Invecchio ma non mollo [parte 2 di 2]

Il muscolo è essenzialmente un “trasformatore di energia”: dal rifornimento energetico (CIBO) al metabolismo (una moltitudine di complesse reazioni che lo trasformano in energia), dall’energia elettro-chimica a quella meccanica applicata sulle leve osteo-articolari, per produrre “movimento”, al lavoro, alla potenza… alla prestazione (influenzata dal genotipo e dal fenotipo). Dopo i 40-50 anni questo “trasformatore” diminuisce QUANTITATIVAMENTE e QUALITATIVAMENTE.

 

Di conseguenza, diminuisce la funzionalità motoria con un maggior deposito di grasso corporeo. Un circolo “vizioso”. Il punto cruciale dell’AGING è quindi la SARCOPENIA: “perdita di massa e funzionalità del muscolo” (Rosenberg, 1988). Sinonimi a volte utilizzati per descrivere velocemente il  fenomeno sono lo stato di IPOTROFIA e/o ATROFIA, la cui distinzione sottile potrebbe essere solo di ordine quantitativo nel defi cit stesso intendendosi l’ATROFIA come una riduzione notevole del volume, delle dimensioni, in sviluppo, di un organo o di un apparato (Treccani.it).

 

A volte in questo quadro compare il termine CACHESSIA: stato di profondo deperimento generale,  caratterizzato da prostrazione, rallentamento delle capacità psichiche, perdita di appetito e riduzione delle masse adipose e muscolari (bilancio azotato negativo), espressione di diverse condizioni (da denutrizione e fame, endocrina, da infezioni, da demenza o anoressia, neoplasica, autoimmune, da tossicodipendenza). Alcuni Autori, con precisione dettata da ulteriori studi, consigliano di distinguere il termine SARCOPENIA in “FUNZIONALE” (diminuzione della capacità prestativa, in particolare di forza) e “VERA” (effettiva perdita quantitativa di massa muscolare).

 

Recenti studi longitudinali indicano che i cambiamenti legati all’età nella MASSA MUSCOLARE giustificano meno del 5% dei cambiamenti nella FORZA con l’avanzare dell’età (Clark, Manini 2008). Quindi I cambiamenti nella MASSA MUSCOLARE e nella FORZA NON seguono lo stesso andamento in termini di tempo per cui si raccomanda di usare il termine DINAPENIA (dal greco “dynamis” = forza e “penia” = povertà) per indicare la perdita di FORZA legata all’età. In generale si può dire che la “SINDROME SARCOPENICA” porta ad ATROFIA MUSCOLARE (G.N. Bisciotti, 2012).

 

Qualunque sia il termine che si utilizza per descrivere “l’ATROFIA DA INVECCHIAMENTO” appare chiaro che è un fenomeno complesso e multifattoriale, originato da “alterazioni muscolari”: effetto proprio della senescenza, disuso, patologie e traumi, diminuzione delle unità motorie (perdita di motoneuroni-α), modificazioni ormonali, alterazioni metabolismo proteico, stress (Larsson et al. 1978; Larsson e Ansved 1995; Faulkner et al. 1995).

 

Questo processo “fisiologico” dà origine a varie sindromi dolorose nell’anziano, prima tra tutte la “Low Back pain” senza evidenti danni clinici. Il punto chiave rimane comunque “una alterazione di sintesi delle proteine” (Orgel, 1963). Fondamentali in questo campo, mcome già ricordato in modo autorevole sulle pagine di questa rivista nei numeri precedenti, gli studi di G. Brooks, di Pastoris, e in Italia di G. Montanari (“Muscle cell and oxidative damage in aging: a century of hypothesis and personal contribution”, 1996) che identificarono fondamenti e differenze tra fatica (sindrome da fatica cronica) e vecchiaia [meccanismo di accumulo delle “cellule delete” inattive soprattutto a carico dei muscoli della statica, involuzione e limiti del sistema energetico cellulare e del sistema rigenerativo, chiarendo che la “Sindrome da fatica Cronica” non è altro che “una vecchiaia anticipata” (G. Montanari, L. Vecchiet, et al. 1994)].

