XX CONVENTION ISSA Europe 8-9-10 Giugno 2018 PALACONGRESSI RIMINI.

“Anche questa è andata!”, quante volte abbiamo detto o ascoltato questa frase al termine di una iniziativa importante conclusasi positivamente. Lo stesso pensiero che avrà avuto il nostro Presidente Adriano Borelli al termine della XX Convention ISSA che ha riscontrato un notevole successo se si pensa che più di 4000 persone sono risultate iscritte alla manifestazione e ne hanno preso parte pur in differenti modalità.

 

Come al solito, il venerdì 8 giugno Adriano Borelli, Presidente ISSA Europe, ha aperto i lavori e portato il saluto ai partecipanti rilevando come Rimini sia ormai diventata un’occasione che va al di là della semplice possibilità di confrontarsi tra professionisti, diventando altresì un “modulo” didattico fondamentale nel percorso di formazione di Personal Trainer, essendo oramai un momento di studio incluso nel percorso stesso e momento di verifica, sia sotto forma di esami sia sotto forma di stage, delle cognizioni acquisite e punto di riferimento per l’implementazione delle stesse.

 

È un modo, insomma, per ridefinire una didattica variegata come quella che si presenta all’appassionato che vuole diventare un professionista del settore. E bene ha detto il nostro Presidente nel rilevare come questo percorso sia impegnativo sotto tutti i punti di vista e come la soddisfazione di superare gli esami non risolve unicamente l’impegno assunto, ma è lo stimolo per migliorare le proprie conoscenze ed acquisire quelle proprietà che contraddistinguono il Certificato ISSA Europe. Doveroso è il ringraziamento per silenzioso ed inesorabile lavoro svolto da dietro le quinte dalla Segreteria didattica, organizzativa, marketing, comunicazione, logistica, hospitality, il reparto commerciale ed il reparto informatico. Questo consente la realizzazione e l’ingrandirsi anno dopo anno di una manifestazione, che diventa sempre più complessa e qualitativamente elevata.

 

Non va infatti dimenticato che la buona riuscita di un evento nasce “dall’oscuro” lavoro del backstage. Lo Shop ISSA (abbigliamento, libri e merchandising ISSA Europe), il PT Software e un gradevole desk di accoglienza, realizzati e popolati dall’affiatatissimo team, composto da: Sandro Margheriti, Marco Ientile (PT Software), Francesco Berardi, Alessandro Panziera, Michele Mastrolonardo (Shop ISSA), Angelica Andrano (Shop ISSA), Francesco Desiderio (Dieffetech), Fabio Cirruto (Dieffetech), Claudia Borelli (direttore tecnico) e Barbara Arianna Borelli (general manager).

 

E chi ha partecipato se ne è ben reso conto osservando la coordinazione nelle tre giornate, l’esecuzione degli esami per i tre livelli di CFT (oltre 800 persone nella giornata di venerdì), i seminari di approfondimento su comunicazione, marketing, postura, functional training. Non ultimo, il corso di primo soccorso CPS durante la giornata di sabato, con una nutrita partecipazione di iscritti, testimoniando ancora una volta la risposta alle necessità di chi frequenta i corsi ISSA Europe, conclusasi nel pomeriggio con un appetitoso aperitivo rifocillante, perché anche il palato vuole la sua parte.

 

Nella giornata di venerdì ha aperto la programmazione Claudio Suardi, Direttore Tecnico di ISSA Europe, che ha evidenziato come spesso molti Personal Trainer vengano assaliti dal dubbio di non riuscire a calibrare in modo ottimale alimentazione e allenamento in soggetti sostanzialmente diversi, ai quali, attraverso la composizione corporea, si può personalizzare allenamento e macronutrienti superando quindi l’impasse. Fondamentali risultano essere i test sui clienti: attraverso l’incrocio dei dati si è in grado di stabilire quantità e qualità degli alimenti e il tipo di allenamento “migliore” per ognuno di essi.

 

Attraverso le conoscenze ed esperienze maturate sul campo è possibile tracciare delle linee guida riguardo alla programmazione e personalizzazione sia dell’allenamento che dell’alimentazione.
Claudio Suardi ha riportato la propria esperienza, provando e trovando un suo particolare punto di partenza utilizzando le nozioni provenienti dalla fisiologia e dalla letteratura scientifica, supportate però da uno specifico intuito per poter dare risposte precise ai clienti, sia atleti sia appassionati di fitness, utilizzando quindi una “fisiologia applicata” che rilevasse con ripetibilità e precisione l’acqua extracellulare (ECW), la massa cellulare (BCM), la massa magra rapportata all’altezza (FFM/H), le circonferenze e pliche distrettuali (misure). In questo modo, attraverso l’incrocio dei dati (creazione di flow chart), è possibile portare alla massima forma fisica, definizione, pienezza, durezza, proporzioni, sia un soggetto “fitness” sia un agonista (Bikini, Man physique). 

