“Perché praticamente tutti gli organismi pluricellulari vanno incontro a processi di invecchiamento e senescenza cellulare?
E perché non tutti con la stessa velocità e con le stesse dinamiche? A queste domande la biologia sta cercando di rispondere da circa sessanta anni. Ma ancora non abbiamo un quadro d’insieme.”
Quel che sappiamo è parecchio, ma non tutto: sappiamo che la velocità dei processi di invecchiamento e la speranza di vita di un gruppo di specie animali è collegata
grossolanamente con la taglia e con la velocità del metabolismo, ma che tale relazione salta se ci spostiamo da un raggruppamento animale all’altro.
Ad esempio, restando nei mammiferi, il topolino domestico, di soli 30 g di peso, la cui gravidanza dura appena ventuno giorni e che raggiunge la maturità sessuale attorno al mese di vita, mostra segni di senescenza già ad un anno, e non vive più di due; all’estremo opposto l’elefante africano, con le sue 3-4 tonnellate di peso e la sua gravidanza di 22 mesi è anche uno dei mammiferi più longevi, ma, come dicevo, questo rapporto matematico salta se dai mammiferi passiamo agli uccelli: un uccellino della taglia di un canarino, che pesa meno di un topo e cova le sue uova per soli 14 giorni, i cui piccoli raggiungono l’indipendenza in un mese, è in grado di vivere fino a dieci anni, contro i 24 mesi del topo.
A queste differenze ancora non abbiamo una risposta univoca.
I processi di senescenza cellulare e il declino fisico dei pluricellulari sono stati spiegati con l’adempimento delle funzioni per le quali l’organismo stesso si è evoluto ed è nato: che ci piaccia o no, dal punto di vista evolutivo siamo macchine per la replicazione del DNA, l’intero nostro ciclo vitale è incentrato sul raggiungimento della maturità sessuale e sugli eventi di riproduzione sessuale che possiamo mettere in atto. Per cui, animali che sono in grado di riprodursi una volta sola, o poche, come nel caso di alcuni pesci (celebre, il salmone, che si riproduce una sola volta nella vita), vanno incontro a processi di senescenza cellulare e invecchiamento rapidissimi, una volta terminata la riproduzione.
Ma che succede invece se l’organismo viene messo in condizione di “percepire” che può funzionare in modo efficiente ancora per molti anni, e che la cessazione dell’attività
riproduttiva è un evento ancora lontano? Studi su diversi gruppi di mammiferi in laboratorio mostrano che i processi di invecchiamento sembrano rallentare e la senescenza cellulare viene tenuta sotto controllo.
Da parecchi anni vengono condotti studi di coorte su roditori, e recentemente anche su primati non antropomorfi , per cercare di collegare uno stile di vita sano ed a ridotto input calorico con il rallentamento dei processi di invecchiamento cellulare.
Proprio quello che la scienza del fitness sta scoprendo negli ultimi anni. Lo studio dei processi di invecchiamento in persone che hanno sempre condotto uno stile di vita sano, che hanno controllato il peso, che hanno fatto attività fisica regolare, sembra confermare che “convincere” il nostro organismo di “avere ancora molto lavoro da fare” può spostare indietro le lancette di quel piccolo, inesorabile orologino interno che tutti noi ci portiamo dentro.
Come in altri campi della vita umana, dunque, è tutto ciò che si costruisce a venti-trent’anni che “rende “ a sessanta: la via per una longevità sana è una strada lastricata di buone abitudini che cominciano subito dopo l’adolescenza! Anche la nuovissima disciplina dell’epigenetica, che studia i cambiamenti apportati al DNA a seguito di modificazioni dello stile di vita, sembra esserci d’aiuto nel comprendere le differenze individuali nei processi di invecchiamento, anche se, stavolta, meriti e colpe non possiamo attribuirceli direttamente.
Oggi sappiamo che eventi importanti che hanno segnato la vita di una generazione (come carestie dovute a guerre, incidenza di malattie epidemiche, esposizione a fattori inquinanti o teratogeni…), causano la modificazione di piccoli tratti di DNA, che poi viene trasmesso alla generazione successiva.
Non si tratta naturalmente di mutazioni: la teoria dell’Evoluzione di Charles Darwin è sana e più valida che mai. Sono aggiunte di gruppi metilici ad alcuni tratti del DNA dei genitori, che cambiano leggermente la forma e la funzione delle proteine da essi prodotte: per cui, quei genitori che hanno sperimentato le carestie della guerra, produrranno figli che sono maggiormente in grado di ingrassare e, nelle condizioni odierne, più predisposti all’obesità e alle patologie ad essa connesse, come le sindromi metaboliche.
La epigenetica, per queste ragioni, è uno dei più affascinanti e promettenti campi della biologia moderna.
Avremo modo di addentrarci meglio in questi due temi e scoprirne le interconnessioni nel corso della Convention ISSA Europe 2016.
Simone Masin,
M.Sc, PhD.,M.ES.,
Università Bicocca di Milano
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