 

Con l’invecchiamento diviene deficitario “l’arruolamento muscolare”: diminuiscono la velocità di conduzione neuromotoria, l’ampiezza dell’onda (“rate coding”, sviluppo dei potenziali d’azione). Diminuisce la forza isometrica volontaria, aumentano in % le fibre aerobicoresistenti di tipo I e diminuiscono percentualmente quelle potenti-anaerobiche di tipo IIa e IIx.Eclatante l’aumento dell’inefficienza mitocondriale e la caduta  dell’ATP di fibra (Pastoris et al., Lezza et al., Petruzzella et al., Montanari, Ribacchi et al., Pansarasa et al., Fanò et al.)

 

Si ha dunque una IPOTROFIA DI TUTTI I TIPI DI FIBRA, in primis e in particolare di quelle che esprimono “FORZA”. Eppure le proposte di allenamento e ricondizionamento per l’anziano sono tutt’ora a indirizzo prevalentemente “aerobico”! Qualcosa non torna… Per molto tempo gli studi EMG hanno portato a concludere che un aumento di forza nelle persone anziane impegnate in un allenamento per tale capacità condizionale, fosse strettamente dipendente da cambiamenti neurali: aumento della frequenza di scarica dei motoneuronie maggior reclutamento delle UM (Moritani, DeVries  1979). Ulteriori approfondimenti hanno rilevato che l’allenamento PER LA FORZA (80% 1-RM x 12 settimane) produce ipertrofia muscolare in uomini dai 60 ai 72 anni (Frontera e coll 1988). L’aumento relativo all’area muscolare è simile ai valori riportati per uomini giovani se l’allenamento con sovraccarichi è ben condotto (Luthi e coll. 1986). Le ricerche hanno anche mostrato aumenti significativi nella dimensione muscolare delle DONNE ANZIANE dovute ad un  allenamento per la FORZA ad ALTA INTENSITA’ (80% 1-RM) (Charette e coll. 1991; Fiatarone e coll. 1991).

 

sarcopenia

 

Fondamentale per l’ANTI-AGING diviene, come sempre, non solo l’aspetto allenante (Cosa fare? Perché farlo?), ma il connubio allenamento (CARICO) + recupero (RIGENERAZIONE) nel senso più ampio e completo del termine (Quanto fare? Quando farlo?). La correttezza del RAPPORTO LAVORO-ALLENAMENTO (utilizzo dei sistemi energetici elettrochimici) e RIPOSO-RECUPERO (rigenerazione cellulare) determinano l’equilibrio cellulare interno: l’omeostasi, o meglio, l’eterostasi (“IN-YANG HYPOTHESIS”, Golberg 1975, premio Nobel). Uno dei “primi attacchi” che  subiscono  muscoli anziani è quello ad opera dei RADICALI LIBERI (ROS: Reactive Oxigen Species), quindi uno STRESS OSSIDATIVO che porta ad un accumulo di ALDEIDI tossiche nel tessuto muscolare (MDA, MalonDiAldeide) e, a “cascata”, all’aumento delle perossidazioni lipidiche, della SOD (Superossidodismutasi) quindi ad una minor funzionalità mitocondriale (fenomeno detto di “addensamento delle creste mitocondriali”) con deficit nella produzione di energia (Fanò et al. 2001; Fulle et al. 2005). Aumenta il Calcio citoplasmatico con danni da tossicità alla membrana cellulare, diminuisce il Glutatione endogeno, aumenta il catabolismo delle proteine strutturali complesse legate alla produzione di forza (actina, miosina…).