 

Secondo relatore Loris Bonamassa, imprenditore, che ha incentrato il proprio intervento sulla qualità del sonno e la correlazione, scientificamente provata, con il recupero e la performance, anche nel fitness. Mentre dormiamo il corpo si mette in una condizione di “stand-by” per cui vi è un rilassamento muscolare, una diminuzione della frequenza respiratoria e cardiaca e anche le aree del cervello deputate all’elaborazione del movimento, alla produzione del linguaggio, al controllo delle emozioni, nelle ore notturne “riposano”. Si è visto infatti che durante il sonno diminuisce il cortisolo, che è l’ormone dello stress, oltre alla fisiologica diminuzione della pressione arteriosa.

 

Inoltre vi è liberazione dell’ormone della crescita (GH), che ha un’azione specifica sulla plasticità tissutale.
Tutto questo complesso meccanismo viene alterato se un soggetto dorme poco o male: numerosi studi hanno dimostrato che vi è una tendenza all’aumento del peso.
Un’altra funzione fondamentale del sonno è quella del consolidamento della memoria, rallentato se non addirittura abolito nell’insonnia.
In alcuni lavori si è scoperto che un deficit cronico di sonno causa già nei bambini problemi cognitivi.

 

Altra componente importante riguarda la postura, che non è altro che il nostro “essere” nello spazio attraverso complessi meccanismi legati al peso, all’equilibrio, alle curve del rachide e alla gravità terrestre. Una corretta postura, o sarebbe meglio dire una postura confortevole, consente di vivere correttamente la nostra quotidianità e consente inoltre di approfittare di un sonno ristoratore specialmente se questo è supportato da elementi tecnici di qualità. Sono comparsi diversi lavori in letteratura che ipotizzano che l’inquinamento elettromagnetico domestico (wi-fi, cellulari, smart TV, elettrodomestici, ecc.) disturbi in modo significativo il fisiologico concatenarsi degli stati di sonno, impedendo quindi un corretto riposo ed un recupero delle energie necessarie ad affrontare la successiva giornata lavorativa.
Detto questo non bisogna poi dimenticare i supporti su cui appoggia la nostra colonna e in specifico modo il tratto lombare e quello cervicale: né troppo soffici, né troppo rigidi.

 

Esistono quindi dei prodotti che riescono a coniugare in modo corretto le necessità tecniche con materiali di altissima qualità che si adattano alle diverse morfologie del soggetto. È indispensabile quindi che per un miglioramento del proprio benessere si dia spazio e attenzione sia a come sia a dove si dorme.

 

La relazione successiva è stata svolta da Antonio Parolisi, laureato in Scienze Motorie e Osteopata, che ha focalizzato l’intervento sulla particolare attenzione che si deve alla cura dei gesti motori. Quest’ultima ha come obiettivo quello di proteggere le grandi articolazioni e la colonna vertebrale da usura precoce, squilibri e traumi. Il pavimento pelvico, considerato il supporto base della spina dorsale, ha un ruolo fondamentale nel funzionamento non solo della pelvi ma di tutto l’asse vertebrale e degli arti inferiori. Purtroppo sembra che nel mondo del fitness si dia poca importanza alle problematiche del pavimento pelvico, specie nel sesso femminile.

 

Il più delle volte non vi è un adeguato training, o per meglio dire re-training, della zona pelvica: considerato invece il suo ruolo portante, bisogna ricordare che l’individuo dedito al fitness deve avere consapevolezza di questo sistema, non solo per l’allenamento, ma per la vita di tutti i giorni.

