Digiuno intermittente come funziona? Esempio di dieta da seguire o diseducazione alimentare?

digiuno intermittente la risposta alle principali domande, quali fa male? quanto si dimagrisce?

Il digiuno intermittente è una strategia dietetica “recente”, di taglio calorico. Si tratta di una strategia finalizzata al dimagrimento e/o al miglioramento dei parametri metabolici. Cercheremo di analizzare questo sistema dal punto di vista meramente nutrizionale. Ma anche educativo e di impatto nel lungo termine. Questi ultimi sono aspetti indispensabili per comprendere la reale utilità o (eventuale) dannosità di qualsivoglia metodo dietetico.

 

Cos’è e come funziona il digiuno intermittente?

In cosa consiste il digiuno intermittente, come si fa? Digiuno intermittente “vuol dire tutto e nulla”. Condensando al massimo il suo significato, potremmo definirlo come: non mangiare per un periodo di tempo superiore alle pause che, normalmente, collocheremmo tra i pasti.

 

La dieta 16 – 8 

La formula più diffusa è l’organizzazione 16:8. In questo caso si digiuna per 16 ore, concentrando i pasti nelle restanti 8 ore. Esistono, tuttavia, forme di digiuno anche molto estreme, che prevedono l’astensione dal cibo per intere giornate.

Un esempio banale di digiuno intermittente 16:8 è il seguente: cenare alle ore 20:00 e arrivare direttamente al pranzo alle ore 12:00 del giorno seguente.

Saltare la colazione e lo spuntino di metà mattina, quindi, rappresenterebbe di per sé una tipica forma di digiuno intermittente. Anzi, è proprio quella che raccoglie più consensi. Secondo le statistiche, solo l’1-2% degli italiani non fa colazione.

 

L’esperienza ambulatoriale, tuttavia, non sembra confermare questo dato. Ma perché? Perché saltare la colazione, trascorrendo molte ore a digiuno, rappresenta il primo tentativo di “restrizione calorica” adottato spontaneamente dalle persone che necessitano di perdere peso. Strategia che non funziona.

Ma prima di tutto, perché fare il digiuno intermittente? In “teoria”, il digiuno intermittente è finalizzato a dimagrire e a migliorare la condizione metabolica (colesterolemia, pressione arteriosa, glicemia eccetera).

In pratica, non esistono ragioni valide per sceglierlo al posto di altri sistemi.

Il digiuno intermittente nasce dal riscontro scientifico di maggior longevità e salute in alcune etnie, impegnate nell’astensione controllata dal cibo – totale, parziale o selettiva – tipica di alcune pratiche filosofiche-religiose.

Ai giorni nostri, non è più una novità che “chi mangia meno viva meglio e più a lungo” di chi, invece, mangia troppo.

Una composizione corporea caratterizzata da buone masse muscolari e percentuali adipose fisiologiche, una dieta nutriente e un adeguato livello di esercizio fisico si collegano fortemente a maggior aspettativa e qualità di vita. Tutto questo è ampiamente dimostrato dalla statistica medico-nutrizionale.

Ciò che, invece, si continua ad indagare, sono i meccanismi responsabili di ciò. Ed è qui che entra in gioco il digiuno, anche se in modo quantomeno “equivoco”.

 

Il processo di autofagia

Al digiuno intermittente è stata attribuita l’attivazione del processo di autofagia, un meccanismo di rigenerazione cellulare e anti-invecchiamento che migliora la salute complessiva dei tessuti e dell’organismo.

Tuttavia, come chiaramente spiegato nello studio review del 2019 “The Effects of Calorie Restriction on Autophagy: Role on Aging Intervention” (Ki Wung Chung e Hae Young Chung), l’autofagia si innesca in risposta a un bilancio calorico negativo, ovvero al deficit energetico, non al digiuno in sé.

Significa che possiamo ottenere lo stesso risultato con qualsiasi altra dieta ipocalorica, indipendentemente dall’inserimento o meno di una pausa di digiuno.

Detto questo, è innegabile che, lato pratico, molte persone trovino estremamente “comodo” evitare di lavorare sulla qualità della propria dieta. Ma si tratta di una valida soluzione? Assolutamente no, perché diseducativa e, spesso, troppo estrema per essere mantenuta nel tempo. Vediamo ora ciò che dobbiamo “assolutamente sapere” in merito al digiuno intermittente.

 

Il digiuno intermittente fa dimagrire?

Le domande fondamentali delle persone sono 3: il digiuno intermittente fa dimagrire? Quanto si perde? Ma soprattutto: il digiuno intermittente fa male? Il digiuno intermittente fa dimagrire?

Riprendiamo la prima domanda. La risposta è si, ma solo se nel contesto di una dieta ipocalorica. Sappiamo che la riduzione del grasso corporeo è attribuibile al deficit calorico (bilancio calorico negativo), ovvero al “consumare più di quanto si mangia”.

Questo vuol dire che: se il digiuno intermittente venisse sviluppato in un contesto normocalorico, non fa dimagrire. In un contesto ipercalorico, potrebbe fare addirittura ingrassare.

 

Saltare la colazione

Riprendiamo, quindi, la faccenda della colazione. Quante persone che non fanno colazione aumentano comunque di peso, oppure, non riescono a dimagrire? Moltissime. Questo dipende soprattutto dal fatto che, saltando la colazione, il bilancio calorico entra troppo velocemente in deficit. Ciò innesca precocemente e intensamente i feed-back della fame. Promuove, inoltre, il discutibile meccanismo psicologico della ricerca consolatoria serale, che porta al consumo di una cena discontrollata nelle quantità e nella qualità.