 

Si va incontro ad un invecchiamento anticipato “nutrito” dalla stessa “mancanza di vitalità muscolare” (G. Montanari 2014) con l’instaurarsi, come già ricordato, del circolo vizioso della sedentarietà e della stanchezza cronica. La perdita di massa muscolare legata all’età è, un fattore indipendente predittore di mortalità. Vale a dire che avere pochi o pochissimi muscoli riduce le aspettative di vita incrementando il rischio di morte per tutte le cause. (“Sarcopenia and mortality risk, results from il SIRENTE study”, AgeAgeing 2013; J Am Med Dir Assoc. 2012). Dovrebbero bastare i riscontri di questi studi recenti per spingere le persone ad allenarsi “muscolarmente” se sedentarie, o a variare l’allenamento da solo “aerobico” ad un mix di attività di endurance e lavoro muscolare a medio-alta intensità. Teoricamente l’UOMO, dotato in media di maggiore massa muscolare rispetto alla DONNA, sembrerebbe avvantaggiato. Ma con il passare degli anni è soggetto ad una perdita maggiore e la differenza tra i sessi diventa ragguardevole dopo gli 80 anni. Ottuagenari gli uomini arrivano con circa il 40% in meno di massa muscolare rispetto all’età di 35-40 anni; le donne over 80 hanno lasciato per strada “solo” il 18 % di massa muscolare (Australas J Ageing 2011). E’ un vero e proprio “bonus salvavita” per il gentil sesso, che va difeso e conservato. Inoltre un allenamento di forza progressivo, costante e ben strutturato può contribuire a raggiungere il picco massimo di MASSA OSSEA nella pre-menopausa e aiutare a mantenerla nel periodo post-menopausa (Layne, Nelson 1999).

tabella linee

Sappiamo come l’ESERCIZIO MUSCOLARE rappresenti un forte stimolo per l’apparato endocrino. Se consideriamo “l’ASSE SOMATOTROPO” la secrezione di GH e IGF-1 diminuiscono nel corso dell’invecchiamento, infatti il tasso di GH di un sessantenne sarebbe considerato patologico in un giovane adulto (soggetto giovane: 1,5 mg/die, soggetto anziano max 50 μg/die) (Duclos, 2006; Vermeulen e coll. 1996). Numerosi studi che si sono indirizzati verso la “supplementazione” di GH nel soggetto anziano, hanno riportato un aumento della massa muscolare associato ad una diminuzione del rapporto Massa grassa / Massa Magra, ma NON un contemporaneo aumento della FORZA muscolare, a meno che alla somministrazione si associ un idoneo programma di allenamento (Taaffe e coll. 1996; Brill e coll. 2002). Ancora una volta viene sottolineato il ruolo “cruciale” dell’esercizio di FORZA nel soggetto “master”. Nell’UOMO il TESTOSTERONE TOTALE (TT) e la sua quota libera (TL) diminuiscono progressivamente con l’età ad una velocità pressoché costante a partire dalla terza decade di vita. Il TL si calcola partendo dal rapporto esistente tra TT e SHGB (TL = TT/SHGB dove SHGB: Sex Hormone-Binding Globulin, la sua proteina di trasporto plasmatica); quest’ultima tende all’aumento con l’età per cui la diminuzione di TL nel corso dell’invecchiamento è relativamente maggiore rispetto a quella di TT (Harman e coll. 2001).

 

gambe


Con il passare degli anni si ha meno quota libera biodisponibile per le importanti funzioni fisiologiche a cui è deputato. La funzione sessuale sembra essere garantita anche con tassi di testosterone sierico inferiori alla media; al contrario il mantenimento degli schemi comportamentali necessitano, nel corso della vecchiaia, di un tasso di TESTOSTERONE maggiormente elevato (Duclos, 2005).

 

Il soggetto anziano mantiene comunque la capacità di aumentare la secrezione ormonale (GH) in risposta allo stimolo rappresentato dall’esercizio fisico, soprattutto ad alta intensità, anche se chiaramente inferiore a quella di un soggetto giovane (Hagberg e coll. 1988). Questa diminuita secrezione di GH in risposta all’esercizio nel corso dell’invecchiamento dipenderebbe, più che dal passare degli anni in sé, da due fattori principali: il GRASSO VISCERALE e il LIVELLO DI CONDIZIONE FISICA DEL SOGGETTO (Vahl e coll., 1996). Punto chiave per il personal trainer  divengono l’analisi di composizione corporea approfondita, in grado di discernere l’entità dei depositi adiposi del corpo (Grasso corporeo sottocutaneo e Grasso profondo viscerale) e la valutazione funzionale mirata (TEST).

