Pronking IDDM. Impara l’arte e mettila da parte.

“…Ho deciso di essere felice perchè fa bene alla mia salute. (Voltaire)

 

…Cos’è che rende realmente malati, la malattia o la persona? (Ippocrate rispose la persona)

 

Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella. (Galileo Galilei)”

 

 

In circa 15 anni di esperienza o poco più, ho conosciuto i mille volti di una patologia invisibile e silenziosa che non ti abbandona mai.

Questi volti hanno un nome, un sorriso, uno sguardo completamente diversi tra loro pur vivendo l’ennesimo disagio.

 

Quindi mi sono chiesta e continuo a chiedermi: “cos’è che rende realmente malati, la malattia o la persona?” (Ippocrate rispose la persona ).

 

 

Nel mese di Febbraio mi contattò una ragazza tramite FB, una certa Claudia la quale aveva letto un mio articolo “Dal Diabete al Pronking Sportivo” su un blog per diabetici. Era incuriosita, entusiasta e pronta per iniziare un percorso nuovo e sicuramente impegnativo.

 

Senza troppi giri di parole, una settimana dopo si presentò in palestra.
Età: 21 H: 1.68 KG: 58. BMI 20.56 PA 115/65. Studentessa universitaria (I anno di infermieristica). Fumatrice. Insulino-dipendente dal 2007. Mai avuto ricoveri per chetoacidosi o ipoglicemia. Non familiarità per DM né endocrinopatie. Non presenta complicanze in atto. In terapia insulinica con schema basal bolus.

 

Ospedale di riferimento fino al tutto il 2015: “ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù “ Struttura Complessa di Endocrinologia Sede di Palidoro. Ospedale di riferimento Febbraio 2016: C.T.O “ Andrea Alesini “- ASL Roma2 .

 

Terapia insulinica: 

 

Novorapid: (insulina rapida), Colazione: 5/6 u. Pranzo: 8/10 u, Cena: 6 u., Lantus: al mattino 25u (insulina a rilascio lento durata 24h).

Insulina totale giornaliera (TDD-total daily dose) 43/47 u.

 

Una volta ricevuto il Certificato di Idoneità Sportiva non agonistica dal proprio Centro Diabetologico, mi misi subito al lavoro.

 

Una delle principali problematiche indotte dal DM1 durante l’attività fisica, è l’insorgere dell’ ipoglicemia, così mi premunii di un kit composto da:

 

1. Glucometro
2. Test analisi del B-chetone nel sangue
3. Zucchero in bustina
4. Acqua

 

 

Claudia mi disse che il problema principale erano saltuarie ipoglicemie notturne ( ore:4 am ), quindi decisi di mettere le lezioni in orari consoni alla terapia, cercando di non incidere sulla glicemia postprandiale né tantomeno su quella serale.
Conoscendo gli orari universitari, programmai le lezioni verso le 15:00 ( 3 ore dopo il pranzo ). Cercai di creare un programma di lavoro pur sapendo che il 90% delle volte non sarebbe stato rispettato in quanto lo svolgimento delle sessioni dipendevano da diversi fattori quali:

 

● Glicemia di partenza non > 250 mg/dL (soglia renale 180 mg/ dL.).

La mancanza di insulina in circolo impedisce al glucosio presente nel sangue di entrare nelle cellule, inoltre, l’eccesso di glucagone e altri ormoni contro-insulari determinano il flusso contrario. Nel momento in cui il glucosio ematico supera i valori di 180-200 inizia un processo di diuresi osmotica con comparsa di glicosuria nelle urine aumentandone il volume (poliuria), provocando da un lato, l’esigenza di rimpiazzare i liquidi persi con l’urina bevendo molto frequentemente (polidipsia), dall’altro l’organismo demolisce i grassi di deposito per ottenere energia, trasformando i grassi in corpi chetonici in quantità maggiori rispetto alle necessità fisiologiche, cosìcche essi tendono ad accumularsi nel sangue, a riversarsi nelle urine e in parte ad essere eliminati attraverso il respiro, conferendo all’alito un odore acetonemico.
Essendo i corpi chetonici sostanze acide c’è il rischio di modificare il PH plasmatico, alterando l’ambiente ottimale in cui avvengono le reazioni chimiche . Soluzione preventiva: Bolo correttivo di insulina, per far tornare la glicemia a valori accettabili.

