Il diabete è una patologia che sta aumentando in maniera significativa in tutto il mondo: tenendo da parte il tipo 1, o giovanile, che ha delle peculiarità specifiche, quello che maggiormente interessa l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è invece il tipo 2, cosiddetto “dell’adulto”. A livello mondiale sarebbe malata il 4,3% della popolazione e le previsioni appaiono catastrofiche: se non si procederà ad un’intensa campagna educazionale si stima che nel 2035 i diversi tipi di diabete potrebbero arrivare a 595 milioni di casi.
Recentemente, presso la sede dell’Istituto Superiore della Sanità di Roma, sono stati presentati i risultati di uno studio epidemiologico riferito alla diffusione del diabete in Italia. Secondo i dati presentati, nella popolazione italiana la presenza di questa patologia ha raggiunto il 6%, di cui una percentuale preoccupante di persone che hanno la malattia senza saperlo pari a circa il 2% (vengono stimate circa 2 milioni di soggetti). I dati a disposizione indicano che quasi il 65% delle persone malate è nella sesta decade di vita o comunque superiore ai 65 anni, il 2% ha un’età inferiore ai 20 anni e, dato più pesante dal punto di vista assistenziale, il 35% dei soggetti è ancora inserito nel ciclo produttivo lavorativo, in un’età compresa tra i 20 e i 64 anni.
Questi ultimi dati fanno riflettere, poiché valorizzano uno dei “pilastri” della terapia del diabete, quello dell’educazione. “Per ritardare la comparsa del diabete e per contrastarne la progressione, la terapia si basa su quattro pilastri fondamentali, di cui tre sono farmacologici” spiega Andrea Giaccari, diabetologo, docente di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e responsabile del Centro per le Malattie endocrine e metaboliche della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs.
“Innanzitutto, l’alimentazione, non intesa come dieta, ma come alimentazione sana, per raggiungere un peso forma e mantenerlo nel tempo. Il secondo pilastro è l’attività fisica, cui segue proprio l’educazione: è fondamentale che il soggetto sappia cosa sta sta succedendo, quali sono gli effetti delle conseguenze della malattia diabetica, affinché tenga sotto controllo il proprio diabete e i relativi fattori di rischio. La terapia farmacologica è solo il quarto pilastro che regge il tempio della terapia del diabete”. I dati Istat che hanno contribuito a questo quadro permettono di definire ulteriori dettagli. Per esempio, si riscontra che al Sud la prevalenza del diabete raggiunge il 6,5% con un picco superiore all’8% in Calabria.
La conclusione di queste brevi note è che il diabete, proprio per la sua silenziosità nell’emergere come malattia, ha la necessità di avere una forte collaborazione tra i medici specialistici e i tecnici del movimento intendendosi tutti coloro che si interessano di semplice attività fisica, di sport e di fitness. Questa collaborazione, fondamentale negli anziani, deve però essere presente soprattutto nelle giovani generazioni allo scopo di valorizzare la prevenzione che economicamente abbassa drasticamente i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. “Meglio prevenire che reprimere”: aforisma quanto mai attuale e significativo.
a cura della Redazione
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Autore: Redazione Fitness&Sport
Tags: allenamento, diabete, diabete tipo 1, diabete tipo 2, glicemia, medici, OMS, personal training