 

Tutto ciò fa sì che il Personal Trainer debba avere conoscenze adeguate dell’anatomia e della fisiologia che regolano il complesso pelvico, in modo da valutare, nell’ambito delle sue competenze, gli squilibri e le disfunzioni che possono presentarsi durante il fitcheck del cliente. L’allenamento nell’ambito pelvico, in questo caso lo potremmo definire “rieducativo”, mira a riequilibrare il gioco di pressioni che intercorrono tra il torace e il bacino attraverso uno specifico training respiratorio che riduce le spinte sulla zona pelvica. Eventuali disfunzioni delle strutture muscolo scheletriche potranno essere trattate con esercizi di mobilità, rinforzo o controllo motorio: il bacino è un sistema da conoscere bene nella programmazione dell’allenamento e la finalità è quella di riequilibrare la funzione del complesso pelvico e quindi la postura in generale.

 

Ha chiuso la mattinata Francesco Malatesta, MFS ISSA Europe, che ha puntualizzato come un approccio scientifico all’allenamento del core richiede una conoscenza approfondita delle strutture anatomiche coinvolte, dei meccanismi fisiologici messi in gioco, del percorso valutativo e dei programmi funzionali utili a gestire e individualizzare la pratica su campo.
Ogni movimento ha un suo fulcro, diverso a seconda delle articolazioni coinvolte e della catena cinetica interessata (chiusa o aperta), supportato da un meccanismo anticipatorio e riflessivo che coinvolge la “parte centrale” del tronco, rendendola una struttura solida, capace di sostenere in maniera efficiente qualsiasi gesto e carico di lavoro.

 

Fondamento di tale sistema sono le funzioni respiratorie e posturali del diaframma, la pressione intra-addominale (IAP) che ne deriva e la cui efficacia funzionale dipende da due fattori interdipendenti: posizione del diaframma toracico rispetto a quello pelvico e co-attivazione di tutte le strutture superficiali e profonde che avvolgono il tronco e il diaframma pelvico per contenere l’aumento della pressione intra-addominale.

 

L’oratore ha quindi individuato ed illustrato, partendo da tali presupposti, una sequenza dei test di valutazione, l’organizzazione e il timing del training, esercizi e posizioni che possono generare un’attivazione dei riflessi, movimenti correttivi con le relative regressioni/progressioni, struttura del training e scopo finale dello stesso, creare automatismo del sistema, collegandolo ai movimenti degli arti e richiamandolo durante il proseguo dell’allenamento.
La sessione pomeridiana è stata aperta da Augusto Zaninelli, cardiologo dell’Università di Firenze, che ha esposto le problematiche di allenamento legate al soggetto senior.

Successivamente l’intervento di Silvano Busin, Direttore Scientifico di ISSA Europe, che ha affrontato il rapporto tra l’attività fisica e il sistema immunitario.

 

La prima parte dell’esposizione è stata dedicata all’ematopoiesi, cioè al complesso meccanismo per cui dalle cellule staminali pluripotenti derivino ad esempio cellule staminali mieloidi e linfoidi. Questi due filoni producono globuli rossi, piastrine, vari tipi di globuli bianchi, i linfociti B e T e le cellule natural killer (NK).

È stato nuovamente puntualizzato come i soli linfociti B siano capaci di produrre anticorpi, mentre i linfociti T producono sostanze citotossiche e regolano a loro volta la funzione dei linfociti B, modulandone l’espressività. L’esempio caratteristico dell’attività dei linfociti è quello che se un antigene (esempio un virus) si trova confinato all’interno di una cellula, l’incontro con il linfocita B non può avvenire e quindi quest’ultimo non è in grado di produrre anticorpi di protezione. Al suo posto intervengono allora i linfociti T, capaci di riconoscere e distruggere le cellule infettate, non tramite anticorpi ma sostanze citotossiche.

 

Queste ultime si chiamano citochine e/o interleuchine che svolgono una funzione pro-infiammatoria, ma in alcuni casi al contrario svolgono un’azione protettiva antinfiammatoria.

Un particolare rilievo ai linfociti natural killer (NK) che intervengono nella risposta immunitaria precoce: inducono al “suicidio” la cellula bersaglio, in particolare quella tumorale o quella infettata da virus.

 

 

 

Allo stesso tempo secernono varie citochine antivirali che inducono le cellule non ancora infettate ad attuare meccanismi in grado di inibire la replicazione dei virus. Il relatore, dopo aver illustrato le varie sottopopolazioni linfocitarie, ha rapidamente affrontato le due fasi di risposta immunitaria: la prima in cui vi è il riconoscimento aspecifico e la seconda in cui vi è il riconoscimento specifico dell’antigene e quindi l’innesco della catena anticorpale che, coinvolgendo altri sistemi, induce la risposta protettiva e l’eliminazione della noxa patogena.

