Programmazione & Periodizzazione. Nulla nasce per caso.

“Nell’ allenamento nulla avviene per caso ma per pianificazione, periodizzazione e personalizzazione.”

 

 

I sei aspetti fondamentali da considerare riguardo all’allenamento con i pesi sono:
• Anatomia
• Fisiologia
• Biochimica
• Biomeccanica
• Periodizzazione
• Personalizzazione

 

Esiste l’individuo, una postura, un’articolarità e una capacità di adattamento soggettive. Esiste soprattutto una risposta diversa a parità di stimolo in ciò che è stata chiamata “individualità biochimica”.

 

Solo il rispetto di questi concetti farà si che, attraverso questa base solida si possa costruire un allenamento veramente unico e sicuro per ogni persona.
Chi cerca la scheda miracolosa rimarrà deluso. Non esiste. Non può esistere per i motivi sopra descritti. Esistono invece strumenti in grado di fornirci informazioni riguardo all’andamento e la risposta all’allenamento.

 

Nell’allenamento nulla avviene per caso ma per pianificazione, periodizzazione e personalizzazione. La periodizzazione è la programmazione dell’allenamento che permette di raggiungere l’obiettivo prefissato attraverso delle fasi che variano in funzione del possibile risultato finale.

 

Le domande che sono poste, di solito, al cliente al momento della richiesta di un allenamento personalizzato sono:
• Anzianità o esperienza d’allenamento
• Giorni d’allenamento settimanali
• Tempo a disposizione per seduta
• Obiettivo finale

 

In realtà sarà solo dopo la valutazione oggettiva e soggettiva dei test iniziali (antroplicometria, MUS, Bioimpedenza) e la ripetizione degli stessi si sarà in grado di capire ciò che funziona e ciò che non funziona.

 

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A questo punto ci dobbiamo porre due obiettivi: il primo a lunga scadenza (esempio fine dell’anno di lavoro) e il secondo intermedio (fine scheda, momento di controllo).

Se l’obiettivo finale è la forza, la periodizzazione varierà in funzione di quest’ultima preferendo più fasi della stessa all’interno del macrociclo. Stesso discorso vale sia se l’obiettivo è la definizione o l’ipertrofia.

Il metodo heavy duty (Mentzer, anni 80) è stato quello che ha introdotto il concetto dell’inutilità di allenamenti eccessivi e sconsiderati, soprattutto su soggetti principianti e intermedi.

Tiene in considerazione il recupero energetico, proteico e cellulare e ci fa capire come la super-compensazione vista nel modo classico è superata.

L’allenamento “medio” prevede un giorno di allenamento e uno di riposo oppure due giorni di lavoro, 1 di riposo, 2 giorni di lavoro, 2 di riposo. La curva della supercompensazione classica tiene conto solo del fattore energetico e non da elettroliti, ecc. stimabili invece attraverso analisi di composizione corporea qualitativa.
L’ipertrofia muscolare rappresenta l’incremento di volume delle fibre contrattili che porta all’aumento della massa muscolare. L’allenamento per l’ipertrofia, grazie ai sovraccarichi, crea delle lesioni muscolari che, se genetica, recupero, ormoni e alimentazione sono stati combinati nel modo giusto, porteranno il muscolo a incrementare il suo diametro.

 

L’ipertrofia muscolare coinvolge tutte le strutture subcellulari ma agisce in particolare sulle strutture contrattili.

Il carico produce microlesioni nel tessuto e in particolare nella fase eccentrica del movimento. L’organismo “in fisiologia” risponde ricostruendo il tessuto danneggiato depositando maggiori quantità di materiale proteico attraverso la produzione di nuove miofibrille di diametro maggiore e la produzione di nuovi sarcomeri. Le cellule muscolari a questo punto incrementano i depositi di Creatinfosfato CP, Adenosintrifosfato ATP e Glicogeno attraverso modificazioni che portano notevoli vantaggi nell’esecuzione di sforzi brevi ma intensi, tipici dell’attività anaerobica. Un buon lavoro rivolto all’ipertrofia passa attraverso una tensione meccanica, data dal carico utilizzato e dal tempo di tensione utile a risposte cellulari e molecolari nelle miofibrille e nelle cellule satelliti.