 

CIBO e PASTI contano molto con l’avanzare dell’età nella strategia “ANTI-AGING”. La risposta anabolica ai pasti DIMINUISCE con l’età: una integrazione strategica con proteine ricche di AMINOACIDI ESSENZIALI, specialmente leucina e ramifi cati, può ripristinarla. Oserei dire che, l’integrazione ragionata, conta ed ha più senso nel soggetto anziano rispetto al giovane, dove nella maggior parte dei casi è un “surplus” con poco senso. Questo fenomeno defi nito “ANABOLIC RESISTANCE” (“Resistenza Anabolica”) tipica degli anziani è più evidente nei soggetti sedentari rispetto a quelli allenai dove si attenua di molto (N.A. Burd, S.H. Gorissen, LJC van Loon 2013). Gli “over” offrono una sorta di “resistenza” alla sintesi proteica adattativa anche post-allenamento e, se l’obiettivo è avere un vantaggio anabolico per l’IPERTROFIA (intesa come ripristino e mantenimento della giusta proporzione di massa muscolare scheletrica), meglio UNA SINGOLA e corposa assunzione di PROTEINE A DIGESIONE “RAPIDA” nel post training (West et al. 2011, Am J Clin Nutr). Bisogna ricordare che il fabbisogno proteico AUMENTA dopo i 65-70 anni anche quando il peso corporeo diminuisce: perdere masse muscolari non signifi ca avere meno bisogno di proteine alimentari, anzi, occorrono più aminoacidi per mantenere integro il patrimonio contrattile

 

body composition

rimasto e se possibile per rigenerarlo (D. Paddon-Jones, K. R. Short, W.W. Campbell et al., “Role of dietary protein in the sarcopenia of aging”, Am J Clin Nutr 2008).

 

Oltre che più proteine in generale anche “l’intake proteico/aminoacidico” post-esercizio diviene importante per un effetto sinergico sulla sintesi proteica indotta dalla contrazione di forza: meglio immediatamente alla fi ne dell’esercizio (“TIMING”), con un vantaggio fi no a 2 ore nel postallenamento (Esmarck et al., 2001). L’apporto suffi ciente per stimolare la sintesi proteica massima sembra essere di 10 g di Aminoacidi essenziali o 20 g di proteine di alta qualità. Chiaro che questa spinta “esercizioalimentare” dura al massimo per 2-3 ore (Moore D.R., Robinson M.J. et al. 2009, Am J Clin Nutr).

 

IL “FENOMENO DELL’INVECCHIAMENTO” da sempre interessa l’uomo in un quadro di spiegazioni (“Teorie”) molto ampio. Si va dalla TEORIA EVOLUZIONISTICA (concetto di soma disponibile) alle TEORIE INTEGRATIVE (sistemi di mantenimento dell’omeostasi generale), per finire a

popolazione over 65

quelle CELLULARI (influenze ambientali e qualità del genoma). Curioso e stimolante per riflessioni tecniche l’elenco dei “difetti di progettazione” che fanno dell’uomo un “progetto biologico fallimentare” nei confronti dell’AGING secondo Gian Nicola Bisciotti, così come mirabilmente riassunto in un suo recente articolo (“Se dovessimo rivedere il progetto”, G.N. Bisciotti, in “STRENGTH&CONDITIONING”, Anno III – n° 8) e più ampiamente trattati nel suo recente testo (G.N.Bisciotti “L’INVECCHIAMENTO: biologia, fisiologia e strategie anti-aging”, Calzetti&Mariucci 2012).

 

Riassumendoli:
– Usura meccanica dell’apparato osteo-muscolo-legamentoso, in primis l’OSTEO-ARTROSI (Donne 1 su 4, Uomini 1 su 8). Quindi “muoversi meglio” e non in modo esasperato, rispettando i “LIMITI FUNZIONALI” soggettivi. (NOTA personale: curioso come in questi ultimi anni le proposte “funzionali” spopolino…ma siano “in gruppo”, di solito “spinte” ad alta intensità e poco o niente personalizzate ed individuali).