 

L’ultima parte della relazione è stata dedicata agli studi scientifici che hanno rilevato gli effetti dell’attività fisica sulla risposta immunitaria.
Seppur vi siano numerose variabili in questi studi, è ormai assodato che mentre un regolare e moderato esercizio fisico tonifica il sistema immunitario, uno sforzo eccessivo e prolungato, anche in soggetti allenati, può provocare una temporanea immunosoppressione rendendoli più vulnerabili alle infezioni. In conclusione, prove sperimentali sia su animale che sull’uomo hanno dimostrato che uno stress psicofisico eccessivamente intenso e protratto può portare ad una situazione di alterata risposta immunitaria, documentabile clinicamente con forme infettive specialmente localizzate nella parte superiore del sistema respiratorio.

 

Al contrario, un’attività fisica moderata e costante, come avviene nel fitness, produce una stabilizzazione del sistema immunitario, aumentando e rinforzando la resistenza allo stress. Quindi, come messaggio finale: sport di élite, temporanea immunodepressione e comparsa di lievi infezioni; attività fisica moderata o fitness, immuno-modulazione positiva.

 

A seguire la relazione di Daniela Lucini, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università degli Studi di Milano, che ha evidenziato come alimentarsi in modo corretto e fare una adeguata dose di esercizio fisico sia necessario e salutare. Il problema è che poche persone realmente hanno uno stile di vita corretto, proprio perché il fatto di cambiare il proprio comportamento è difficile e spesso non sempre sono chiare le indicazioni su come cambiarlo. Purtroppo siamo circondati da diete miracolose, da informazioni che si rivelano essere fake news, esperti che danno consigli su tutto, creando però confusione e disagio.

 

Le evidenze scientifiche dimostrano però che migliorare la propria alimentazione e diventare fisicamente più attivi porta non solo a “stare meglio” ma anche a prevenire molte patologie cardiovascolari, metaboliche, l’obesità e persino alcune forme di tumore. La strada giusta da seguire è quindi una sola: alimentazione ed esercizio fisico, che però devono essere considerati degli strumenti importanti con una vera e propria “prescrizione” come se fossero farmaci, per dirla alla Margaria.

 

È necessario quindi una attenta valutazione del cliente attraverso test specifici, capire gli obiettivi da raggiungere ed evidenziare come le possibili “controindicazioni” possono diventare a loro volta dei punti di forza e non di debolezza.

 

Tutto ciò deve essere condotto da personale formato in modo specifico e che sia in grado di seguire attentamente il proprio cliente, evidenziando eventuali problemi clinici che accompagnano l’idoneità all’attività fisica. In molti casi, specie nel senior, è necessario introdurre una adeguata integrazione alimentare di qualità che garantisca un giusto introito proteico e di macro-micronutrienti, strettamente collegata alla prescrizione del programma di esercizio. È necessario quindi che vi sia una stretta collaborazione tra personale sanitario e tecnico: una collaborazione efficace può diventare un asset vincente per fornire alla persona un servizio che migliori lo stile di vita favorendo il benessere nell’immediato e nel futuro.

 

 

 

La relazione di chiusura della prima giornata è stata affidata a Stefano Zambelli, Direttore Tecnico di ISSA Europe, che dopo un riassunto delle caratteristiche fisiologiche e di composizione corporea presenti nel soggetto più difficile da allenare in palestra (soggetto ginoide), ha introdotto una “discussione” attraverso alcuni esempi reali con le rispettive linee guida di lavoro.
Sono state presentate le soluzioni possibili in una sorta di “puzzle pratico” dalla scarsa valenza singola ma dall’esponenziale valore tecnico se applicate contemporaneamente.

 

Si deve partire quindi dalla pianificazione individuale, ponendo l’accento sull’aderenza ad un programma, passando attraverso un’alimentazione congrua nelle 24 ore, che comprenda una quota ideale di proteine e degli altri macronutrienti, assieme ad una corretta idratazione, per finire, solo se necessario, ad una possibile utile integrazione. L’allenamento deve incentrarsi sul controllo dello stress nel senso più ampio del termine, sul ripristino della flessibilità metabolica, sull’inserimento di esercizi per la pompa plantare (“cuore periferico”), sulla corretta respirazione diaframmatica, sull’allungamento miofasciale in catena con integrazione di eventuali sedute osteopatiche.

