa del prof. Bosco, unitamente al fatto che la moda della vibrazione divenne poi un must nel mondo del fitness, per cui “vibrando” si potevano ottenere addirittura effetti sul dimagramento, o dieci minuti di vibrazioni erano simili ad un’ora di lavoro muscolare (sic!). Tutto ciò ha portato ad uno svilimento di questo tipo di ricerca che successivamente è stata invece ripresa dagli allievi del grande scienziato, che hanno ripercorso le esperienze iniziali, dando specifiche indicazioni sull’utilizzo di tale metodologia.

 

 

 

Le relazioni di Annino, ricchissime di grafici e di immagini, andrebbero in realtà viste più che raccontate, proprio per il tipo di esposizione, ma si possono estrapolare alcuni concetti che sono fondamentali per capire l’utilizzo delle vibrazioni.

 

Intanto le frequenze, che non devono superare determinate soglie, il tempo, che non deve essere estremamente lungo e, cosa fondamentale, la vibrazione non deve coinvolgere gli organi nobili (cervello, cuore, ecc.) perché gli stessi potrebbero subirne a lungo andare dei danni.

In poche parole, la vibrazione ha confermato di avere degli effetti positivi sulla risposta muscolare e articolare, reversibili, ma non ha dato conferma a tutte quelle fantasiose promesse che per un certo periodo di tempo avevano occupato i media di settore. Interessante l’approccio futuro all’attività anti-osteoporotica.

 

La composizione delle ossa determina due importanti proprietà meccaniche: forza e rigidità. La forza di un osso può essere definita dall’entità del carico che determina il punto di rottura, mentre la rigidità è dovuta alla capacità di deformazione lineare della struttura quando viene sottoposta a degli stimoli esterni in cui le nostre ossa sono coinvolte quotidianamente.
Come qualsiasi altro materiale, anche l’osso è sottoposto a pressioni per centimetro quadrato: questo meccanismo viene definito forza da stress.

 

Il prof. Bosco aveva elaborato un complesso modello biomeccanico che poneva l’accento su due fattori. Lo strain, cioè il rapporto tra le forze da stress e la rigidità della struttura, concetto applicabile a qualsiasi tipo di materiale, considerando come elemento essenziale il punto di rottura. Inoltre il MES (minimum effective strain), cioè la soglia minima oltre la quale il tessuto osseo deve essere stimolato per far sì che funzioni bene il rimodellamento e quindi non compaia l’osteoporosi. L’attività fisica agisce sull’osso causando delle vibrazioni: queste ultime sono in grado di migliorare la qualità dconvention_pag-20ella densità ossea, cioè della percentuale di calcio presente nell’organo.

 

Le vibrazioni sono in grado di avere lo stesso effetto?

La risposta è ancora in fieri, dato che sono in corso numerosi studi che cercano di razionalizzare il problema chiedendosi per quanto tempo la pedana vibrante dovrebbe essere utilizzata, ad esempio da una donna in menopausa, a che tipo di frequenza e quali posture utilizzare affinché la vibrazione stessa, come già detto, non interferisca negativamente sugli organi nobili.

 

Stante che l’osteoporosi è una patologia che impegna economicamente il Sistema Sanitario Nazionale in modo progressivo visto l’allungamento dell’età media della popolazione, la possibilità che l’utilizzo delle vibrazioni possa in qualche modo rallentare il processo di invecchiamento osseo diventa elemento essenziale della ricerca. Verosimilmente nei prossimi anni potremo ottenere i primi risultati e, si spera, delle risposte positive ai quesiti che attualmente la scienza si pone.

 

Due relatori, Dario Boschiero e Loris Bonamassa, si sono interessati della performance e del benessere attraverso il ruolo dell’attività fisica, dell’alimentazione e del corretto riposo.

Boschiero, che ha tenuto un seminario sulle variazioni della composizione corporea e le sue implicazioni con l’attività fisica e l’alimentazione, ha approfondito alcuni argomenti di cui lui è molto esperto e che sono stati ampiamente riportati nelle pagine di questa rivista.

Bonamassa si è interessato invece sul recupero ottimale attraverso un sonno ristoratore. Si sa che il riposo notturno, specie negli atleti, comporta tutta una serie di elementi positivi che servono al restore, ma anche e soprattutto alla dinamica plastica della creazione di tessuto muscolare. In modo molto semplice ma efficace il relatore ha rilevato che bisogna “capire il sonno”, che cos’è, a cosa serve, come cambia nel tempo, quante ore è corretto riposare, cosa fare per evitare elementi di disturbo che possano peggiorarlo.