SARCOPENIA, come già ampiamente ribadito. Semplificando un’ATROFIA MUSCOLARE generalizzata con SCADIMENTO delle CAPACITA’ DI FORZA. Quindi in età avanzata proporre un allenamento muscolare specifico di forza/potenza.
VARICOSI (malattia varicosa). Debolezza delle pareti venose e loro abnorme dilatazione a predisposizione
genetica
PARETE MUSCOLARE ADDOMINALE, in particolare del “quadrante” inferiore con predisposizione ad erniazioni inguinali”.

– Varie “PATOLOGIE DELLA STAZIONE ERETTA”: tendenza generale dei visceri ad “abbassarsi” nella postura ortostatica bipede. Da qui predisposizione alla stasi intestinale, alla costipazione, alla ptosi degli organi interni, al varicocele, alla congestione venosa. Da ricordare sempre, in un ragionato approccio ANTI-AGING con il cliente, che il PROCESSO d’INVECCHIAMENTO FISIOLOGICO e tutte le patologie dell’AGING connesse e correlate, non sono un fenomeno né innaturale né evitabile per l’evoluzione (G.N. Bisciotti, 2014). L’ITALIA è al 2° posto nella classifica Europea per l’ASPETTATIVA di VITA (79,12 anni) e al 1° posto per quel che riguarda l’ASPETTATIVA di VITA in SALUTE (71,20 anni) (rapporto PFIZER). Tuttavia solo il 19,1% della popolazione anziana italiana giudica soddisfacente il proprio stato di salute.

 

Si può fare molto per la qualità della vita, anche con l’allenamento fisico. In fisiologia vale il detto “SI PERDE CIO’ CHE NON SI USA”, sia per “l’aristocratico” cervello che per “i proletari” muscoli. Quindi diamoci da fare: allenamento “pesante”, “ragionato”, con cognizione di causa. Con un buon PERSONAL TRAINER.

 

TEST DEL CAMMINO dei 6 minuti (The Six-minutes walk test).

E’ un semplice test di valutazione della funzionalità aerobica: in pratica si tratta di rilevare la massima distanza che un soggetto riesce a percorrere su di una superficie pianeggiante (un percorso lineare di 30 m o uno rettangolare di 20 x 5 metri) nel tempo di 6 minuti.

 

E’ una variazione adattata alla popolazione anziana e/o portatrice di patologie cardiorespiratorie, del più noto test di Cooper. Ha una buona correlazione con il tempo necessario a raggiungere l’85% della frequenza cardiaca massima teorica su di un test progressivo svolto su tapis roulant in una popolazione anziana di ambo i sessi (Rikli e Jones, 1997).

 

Il test evidenzia l’aspettato declino delle prestazioni di ENDURANCE AEROBICA nei vari gruppi di età, suddividendo gli individui tra livello di attività fisica basso o alto, assegnando un punteggio alla capacità funzionale; l’affidabilità del test ripetuto è sufficientemente alta (r = 0,94) (Rikli e Jones, 2001).

RIFERIMENTI per la VALUTAZIONE della FUNZIONALITA’ AEROBICA in soggetti anziani Maschi e Femmine nel TEST del CAMMINO di 6 minuti (adattato da R. Rikli e C. Jones, “Senior  Fitness Test Manual”, 2001 – Human Kinetics)

punti critici

tabella numeri

Semplifichiamo. Prendendo come riferimento la VELOCITA’ minima del cammino che un soggetto anziano over 65 deve essere in grado di mantenere (4 – 4,7 Km/h ovvero 67 – 78 m/min o 1,1 – 1,3 m/sec) per non incorrere potenzialmente in problematiche di mantenimento dell’autonomia nelle normali attività quotidiane, nel test del cammino dei 6’ dovrebbe percorrere almeno 400 – 470 m in 6’. (in V. H. Heyward “FITNESS UN APPROCCIO SCIENTIFICO”, Edizioni Sporting Club Leonardo da Vinci – Milano, 2013).

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