 

Il relatore si è anche soffermato su cosa “non fare” per non peggiorare situazioni critiche nel soggetto ginoide, con ritenzione idrica e/o cellulite avanzata: allenamenti ad esaurimento e con grandi componenti eccentriche in primis. Tutto ciò ha portato alla conclusione che allenare la donna con sovrappeso od obesità ginoide è una sfida difficile ma anche affascinante per il Personal Trainer professionista.

Sabato 9 giugno il programma della mattina si è aperto con l’intervento di Giorgio Felzani, Docente di Medicina dello Sport, che ha riguardato il mantenimento dell’efficienza fisica anche nell’età avanzata.
Successivamente l’intervento di Arnaldo Andreoli, Primario di Riabilitazione dell’Ospedale Universitario L. Sacco di Milano, che ha affrontato il difficile argomento dell’edema linfatico. Con questo termine si indica il patologico accumulo di linfa a livello degli arti determinato da una compromissione del sistema linfatico.

 

Le cosiddette sindromi linfedematose sono suddivise in: primarie (provocate da alterazioni congenite del sistema linfatico) e secondarie (conseguenti ad altre patologie, spesso di natura neoplastica). Ad esempio, gli interventi di mastectomia, in particolare se associati all’asportazione dei linfonodi ascellari e seguiti da un trattamento radioterapico, possono determinare l’insorgenza di linfedema dell’arto superiore monolaterale. Le pazienti, oltre al disagio di natura estetica derivante dall’incremento del volume dell’arto, segnalano una sensazione di peso associata a limitazione o impaccio nello svolgimento delle attività della vita quotidiana.

 

L’inquadramento clinico di un cliente con linfedema prevede la misurazione centimetrica dell’arto in punti specifici e la valutazione dello stato di patologia, anche ricorrendo ad alcuni segni particolari. La valutazione clinica, in ambito specialistico, può essere completata con esami strumentali come la linfografia o la linfoscintigrafia.

 

 

 

Il trattamento del linfedema, secondo le linee guida internazionali, include: la terapia decongestiva complessa, il linfodrenaggio manuale, l’automassaggio, la pressoterapia pneumatica, il bendaggio elasto-compressivo con tutori o guaine, le terapie fisiche, la somministrazione di terapie farmacologiche e in casi rari la chirurgia ricostruttiva. Dal punto di vista farmacologico sono stati ipotizzati vari trattamenti che non hanno dato però risultati soddisfacenti. Viene invece raccomandato un programma educazionale riguardante la gestione dell’arto linfedematoso e la cute dello stesso, le cautele da rispettare durante lo svolgimento delle attività quotidiane e la perdita di peso.

 

Quindi un progetto riabilitativo individuale ben differente dai banali trattamenti “linfodrenanti” in soggetti portatori di semplice ritenzione idrica o di cellulite, che vanno trattati invece con dieta appropriata e attività fisica semplice. Di seguito la relazione di Saverio Dioguardi, Professore associato dell’Università degli Studi di Milano, che ha trattato l’evoluzione nelle formule a base di aminoacidi nel fitness, nello sport e nella longevity.

 

Ha chiuso la mattinata Eleonora Cosimo, Commercialista, che ha spiegato le agevolazioni fiscali previste nel settore della legge finanziaria 2018.
La sessione pomeridiana è stata aperta da Alfonso Marra, Magistrato, che ha puntualizzato alcune normative e leggi specifiche del settore fitness.
Subito dopo l’intervento di Vincenzo Lamorte, Commercialista, su come accedere a finanziamenti agevolati per aprire e ammodernare un centro fitness.

 

La relazione successiva è stata tenuta da Giuseppe D’Antona, Professore associato dell’Università di Pavia, riguardante il ruolo del GH e dell’insulina. È stato evidenziato come sia una questione aperta e particolarmente importante l’impatto delle modificazioni della funzione endocrina sul processo sarcopenico collegato all’invecchiamento: fondamentali gli studi dei meccanismi che collegano la funzione insulinica a quella dell’ormone della crescita.

 

In altri termini, come si collega l’insulinoresistenza con la somatopausa dell’anziano? Queste condizioni si rinforzano reciprocamente aggravando la riduzione delle sintesi? Per rispondere a queste domande è necessario considerare che, sebbene l’ormone della crescita sia di per sé diabetogeno, l’IGF-1, il suo effettore a livello tissutale, ha un effetto ipoglicemizzante e promuove le sintesi utilizzando le stesse vie di segnale dell’insulina che vedono al centro di una complessa rete il fondamentale ruolo della mTOR (mammalian target of rapamicine).