 

● Glicemia di partenza non < 100 mg/dL , quando il livello di glucosio nel sangue scende sotto 40-50 mg/dL, infatti, si può arrivare alle cosiddette ipoglicemie, che generalmente si maniestano in seguito ad un eccessiva attività fisica, a errori dietetici (ritardata assunzione o non assunzione di cibo), a errori di somministrazione di insulina.
Alcuni sintomi: vertigini, stanchezza, sensazione di fame, sudorazione, tachicardia, tremori, confusione mentale, vista appannata. Soluzione: assunzione di carboidrati a veloce assorbimento (15/30 gr circa ogni ora a seconda del tipo di intensità e durata sessione), prima, durante e dopo l’allenamento (ipoglicemia indotta da una maggiore sensibilità insulinica). Linee guida ADA-ACSM.

 

● Condizione psicologica. Le persone affette da malattie croniche come il Diabete in questo caso, sono soggette a stress e disagio psicologico in misura maggiore rispetto alle persone che godono di buona salute. Purtroppo la gestione della malattia è un impegno che “non concede vacanze” (cit.), ed oltretutto non si è esente dai problemi quotidiani che “stressano” anche le persone sane. Uno stimolo stressante “stressor” non è in grado in sé e per sé di procurare un danno diretto, lo diventa nell’interazione con l’individuo che colpisce. Secondo alcuni studiosi, i pazienti diabetici con elevata vulnerabilità allo stress sarebbero maggiormente predisposti ad un compenso glico-metabolico non ottimale, anche in virtù di una maggiore tendenza a sviluppare sintomi depressivi, portando ad un comportamento di rifiuto per la malattia e quindi ad avere meno attenzione alla dieta, a non svolgere attività fisica regolare, a trascurare il controllo della glicemia, dall’altra ad aspetti biologici, legati all’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente maggiore secrezione di cortisolo, il principale ormone dello stress, che provoca un aumento dei livelli di glicemia, una riduzione della sensibilità periferica all’insulina (insulino-resistenza), un aumento dei grassi nel sangue e una maggiore tendenza all’obesità viscerale. Fatte queste premesse e dopo aver appreso i consigli dal team Diabetologico, io e Claudia iniziammo gli allenamenti con una frequenza di 2 volte la settimana per 1h ciascuna. Con questo tipo di patologia i principali obiettivi da raggiungere, erano:

 

● Riduzione della TDD o FGI (unità di insulina totale giornaliera).

 

● Aumento della FSI (Sensibilità Insulinica). Se i muscoli hanno un più elevato livello di sensibilità all’insulina rispetto alle cellule adipose, le sostanze nutritive ingerite sono trasportate preferenzialmente nel muscolo. Se un tessuto ha un alto grado di sensibilità all’insulina, risponderà facilmente alla terapia in modo che solo una piccola quantità sarà necessaria per svolgere il lavoro.

 

● Migliorare l’ICR (Rapporto Insulina/CHO), quanti carboidrati vengono metabolizzati con 1u d’insulina. Aumentando questo rapporto, si ha una maggiore libertà dal punto di vista nutrizionale, più il rapporto aumenta e più carboidrati possono essere assunti rispetto ad 1u di insulina. Una volta fissati gli obiettivi, lavorai seguendo 3 punti fondamentali:

 

1 Non incidere in modo drastico sul cambiamento terapeutico;
2 Non sconvolgere le sue abitudini alimentari;
3 Renderla indipendente di fronte ai cambiamenti terapeutici futuri.

 

Fin dall’inizio il nostro rapporto era fatto di dialogo, consigli e valutazioni personali, avevo bisogno dei suoi racconti, dei suoi dubbi e delle sue paure.

 

Ascoltavo, apprendevo e applicavo.

 

Valutazioni di partenza:
Vita 63, Fianchi 94,Rapporto V/F 0.67 buono
Fenotipo Ginoide, Rilevamento Manuale di 3 Pliche:
tricipite 30, soprailiaca 20, coscia 36, FM 18kg, FFM 40kg
Grasso corporeo 31%, Livello Fitness: M. scarso,
FFM: 69% del peso corporeo, FFM/h: 23.8kg/m normale
BMI/FM: grassa sopra la media e normopeso (donna non allenata e fuori forma) BMR 1248 Kcal.