 

Quanto si dimagrisce con il digiuno intermittente?

L’entità del dimagrimento riferito al digiuno intermittente dipende dall’entità del taglio energetico. Esattamente come per qualsiasi altra dieta ipocalorica. Sappiamo che per “smaltire” 1 chilogrammo di adipe è necessario creare un deficit di pressappoco 7000 kcal.

Un adulto sedentario, con un fabbisogno calorico di 2100 kcal / die, che imposta il digiuno intermittente saltando colazione e spuntino di metà mattina, potrebbe ottenere un calo ponderale di circa 1,6 kg al mese. Ovviamente, a patto che non modifichi gli altri pasti.

 

Il digiuno intermittente fa male?

Ma tutto questo ha realmente senso? La logica della nutrizione dice di no. Il digiuno intermittente fa male o fa bene?

In una persona obesa di mezza età, che non presenta controindicazioni, il dimagrimento fa sempre bene, a prescindere da come lo si ottenga. Gli effetti positivi sono molteplici, da una migliore salute metabolica con moderazione del rischio cardiovascolare, al riposo del fegato, al sollievo articolare eccetera.

Tuttavia, come la maggior parte delle strategie dietetiche “strane”, anche il digiuno intermittente ha delle controindicazioni.

 

Quando evitarlo?

Il digiuno intermittente dovrebbe essere evitato da:

  • ragazzi in accrescimento,
  • chi è in sottopeso,
  • diabetici,
  • chi soffre di insufficienza d’organo (fegato, reni) o altre malattie, chi segue certe terapie farmacologiche (per esempio, ipoglicemizzanti),
  • anziani, soprattutto se a rischio di sarcopenia,
  • malati di disturbi del comportamento alimentare eccetera.

Nelle persone adulte sane, invece, tale regime non dovrebbe comportare un aumento del rischio per la salute. Anche se, come abbiamo detto, si tratta di un metodo diseducativo e fallimentare nel lungo termine.

Esso non fornisce alcuna nozione educativa per poter correggere i propri errori.

 

Attenzione alle situazioni borderline tra fisiologia e patologia

Meritano un occhio di riguardo le situazioni borderline tra fisiologia e patologia, come il reflusso gastro-esofageo e la gastrite, la tendenza alla litiasi biliare e a quella renale. Chi lamenta queste problematiche, infatti, dovrebbe prediligere una maggiore ripartizione della dieta. Inoltre, dovrebbe garantire lo stato di idratazione costante e bilanciare i macronutrienti energetici.

La condensazione delle calorie in pochi pasti, invece:

  • sovraccarica lo stomaco,
  • riduce la frequenza di svuotamento della cistifellea,
  • ostacola il mantenimento dell’idratazione;
  • non di meno, il digiuno intermittente non si presta al supporto nutrizionale dello sportivo.

A quest’ultimo proposito, chi pratica sport ha la necessità di aumentare la ripartizione dell’energia e dei macronutrienti, non di diminuirla. Non a caso, non si conoscono atleti di élite che pratichino il digiuno intermittente.

Inoltre, suddividere le calorie in più pasti è utile sia nella gestione delle diete ad alto contenuto energetico, sia di quelle a basso apporto calorico. Nel primo caso rende i pasti più sostenibili ed evita di affaticare l’apparato digerente, nel secondo tiene costantemente sotto controllo il meccanismo della fame.

 

Il digiuno intermittente è uno schema alimentare adeguato per gli anziani?

La risposta è no, è la scelta meno ragionevole. Nonostante al digiuno intermittente si attribuiscano benefici anti-invecchiamento, nel trattamento dell’anziano è sbagliato in assoluto. Questo perché, a parità di calorie, una suddivisione ragionevole dei pasti nella giornata è ancora più importante nelle persone in terza età che negli adulti.

Le ragioni sono diverse.

  • Prima di tutto, perché l’apparato digerente degli anziani è meno efficiente, non solo nella “scomposizione del cibo”, ma anche nella capacità di trattenere i nutrienti che ne derivano. Più cibo alla volta mangiamo, più difficile diventa per l’apparato digerente lavorare correttamente.
  • In secondo luogo, l’organismo dell’anziano è più soggetto a disidratazione. Siccome buona parte dell’acqua che assumiamo proviene dagli alimenti, digiunare significa anche idratarsi meno. Dobbiamo infatti considerare che, in terza età, lo stimolo della sete è molto meno efficace, e raramente gli anziani si rendono conto di essere poco idratati. Ripartire maggiormente i pasti serve, quindi, anche a dilazionare l’acqua nell’arco della giornata.
  • Terzo, ma non per ultimo, l’anziano ha la necessità impellente di praticare esercizio fisico, perché determinante alla conservazione della massa muscolare e della funzionalità generale. Il fatto che il digiuno intermittente non si presti alla dieta dello sportivo, esclude a priori la popolazione anziana.

Qualunque soggetto anziano che persegua longevità e maggior qualità della vita, dovrebbe avere come obiettivo il mantenimento dell’autosufficienza, sia mentale che motoria. L’esercizio fisico, in particolare con i sovraccarichi, è protettivo non solo per il cervello, ma anche per lo scheletro, per le articolazioni e per i muscoli, riducendo la degenerazione nervosa, la perdita di mineralizzazione ossea e la sarcopenia. Il digiuno intermittente non è la strategia giusta per sostenere la salute e l’allenamento in terza età.

 

 

 

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