 

Si può dire che la condizione di insulino-resistenza che si instaura nell’anziano, anche potenziata dalla perdita di massa muscolare, ma soprattutto collegata al grasso viscerale, si scopre collegata alla diminuzione del IGF-1 circolante, condizione reversibile con la perdita di peso e di per sé potenziante la perdita di massa.

 

La causa di questa riduzione è probabilmente da riferire alla ridotta secrezione epatica del trasportatore IGF-1 binding protein-1 in presenza di resistenza insulinica questo livello.
Questo intricato collegamento tra assi ormonali rappresenta un affascinante ambito di studio per identificare i target di intervento per il trattamento e la prevenzione della sarcopenia.

Il relatore successivo è stato Simone Masin, Biologo evoluzionista dell’Università Bicocca di Milano, che ha parlato della “molecola della vita”, cioè l’acqua. 

 

L’acqua è senza dubbio la seconda molecola più importante per la vita biologica dopo l’ossigeno, se consideriamo gli organismi pluricellulari aerobi e la prima molecola per importanza se invece consideriamo tutti i viventi. La presenza di acqua è il principale parametro fisico associato alla presenza di vita biologica su ogni pianeta conosciuto e ciò a causa di parecchie buone ragioni: la struttura della molecola dell’acqua permette la solubilità di un gran numero di molecole e garantisce il mantenimento entro limiti fisiologicamente accettabili, di parametri importanti per la vita, in primis la temperatura.

 

Durante la relazione sono stati approfonditi tutti i fenomeni fisiologici nei quali l’acqua gioca un ruolo determinante: non solo l’idratazione e il rapporto tra acqua intracellulare e acqua extracellulare, che molti operatori del fitness sono ormai abituati a maneggiare come parametri indiretti per la misurazione di parecchie variabili biometriche, ma anche l’importanza dell’acqua come substrato e mezzo di reazione, come ammortizzatore meccanico e come dispositivo lubrificante, e le variazioni dello stato di idratazione, in relazione all’età e allo stile di vita.

 

Infine è stata tracciata una linea di demarcazione tra “cibi” e “bevande”: perché molte delle soluzioni che siamo abituati a considerare bevande hanno un considerevole apporto calorico, proteico e talvolta anche lipidico, che le porrebbe più tra gli alimenti che tra le bevande, categoria in cui vengono usualmente collocate. Ha terminato il lungo pomeriggio Giuseppe Annino, Professore associato dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Egli ha rilevato che, secondo un rapporto mondiale dell’OMS sulla prevenzione delle cadute nell’anziano, si afferma che circa il 28-35% delle persone over 65 cade ogni anno, con un aumento di incidenza nel genere maschile rispetto a quello femminile.

 

Tutto ciò è legato al decadimento fisiologico che avviene con il passare dell’età: tale decadimento può coinvolgere complessivamente il sistema nervoso centrale e periferico. I cambiamenti morfologici, biochimici e metabolici del sistema nervoso centrale comportano un declino dei processi cognitivi e motori nell’anziano che, a seconda della zona maggiormente compromessa, sviluppano ipofunzionalità specifiche.
Pur tuttavia, studi scientifici hanno dimostrato che la pratica regolare di esercizi di tipo aerobico, associati a stimoli cognitivi, favoriscono l’aumento dell’attività neuronale e rallentano quindi il decadimento neurologico.

 

Relativamente al sistema neuromuscolare è stato ampiamente dimostrato che l’allenamento della forza muscolare è in grado di aumentare l’attivazione dei neuroni nella corteccia motoria primaria, producendo benefici sull’equilibrio dinamico, sulla velocità della contrazione muscolare e sull’efficienza nella deambulazione.
Inoltre, lavori scientifici hanno dimostrato come l’uso dello stimolo vibratorio, mediato dalla stimolazione dei propriocettori muscolo-tendinei e articolari, sia in grado di migliorare i livelli di forza muscolare, dell’equilibrio dinamico e dell’efficienza del passo. Altri tipi di stimolazione, utilizzando superfici ruvide o esercizi in acqua, sembrano contribuire al miglioramento dell’equilibrio. Pertanto, in relazione al maggior stato di compromissione dei diversi livelli del sistema nervoso, interventi specifici e multifattoriali possono essere in grado di contrastarne i processi degenerativi, migliorandone l’efficienza, diminuendo i rischi di caduta e diminuendo le comorbilità tipiche dell’età avanzata.