 

Il carico e il tempo di tensione devono essere adeguati. W. Kraemer ha definito questo metodo come “impegno ripetuto submassimale” utile alla degradazione delle proteine.
Questo grazie a due fattori: stimolo meccanico e tempo di tensione (TT). Il tempo di tensione “ideale” (durata del SET) dovrebbe essere tra 30”-40” e 70”.
Se il carico è troppo alto, il tempo di tensione (esecuzione di un set) sarà troppo breve (inferiore ai 30” di tensione continua). Se il carico è troppo basso, il tempo di tensione sarà troppo lungo (superiore ai 70” indicativi). Kraemer consiglia l’utilizzo di carichi compresi tra 6-8 e 10-12 con tempo d’esecuzione di ogni ripetizione tra 5” e 6” (metodo dell’impegno ripetuto submassimale) con recuperi incompleti ma che non limitino il set successivo. Dal punto di vista biochimico la fatica è caratterizzata dalla riduzione o dalla scomparsa delle sostanze che costituiscono i depositi energetici (creatinfosfato e glicogeno) contenuti nel muscolo e dall’accumulo di acido lattico che porta ad acidosi con conseguente inibizione degli enzimi implicati nella demolizione del glicogeno
e l’aumento del potassio extracellulare che rende i muscoli non eccitabili.

 

In uno stato di prolungata contrazione si osserva una minore capacità da parte del muscolo di fornire energia meccanica rilasciandosi molto più lentamente. Quando i meccanismi responsabili della resintesi di ATP non riescono a mantenerla a livelli ottimali, mettono in atto situazioni che non permettono di proseguire lo sforzo in maniera voluta. In uno sforzo d’intensità massimale e breve accade che il calcio non rientri più nei tubuli diminuendo il rilasciamento muscolare e quindi la contrazione successiva. Il potassio tende a uscire dalle fibre (per abbassamento delle concentrazioni di ATP) abbassando il potenziale d’azione e quindi l’ingresso del calcio. L’aumento della concentrazione di fosfati (a causa della scissione dell’ATP in ADP) inibisce l’accoppiamento eccitazione-contrazione.

La cellula muscolare ha a disposizione riserve limitate di ATP (circa 2,5 g/Kg di muscolo). Il nostro organismo ha comunque a disposizione dei sistemi energetici che gli permettono di risintetizzare continuamente ATP. Il grado di tensione meccanica (quantità di carico) e del tempo di tensione TT (durata del carico applicato) creerà una corretta combinazione di queste variabili (carico e durata) che massimizzeranno il reclutamento delle unità motorie.
A queste due variabili va aggiunto lo stress metabolico ottenuto attraverso la produzione di acido lattico. L’allenamento anaerobico lattacido, provoca una produzione di acido lattico che va ad abbassare momentaneamente il pH al quale è associato un aumento del GH. L’adeguato ed elevato stimolo meccanico con stress in allungamento deve portare alla produzione di ”fattore di crescita miogeno” locale a livello dei muscoli sollecitati con riparazione dei microtraumi da parte delle cellule satelliti (ipertrofia).

 

L’insorgenza del danno muscolare crea una reazione infiammatoria che porta alla produzione di miochine responsabili del rilascio di fattori di crescita che regolano la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti. Secondo diversi studiosi, l’aumento della sezione trasversa della fibra avviene dopo 10-14 settimane di allenamento continuo. L’allenamento iniziale porterà a un aumento di forza quasi esclusivamente per adattamento neurologico (Bosco, Kraemer e altri).
Il processo che porta all’ipertrofia muscolare è multifattoriale. Si è visto, infatti che la deplezione dei fosfati favorisce la proliferazione di poliribosomi, sedi di sintesi proteica. Che l’alta concentrazione di acido lattico produce delle microlesioni a livello della membrana cellulare che portano alla crescita attraverso ricostruzione e che i movimenti lenti, particolarmente nella fase eccentrica stimolino il rilascio di fattori di crescita insulino-simili IGF1 e IGF2 che sono i principali responsabili dello sviluppo di cellule embrionali da quelle satelliti.

 

La sequenza; tensione / danno / stress / recupero / alimentazione, sono i fattori che condizionano lo sviluppo muscolare. La variazione del pH nel citoplasma e nell’ambiente extracellulare è associata a molte condizioni fisiologiche come, ad esempio, l’esercizio intenso. Questo cambiamento influisce sulla sintesi proteica, controllate anche dal mTORC1. Un’elevata attività mTORC1 è stata osservata a valori fi siologici di pH 7.2 – 7.4.

Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica. In chimica, acidità signifi ca proprietà di una sostanza di mandare in soluzione ioni d’idrogeno H+, (idrogenioni) e si misura con il pH (potenziale Hidrogenium). Il pH è la misura di acidità di un liquido, i cui valori vanno da 0 a 14. Da zero a 6.9 si ha una condizione acida, sette è neutra, oltre abbiamo una condizione alcalina. I fluidi entrano ed escono da una cellula con una carica elettrica perché i nutrienti sono convertiti in elettricità, senza la quale il cervello non potrebbe comunicare con gli altri organi. La carica elettrica è favorita da alcuni nutrienti minerali. Se questi sono assenti nei liquidi, il corpo li prende dalle riserve, impoverendo anche la massa ossea. Il sangue umano ha pH, a livello arterioso, compreso tra 7,38 e 7,42. Il sangue non è perfettamente neutro ma leggermente alcalino, poiché il suo pH è di poco superiore al sette.
I processi metabolici che avvengono all’interno del corpo portano a continue variazioni del pH in un susseguirsi di apporto-eliminazione di “acidi” e “basi” che determinano modifiche nella concentrazione dello ione idrogeno (H+) con conseguente variazione del pH dell’organismo che deve far fronte a queste variazioni e mantenere il pH fi siologico (pH 7.38-7.42). Se l’ambiente in cui vivono le cellule diventa molto acido, tale acidità penetrerà all’interno delle cellule, alterando il pH del nucleo e creando i presupposti per quei fenomeni che sono comunemente chiamati “malattie da degenerazione cellulare”.

 

Come detto in precedenza, l’ambiente extracellulare (fluidi corporei) svolge l’importante compito di mantenere il pH rigorosamente entro i limiti fisiologici. Minime variazioni di H+ intra ed extracellulari hanno la capacità di modificare la carica caratteristica delle proteine con conseguenti modificazioni della struttura e della funzione. Lo stretto controllo nel mantenimento della H+ costante nei fluidi extracellulari è il risultato di una sinergia di meccanismi regolatori in cui sono coinvolti i sistemi di controllo propri nel sistema ematico e regolazione a livello renale, intestinale e polmonare. Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica.

 

A livello cellulare, nell’ipertrofia muscolare, le proteine contrattili aumentano di dimensioni e di numero.
Avviene anche un aumento nel liquido (sarcoplasma), e il tessuto connettivo non contrattile si diffonde all’interno del muscolo creando ipertrofia sarcoplasmatica non funzionale e non sarcomerica funzionale. L’ipertrofia muscolare è un processo multidimensionale, con numerosi fattori coinvolti.
Si tratta di una complessa risposta di segnali cellulari tra le cellule satelliti, il sistema immunitario, i fattori di crescita e gli ormoni, con le singole fibre muscolari di ciascun muscolo. Proteine segnale chiamate citochine, provenienti dal sistema immunitario, interagiscono con i recettori specializzati sui muscoli per promuovere la crescita del tessuto. Alcuni ormoni anabolici (che promuovono la crescita muscolare), includono l’IGF1, il testosterone e l’ormone della crescita (GH) che giocano un ruolo primario nel promuovere l’ipertrofia. Ci sono molteplici meccanismi che sono responsabili dello stimolo della crescita muscolare e, probabilmente, ognuno di questi meccanismi può essere stimolato mediante metodi di allenamento diversi.

 

Questi meccanismi sono: aumento della tensione muscolare o sollecitazioni meccaniche sul tessuto muscolare, deplezione di substrati energetici intramuscolari (fosfati, glicogeno) dovuta alle esigenze metaboliche; sollecitazioni meccaniche e metaboliche che portano a danni strutturali (micro-traumi), segnalazioni dallo stress meccanico sulle fibre muscolari, risposta ormonale (testosterone, GH, MGF, IGF-1, cortisolo), e risposta infiammatoria; sintesi proteica che porta all’ipertrofia muscolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Claudio Suardi

MFS Direttore Tecnico ISSA Europe

 

 

 

 

 

 

 

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