 

Oltre alla necessaria valutazione morfologica del soggetto, la sua attività fisica, le sue abitudini comportamentali, è necessario riposare su un letto in cui rete, materasso e cuscino siano fusi in un unico sistema che conduca al recupero ottimale e a tutti i benefici legati al riposo. Ma tutto ciò non deve essere disgiunto anche dall’ambiente dove si dorme, evitando elementi di disturbo, interferenze elettromagnetiche, un corretto rapporto tra rumore e grado di luce, allo scopo di creare una situazione di fisiologico recupero funzionale. Insomma, un sonno ristoratore consente una corretta cascata ormonale e un recupero elevato, specie a carico del sistema nervoso centrale.

 

Dormendo correttamente si affronta meglio la giornata che ci sta davanti.
L’intervento, assai brillante, di Claudia Borelli è stato relativo all’utilizzo del software creato dallo staff tecnico e scientifico di ISSA Europe (PT-Software) indispensabile peconvention_pag-21-01r chiunque voglia veramente elaborare e personalizzare un programma alimentare o d’allenamento passando obbligatoriamente attraverso l’analisi della composizione corporea.
Il software permette o attraverso semplici misurazioni come circonferenze e pliche o attraverso l’esame della BIA di analizzare, creare una strategia e dare un feedback relativo alla bontà del proprio lavoro.

 

Questo in quanto il software permette non solo la valutazione della struttura corporea in toto e dei suoi componenti ma anche le modificazioni che si verificano nell’organismo conseguentemente alle situazioni messe in atto indipendenti da età o sesso. Tali conoscenze sono finalizzate alla valutazione dello stato nutrizionale e alla determinazione delle necessità energetiche e dei principi nutritivi necessari per stabilire e impostare un allenamento o consigliare un’alimentazione. L’esatta conoscenza della composizione corporea permette una migliore valutazione dell’eventuale eccedenza o difetto ponderale e nel contempo individua le possibili situazioni (grasso, muscolo, ritenzione, ecc.).
Le nuove funzioni permettono, infatti, di stabilire il giusto introito in percentuale e grammi di carboidrati, proteine e grassi, il carico glicemico per pasto nonchè il PRAL (Proteic Renal Acid Load) di ogni portata e giornaliero.

 

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Claudia Borelli ha poi concluso il suo intervento mostrando possibili approcci ai nuovi clienti, tramite l’esecuzione di test specifici, per introdurli nel mondo del fitness quali la frequenza cardiaca a riposo, la resistenza aerobica, la forza statica e dinamica, l’equilibrio monopodalico e la flessibilità, sempre attraverso PTSoftware.

 

 

 

 

E i Direttori Tecnici ISSA Europe? Presenti sul pezzo! Claudio Suardi e Stefano Zambelli hanno presentato due relazioni di cui la prima si interessava del condizionamento fisico motorio negli atleti professionisti, portando la loro esperienza sul campo al seguito di una squadra di livello europeo nella pallavolo femminile. Descrivendo nei particolari i principali marker di analisi avanzata della composizione corporea, ne hanno dimostrato l’utilizzo pratico per la programmazione individualizzata di atlete pur appartenenti allo stesso team, mediante la personalizzazione dell’inscindibile binomio carico-recupero. Hanno dimostrato come un lavoro in sinergia con allenatore, staff tecnico, medico, preparatore atletico possa dare risultati tangibili di forma fisica volta alla performance di livello, minimizzando però gli infortuni.

 

Nella seconda relazione i due Direttori Suardi e Zambelli, asse portante dal punto di vista tecnico di ISSA Europe ormai da un ventennio, hanno affrontato lo stesso “canovaccio” in termini di argomento, ma oggetto della “preparazione”, tramite analisi e gestione di numerosissimi dati di composizione corporea, è stato un singolo soggetto; un “caso studio” teorico-pratico calzante a pennello con la richiesta della grande maggioranza dei frequentatori maschili della palestra: essere in forma per l’estate con una ridotta percentuale di grasso, muscoli conservati ed un livello di acqua extracellulare in grado di mostrare l’agognata “definizione”.

 

Punto cruciale e messaggio passato all’affollatissima platea che, ormai è un mito metropolitano, non si muove mai fino all’ultima slide dei due Direttori Tecnici, è stato che la programmazione dell’allenamento e dell’alimentazione iniziano dall’analisi del cliente nel modo più approfondito possibile e non deve mai dipendere dalla scelta a priori di un sistema in cui si crede. Il rinunciare alle classiche frasi “dalla mia esperienza ventennale… con me ha sempre funzionato…” è un approccio ancora poco diffuso tra i Personal Trainer ma scinde inevitabilmente il professionista credibile e di successo dall’improvvisatore “di moda”. Una relazione quindi non facile e mai banale, diremmo dura da digerire, che ha dimostrato come poter gestire una infinità di dati tecnici sul campo, correggendo e modificando in itinere, ipotizzando soluzioni congrue e a volte apparentemente “non fisiologiche”, ma ponderate con cognizione di causa per il raggiungimento dell’obiettivo e la soddisfazione del cliente.