 

La mattina della domenica 10 giugno è stata dedicata ad onorare Frederick Hatfield, il grande Presidente di ISSA America scomparso lo scorso anno.
La prima relazione è stata svolta da Andrea Manzotti, Osteopata, e Dario Crippa, MFS ISSA Europe, sul controllo della forza.
A seguire la relazione di Silvano Busin, Direttore Scientifico di ISSA Europe, che ha dedicato la prima parte della stessa ad illustrare le leggi fisiche che regolano il moto e la forza, specificando quindi le equazioni matematiche specifiche e individuando le unità di misura della forza (Newton) e ricordando come in fisica il peso non è uguale alla massa, infatti bisogna dividerlo per 9.8 per ottenere l’esatto valore.
Attraverso diverse slide è stato evidenziato lo schema di funzionamento del sistema motorio: da un lato la struttura che parte da aree corticali e sub-corticali, interagisce con i nuclei della base e il cervelletto, vede l’intervento talamico, l’attivazione della corteccia motoria che si espande al midollo spinale.

 

Quest’ultimo termina nel sistema nervoso periferico e nelle sue unità motorie. Parallelamente si sviluppa il piano di movimento che partendo da un impulso iniziale si trasforma in progetto di movimento e successivamente, passando attraverso delle “stazioni” di informazione, si concretizza nell’esecuzione del movimento desiderato. Tutto ciò viene inoltre controllato da fenomeni di feedback provenienti dai propriocettori che permettono la regolazione fine del programma motorio.

 

Non va inoltre dimenticato che nel controllo neuromuscolare ci sono dei livelli di controllo strettamente legati ai sistemi cognitivi e come questi ultimi possono incidere pesantemente nell’attività muscolare.
L’esercizio in sé è condizionato dalle efferenze e afferenze degli organi di senso, ma anche dal concetto di analogia: faccio un movimento, lo ripeto, lo imparo, lo eseguo in modo automatico (esempio, guidare l’automobile). Tutto ciò è legato al concetto di neuroplasticità cerebrale: si supera il dogma di una organizzazione cerebrale funzionale statica per passare ad un concetto di rimodellamento delle mappe neurosinaptiche che cambiano struttura e funzione in risposta agli stimoli sia durante lo sviluppo sia nel corso della vita adulta. Tutti questi stimoli possono essere endogeni oppure ambientali e si adoperano specialmente nei processi di riabilitazione e nel compimento di allenamenti complessi.

 

Dal momento della nascita il nostro cervello avrà un compito ininterrotto: creare connessioni tra una cellula e l’altra. Tutto ciò continua anche durante la vita adulta, anche se dall’età di 30 anni si perdono circa 100.000 neuroni al giorno e, partendo da un patrimonio di 30 miliardi di cellule, è stato calcolato che un uomo nel corso della sua vita perda circa il 28% dei neuroni di cui dispone.

È stato poi affrontato il concetto di funzione cerebrale globale per cui esistono due teorie contrastanti: una dice che la corteccia è in grado in qualsiasi area di eseguire ogni funzione e un’altra afferma che funzioni specifiche sono deputate a regioni cerebrali specifiche. Per ultimo è stato illustrato come i neuroni possano mettere in atto un meccanismo di compenso. Se una lesione colpisce una serie sinaptica e quindi un neurone va incontro a degenerazione, il prolungamento assonico con altre serie di neuroni può venire riattivato attraverso un meccanismo di attivazione di sinapsi silenti, cioè collegamenti non attivi ma che si rimettono in funzione per diminuire l’esito della lesione e che quindi forniscono una spiegazione scientifica al concetto di riabilitazione e recupero motorio.

Nell’anziano la perdita di forza sembra essere meno marcata in coloro che praticano attività fisica, nonostante che vi sia la perdita delle fibre di tipo II. Vi è un fenomeno chiamato rimodellamento dell’unità motoria che fa sì che queste fibre (di forza) vengono reinnervate da assoni di fibre lente (tipo I): tutto ciò porta ad avere nell’anziano muscoli costituiti in modo più uniforme da fibre lente, con poche unità motorie più grandi che mimano la funzione delle fibre di tipo II. Insomma, l’organismo si organizza per combattere al meglio la degenerazione muscolare.

 

Successivamente riecco Claudio Suardi, Direttore Tecnico di ISSA Europe, che ha spiegato come alcuni individui, che vengono allenati, siano individuati come “non responder” perché hanno una scarsa risposta allo stimolo sia dell’allenamento che dell’alimentazione e che a volte vengono “abbandonati” proprio per queste caratteristiche.