Metabolismo tot. 1691 kcal

 

 

Svolgimento della lezione:

 

● Monitoraggio della glicemia di partenza;

● Correzione ( se necessario );
● Inizio;
● 30’ II monitoraggio della glicemia;
● Correzione (se necessario);
● Ultimo monitoraggio della glicemia a fine lezione Allenamento tipo e/o misto: Fc max= 207-(0.7x 20)= 193 b/min;
● Functional training;
● Aerobico (alcuni minuti). Bassa/moderata intensità, b/min, bassi, ritmico, ripetitivo e cadenzato. 70% FCmax;
● Resistenza aerobica media durata. 70-85 % FCmax ( agendo su una diversa miscela metabolica a seconda dello stato glicemico);
● Contro resistenza. Lavoro alternato tra forza generale (< 60% 1 RM-> 15 RIP 2-4 SET) e resistenza muscolare (75-85% 1Rm 6-10 RIP 3 SeT);

● Stretching.

 

 

Attenendomi alle linee guida (boli correttivi iniziali) mi resi conto che C. cadeva in una fastidiosa ipoglicemia post workout, così cambiai metodo, cercando di farla lavorare inizialmente con un esercizio aerobico a bassa intensità per raggiungere una medio/alta intensità (nella prima parte della lezione), una volta ottimizzati i valori (circa mezz’ora dopo l’inizio) passavo alla seconda fase di lavoro contro resistenza.

 

 

Era di fondamentale importanza “giocare” con la FC max, l’intensità e soprattutto il volume dell’allenamento (2 volte la settimana con me, 1 da sola) da lì, conoscendo la sua sensibilità insulinica e il suo rapporto insulina/CHO potevo calcolare in modo approssimativo l’abbassamento glicemico in 1h di lezione.

 

 

 

 

 

 

Dopo circa un mese, le possibili ipoglicemie erano prevedibili e quindi calcolabili. Nonostante i miglioramenti , non smisi mai di studiare, di documentarmi e di confrontarmi con i medici di riferimento. Raramente le lezioni si svolgevano nello stesso modo, dovevo variare non solo in base alle indicazioni cliniche ma anche in base al suo stato d’animo.

 

C. aveva bisogno del cambiamento continuo, trovava il suo equilibrio e dava il meglio di sè, in situazioni di squilibrio e di sfida.
Le piaceva mettersi alla prova, le piaceva la competizione e la novità. C. continuava a migliorare, sia fisicamente che psicologicamente, nonostante gli errori, nonostante le difficoltà.

 

Acquisì coscienza delle sue capacità e dei suoi limiti. Iniziava a sentire il suo corpo, a capire quali fossero i suoi punti forti e i suoi errori terapeutici. L’effetto del lavoro sulla sensibilità insulinica, in base alla sua intensità e durata, durava dalle 24 alle 72 ore e pertanto era opportuno non superare i 2 giorni di inattività.

 

L’ultimo mese (4). Plicometria:

 

tricipite 22 soprailiaca 12 coscia 24
KG 54, FM 11.88 kg, FFM 42.1 kg,Grasso corporeo 22 %,
Livello Fitness: Buono, FFM: 78% del peso corporeo, FFM/h: 25
kg/m normale, BMI/FM: magra e normopeso (soggetto fitness)
BMR 1313 Kcal, BMR tot. 1836 Kcal.

 

In questi mesi, si creò un vero e proprio rapporto sinergico tra me, Claudia, il team Diabetologico.

Non mancarono né discussioni né tantomeno dubbi, ma la qualità del lavoro prese una piega completamente diversa nel momento in cui C. iniziò a comprendere il valore dell’attività fisica.

Forse non era pienamente cosciente di cosa ci aspettava (e forse non lo ero neanche io), ma la chiave di svolta ci fu nel momento in cui iniziò a percepire il cambiamento.

Non mancò mai ad una lezione, non aveva scuse e meglio ancora, non le cercava. Un passo alla volta, questo era diventato il nostro “dogma” quotidiano.

 

Valutazione, comprensione, attuazione.

 

Posso dire in tutta serenità, che Claudia ha ormai strumenti validi per continuare con la massima indipendenza, e che io grazie a lei e alla fiducia che mi ha dato, non sono stata solamente il suo Personal Trainer ma anche sua “allieva”.
Non potevo chiedere di meglio per la mia crescita interiore e professionale.
Ho messo in discussione le mie capacità, il mio sapere e le mie convinzioni, ho affinato la mia tecnica e il mio modo di relazionarmi alle difficoltà.

 

Si sbaglia, si prova, si cresce.

 

Claudia a ottobre passerà alla terapia con microinfusore e sensore glicemico.
Alle volte creiamo equilibri che pur essendo malsani ci tengono in vita, una volta rotti quegli equilibri percorriamo una strada del tutto nuova e per quanto tortuosa e difficile essa sia, sappiamo che stiamo andando nella giusta direzione.

 

 

 

Cristina Cucchiarelli

CFT ISSA Europe

 

 

 

 

 

 

 

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