 

Quella stessa soddisfazione che era presente sui volti dei congressisti che occupavano fitti fitti le poltrone in platea e che hanno letteralmente bombardato di domande i due prestigiosi relatori.
Si è parlato anche di immunità: Silvano Busin, Direttore scientifico ISSA Europe, ha cercato di sintetizzare un argomento estremamente difficile, creando una sorta di alfabetizzazione di base sui processi immunitari che si svolgono nel nostro organismo, attraverso un escamotage, ovvero dopo un po’ di slide soffermandosi su un riassunto delle stesse per puntualizzare gli elementi trascorsi più significativi.

E’ stato affrontato il problema dell’immunità tissutale e di quella umorale, l’attività dei linfociti e delle altre cellule immuno-mediate, chiarendo in modo inequivocabile chi fa e cosa fa (questo riferito alla singola cellula) in modo da non creare confusione in un argomento così delicato. convention_pag-22-01

 

Ci si è calati quindi in quella sfida continua del nostro organismo contro le noxae esterne, la risposta anticorpale che è gestita solo dai linfociti B e quella gestita dai linfociti T attraverso un’azione citotossica mediata dalla produzione di sostanze particolari, oltre ad avere un’azione modulante sull’attività dei linfociti B. L’ultima parte della relazione si è soffermata su un elemento di grande importanza e che viene ripreso ampiamente dalla letteratura internazionale: l’attività fisica estrema, gli allenamenti ad esaurimento, lo stress da performance massimale producono, seppur temporaneamente, un deficit immunitario che consente all’atleta di ammalarsi di patologie, seppur banali, specifiche delle vie aeree superiori.

 

Al contrario l’attività di fitness medio-moderata e costante aumenta i poteri di difesa dell’organismo, stimolando sia le linee cellulari specifiche, sia le citochine antinfiammatorie a proteggere l’organismo dagli insulti esterni. Insomma “in media via stat virtus”.

Di postura si era parlato già tanto durante i seminari pomeridiani, ma Andrea Manzotti, osteopata di caratura internazionale, ha affrontato il problema della “simmetria”, ovvero come il nostro corpo diviso in due non sia affatto uguale, ma abbia delle differenze morfologiche facilmente constatabili con accurate misurazioni. Questo rilievo apparentemente banale in realtà nasconde un’immensa problematica di adattamenti che il nostro organismo compie quotidianamente per ottenere il miglior comfort nell’ incedere quotidiano.

Il relatore, che ultimamente ha avuto grandi successi con trattamenti osteopatici nei neonati, specialmente presso l’Ospedale Meyer di Firenze, ha riproposto una splendida carrellata di immagini riferentesi al sistema evolutivo del nostro corpo, alle sue esigenze, alle sue risposte ai vari stimoli.

 

Come abbiamo già detto in altra parte, anche questa è stata una relazione da vedere più che da raccontare, proprio per l’importante iconografia, ma il concetto che ne è emerso è stato quello che la postura è un elemento dinamico e specifico, che va valutata con grande attenzione e che deve essere affrontata con grande prudenza, nel senso di non modificare tutti quegli elementi di compenso che rendono efficiente la vita di un soggetto.

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In poche parole, la postura perfetta non esiste, ma esiste una postura patologica, che crea difficoltà e dolori e che deve essere affrontata con le dovute metodologie, e una postura non patologica, seppur magari “stortignaccola”, che non deve essere modificata perché la qualità della vita del soggetto è soddisfacente e quindi i compensi in atto devono essere assolutamente rispettati. Significativo il messaggio di Andrea Manzotti: è professionalmente etico il “non fare” quando questo atteggiamento può modificare in peggio il benessere del soggetto.

 

Grande importanza ha avuto la lezione magistrale condotta dal prof. Giuseppe Montanari, già docente e professore emerito dell’Università di Chieti, che si è posto la domanda:

 

“funzionale” a chi e perché?
L’uditorio ha potuto ancora una volta assistere ad una ricchissima iconografia e ad una minuziosa e puntuale raccolta bibliografica posta a sostegno di ogni esplicazione scientifica. Si è parlato della dottrina del benessere come obiettivo supremo di una specifica “arte” che riassume in sé elementi precisi: salute, vitalità ai giorni, longevità, equilibrio psicofisico.
Tutto ciò è legato al concetto di funzionalità che non è rivolta solamente al grande atleta, ma più prosaicamente alla signora Maria e al ragionier Rossi che compongono la stragrande maggioranza dei soggetti che afferiscono alle palestre e ai Personal Trainer. Questa funzionalità raccoglie nella sua essenza la rieducazione al movimento, un corretto stile di vita, una equilibrata alimentazione, una riconquista o miglioramento del benessere, un target che è quello di ritornare “in forma” e, non ultima, la possibilità della capacità di ulteriori performance che pensavamo perdute.

