Avere una buona massa muscolare ci protegge dalle infezioni?

La grande attualità legata alla pandemia da coronavirus ha costretto ciascuno di noi ad occuparsi più frequentemente di nutrizione, sport e difese immunitarie.

 

Le ricerche degli ultimi anni sui meccanismi cellulari e molecolari dell’immunità hanno confermato che la carenza di proteine alimentari può influenzare negativamente l’azione delle principali cellule del sistema immunitario come i linfociti T, linfociti B, cellule natural killer e dei macrofagi rendendo l’organismo più suscettibile alle malattie infettive.

 

I linfociti circolano in tutti i tessuti, sono le cellule più sofisticate della risposta immunitaria pronte a riconoscere l’antigene e innescare una serie di eventi che mirano alla distruzione dell’antigene in difesa dell’ospite.

 

La ricerca degli ultimi anni ha fatto emergere chiaramente che l’integrazione alimentare con aminoacidi essenziali in animali malnutriti, con malattie infettive, migliora la risposta immunitaria riducendo la morbilità e la mortalità (Amino acids and immune function – August 2007, British Journal of Nutrition 98(2):237-52.)

 

Gli aminoacidi sono i mattoni delle proteine ma anche i regolatori di molti processi patologici e fisiologici, comprese le risposte immunitarie e appare quindi logico pensare che, per avere un sistema immunitario efficiente, occorra seguire una dieta capace di nutrire in modo adeguato l’organismo, soprattutto i muscoli e il cervello.

 

Consumare frutta, verdure e proteine di qualità può aiutare la funzione immunitaria fornendo vitamine, minerali, aminoacidi e acidi grassi essenziali. Le proteine alimentari sono la risorsa più importante per formare le cellule del sistema immunitario ma, specie quando si fa sport ad alti livelli, un buon integratore di aminoacidi essenziali è fondamentale per aumentare le riserve muscolari, massimizzare i risultati dell’allenamento e rinforzare il sistema immunitario.

 

A questo proposito appare interessante il lavoro degli scienziati del German Cancer Research Center di Heidelberg pubblicato il 15 giugno 2020 sulla rivista Science Advance e intitolato “Muscles support a strong immune system”.

 

Da questo studio è emerso che, nella lotta contro il cancro o contro le infezioni croniche, il sistema immunitario si esaurisce nel tempo parallelamente alla perdita di peso e alla diminuzione della massa muscolare. Questo processo, noto come cachessia, determina la perdita di funzionalità dei linfociti T deputati a riconoscere e uccidere le cellule infettate da virus e quelle cancerose.

 

I processi che portano alla progressiva perdita di attività dei linfociti T non sono stati ancora spiegati ma esiste una stretta connessione con la perdita di massa muscolare.

 

I ricercatori hanno analizzato l’espressione genica nei muscoli scheletrici degli animali da laboratorio e hanno scoperto che nelle infezioni croniche, le cellule muscolari rilasciano una grande quantità di interleuchina-15, una citochina che protegge i precursori delle cellule T dall’infiammazione cronica consentendo al sistema immunitario di combattere i virus per un lungo periodo.

 

“È noto che le cellule T sono coinvolte nella perdita di massa muscolare scheletrica ma non è chiaro se, a loro volta, i muscoli scheletrici influenzino la funzione delle cellule T” spiegano gli autori dello studio del German Cancer Research Center.

 

L’allenamento regolare rafforza il patrimonio muscolare ma rafforza anche il sistema immunitario?

 

 

Nello studio tedesco, gli animali che avevano una maggiore massa muscolare erano in grado di affrontare meglio le infezioni rispetto a quelli con una muscolatura più debole. Ma se questi risultati possono essere trasferiti agli esseri umani dobbiamo ancora dimostrarlo.

 

Altrettanto interessante un lavoro italiano, pubblicato nel mese di Ottobre 2020 dalla rivista EMBO – Molecular Medicine nella quale, il professor Andrea Cossarizza dell’Università di Modena e Reggio Emilia, responsabile della ricerca, spiega che nei polmoni dei pazienti che sviluppano una malattia grave da covid-19 arrivano dei monociti con alterazioni mitocondriali che risultano incapaci di risolvere immediatamente l’infezione.

 

Queste alterazioni mitocondriali spiegano la patogenesi della malattia causata dal virus e permettono di pensare ad approcci terapeutici integrati che tengano conto dell’aspetto bioenergetico mitocondriale e cellulare.

 

La scarsa funzionalità monocitaria è di particolare rilevanza se si pensa che i monociti hanno diverse funzioni, non solo quella far vedere gli antigeni ai linfociti e attivare la risposta immunitaria, ma anche migrare dal sangue ai tessuti, compreso il tessuto polmonare, dove si trasformano in macrofagi, cellule specializzate nell’eliminazione dei patogeni.

 

A dare più forza allo studio della UNIMORE viene in soccorso il lavoro pubblicato dalla prestigiosa rivista American Journal of Cardiology dal gruppo guidato dal prof. Nisoli dell’Università di Milano “Amino acids and mitochondrial biogenesis” giugno 2008.

 

 

 

a cura di Roberto Fadda – Dott. in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche

 

 

 

 

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