 

Questo però non significa che possano migliorare attraverso un lavoro diverso rispetto a quello usualmente proposto. La domanda da porsi è: esistono veramente soggetti che non rispondono allo stimolo dell’allenamento o forse non abbiamo messo in campo tutte le competenze a disposizione?

 

In realtà si è visto che i fattori di crescita, associati all’ipertrofia, aumentano in misura maggiore nella fase post-allenamento nei soggetti “high responder” perché facilitati nella riparazione muscolare attraverso i mionuclei (geneticamente dipendenti), oltre che avere un risposta migliore all’infiammazione indotta.

Si è visto che in tutti gli individui vi è una risposta infiammatoria nel post-allenamento, molto lenta nella sua risoluzione nelle persone “non responder”.

 

Tutto ciò risponde al concetto che l’eccessivo danno muscolare inibisce l’ipertrofia e fa sì che i muscoli riescano a recuperare molto lentamente ma non a crescere. Attraverso la programmazione dell’allenamento, l’alimentazione e l’analisi della composizione corporea si è in grado di programmare al meglio un percorso di allenamento anche in soggetti con scarse doti ipertrofiche.

 

È salito poi sul palco Stefano Zambelli, Direttore Tecnico di ISSA Europe, che ha riassunto il messaggio fondamentale che doveva passare attraverso la sessione domenicale: la forza è la qualità primaria per uno sportivo e in particolar modo per un atleta di vertice ed è l’unica vera capacità condizionale da cui discendono tutte le altre possibili manifestazioni della contrazione muscolare.

 

 

Un qualsiasi gesto prevede l’estrinsecazione di una forza, quindi il possedere e il mettere in moto, più velocemente possibile, dei muscoli: muscoli che bisogna possedere nella giusta quantità secondo la disciplina praticata, che devono possedere un elevato grado di forza massima e che devono poi essere condizionati, con opportune metodologie di lavoro, ad esprimere velocemente tale quantità di forza. Nella preparazione atletica di vertice il primo obiettivo è concentrarsi sullo sviluppo della forza massima, con l’utilizzo di carichi pesanti, per poi passare a metodi combinati per l’ottimizzazione dell’espressione di potenza (la potenza è legata al carico e alla velocità).

 

Questo concetto è estremamente importante nell’applicazione pratica: l’atleta si deve prefissare e deve essere stimolato nel muoversi il più velocemente possibile, qualsiasi sia il carico imposto: deve essere potente ed esplosivo a livello neuromuscolare fin dal riscaldamento perché prima di tutto si deve diventare atleti forti e potenti, poi si diventa giocatori!

 

 

Il penultimo relatore è stato Antonio Parolisi, laureato in Scienze Motorie e Osteopata, che ha parlato di allenamento pliometrico.

 

Terminava la lunga mattinata la relazione di Francesco Malatesta, MFS ISSA Europe, che ha parlato di GAS, acronimo di sindrome generale di adattamento, uno dei sei principi fondamentali dell’allenamento, specifico della programmazione che indica di modulare l’intensità alternando sollecitazioni stressanti a sedute più leggere.

 

“Spingere” sempre di più può avere effetti negativi se non si assume uno stile di vita adeguato, non si dorme con qualità, non si sceglie la giusta quantità-qualità di energia (principio della sovracompensazione) in funzione della stimolazione realizzata (principio del SAID).

 

 

Il relatore ha individuato in un percorso virtuoso il necessario approccio per l’allenamento della forza, indicando: test qualitativi della composizione corporea per rilevare lo stato e l’andamento nutrizionale; tipologia di programmi, caratteristiche tecniche, validazioni e fondamenti; parametri del training costituiti dalla media delle percentuali di carico applicate, volume di lavoro prodotto, tipologia di contrazioni e tempi di recupero; consigli nutrizionali indirizzati dalla qualità dei sistemi coinvolti e dalle spinte anaboliche prodotte.

 

Un grande applauso è sorto spontaneo dalla platea gremita di partecipanti. Terminava così la XX Convention ISSA Europe, con le parole del Presidente Borelli che ringraziava tutti i partecipanti, i docenti, la segreteria, gli sponsor che avevano condotto ad un nuovo successo della manifestazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a cura della Direzione Scientifica e Tecnica ISSA Europe

 

 

 

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