 

Il professore si è soffermato su quella che è la scienza del movimento, definendola come fattore determinante e fondamentale nell’evoluzione della specie umana.

Movimento che, a suo dire, ha prodotto il massimo della spinta evolutiva attraverso la cosiddetta “general adaptation syndrome”, esplicitata come stimolo che suscita una reazione bioumorale che a sua volta innesca una reazione tissutale sino a giungere all’adattamento che risulterà adeguato al tipo di stimolo, alla sua intensità e alla durata.

 

Questa cascata fisiologica ha permesso di fatto l’evoluzione umana. Piccoli e grandi gesti ripetuti migliaia di volte al giorno e per migliaia e migliaia di generazioni in più di sette milioni di anni hanno di fatto segnato l’evoluzione umana, producendo il passaggio dalla deambulazione quadrumane a quella bipede, al miglioramento della posizione anatomica del pollice, favorendo l’opposizione e la pinza e quindi la presa, sia delicata che forte, con la capacità di percepire la forma e la dimensione degli oggetti. Tutte queste informazioni afferenti all’unità centrale hanno fatto sì che il nostro cervello si sia evoluto, partendo da un volume di 340 cm3 dell’australopiteco ai 1600 cm3 dell’homo sapiens. E in modo mirabile il prof. Montanari ha praticamente condensato l’evoluzione dell’uomo come una storia, cominciata con i piedi e terminata poi con lo sviluppo del cervello. Ma mancava un secondo pilastro per reggere il benessere umano: l’alimentazione,
o il nutrimento per il corpo che lavora. Pilastro che entra di diritto a far parte del corretto stile di vita e della cui importanza già gli antichi greci e le grandi civiltà medio-orientali si erano resi conto.

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Ecco quindi scorrere sullo schermo delle splendide slide riferite a Galeno, a Ippocrate, a Sant’Agostino, sino ad arrivare a Feuerbach, che tirerà le somme dicendo “l’uomo è ciò che mangia”. Evidentemente l’alimentazione ha avuto essa stessa una evoluzione passando dalla fame (necessità di sopravvivenza), all’appetito (alimentazione come piacere) e alla scelta (componente edonistica della socialità). Si è aperta quindi un’ampia pagina legata ai vari tipi di dieta: il prof. Montanari si è soffermato su quella di tipo mediterraneo, riportando l’esperienza di Ancel Keys, famosissimo ricercatore americano vissuto a lungo in Italia, che definì appunto la dieta mediterranea come la migliore in assoluto, tanto da influenzare le linee guida nutrizionali USA.

 

Ed ecco quindi che la dieta mediterranea assume un’importanza fondamentale per il nostro benessere evolutivo, tanto da essere attualmente riconosciuta dall’UNESCO come “bene immateriale dell’umanità”. Senza entrare nel merito della dieta stessa che ormai noi tutti conosciamo ed ampiamente illustrata dal prof. Montanari, il messaggio conclusivo è stato che lo stile di vita e l’alimentazione si basano sull’attività fisica funzionale. Una scienza del movimento definibile come “scienza in movimento”, come risultato di un continuo divenire dettato dagli approfondimenti scientifici che sono sempre la guida sicura per lo viluppo e il cambiamento. La bellissima lezione non poteva che terminare con la constatazione che la scienza del movimento è composta da nozioni di fisiologia, di anatomia, di biochimica, di fisica, di biomeccanica, con tutte le loro applicazioni, ma specialmente deve essere corredata dalla ricerca, dallo studio e dalla conoscenza.

 

Unica strada per avanzare step by step verso una professionalità consapevole e valida. Il prof. Montanari ha terminato dicendo: “…allora andiamo avanti, senza travalicare confini già ben definiti e con l’umiltà della coscienza di poter imparare qualcosa o molto da tutti, restando comunque sempre noi stessi!”.
Domenica 19 giugno 2016 la Convention si chiudeva dopo le 13 con il saluto del Presidente che, dopo aver ringraziato i congressisti, invitava tutti a ritrovarsi nel 2017 al prossimo evento che coinciderà anche con il 20° anno di vita di ISSA Europe, un traguardo prestigioso raggiunto come in un soffio, ma testimoniante la saldezza del progetto e la sua qualità operativa.

 

 

Quindi alla prossima XIX Convention!

 

 

a cura della Direzione Scientifica ISSA Europe

 

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