“Più volte ci siamo soffermati nel sottolineare come l’attuale scenario della società moderna, caratterizzato da una esasperata evoluzione tecnologica, vada di pari passo ad una eccessiva involuzione motoria, con individui che hanno sempre maggiori capacità di elaborazione di pensiero e scarsa voglia/possibilità di muoversi.“
Una linea di tendenza lontana da quelle che sono le nostre attitudini e patrimonio genetico, poco affine ai sistemi e apparati di cui siamo composti, che sono preposti o supportano il movimento. Eppure non viviamo isolati, tutt’altro, l’interazione tra gli esseri umani è sempre più fitta, più accanita e continua. Naturalmente, si tratta di una reciprocità illusoria, di comunicazione virtuale che non porta ad azioni vere e proprie, ma più al loro pensiero.
Una socialità virtuale condita da comodi e confortevoli sistemi di trasporto, strumenti di lavoro sempre più statici e passivi e che costringono chi sente forte l’istinto di muoversi a modalità di “attività fisica” artificiali e, spesso, fine a se stesse.
Che fine ha fatto il vero movimento, la gestione dei suoi schemi di base, e soprattutto, la sua consapevolezza? Abituati a spostarci in automobile, ascensore e scale mobili, dediti ad un relax fatto della combinazione magica divano-telecomando-smartphone, rallegrati dall’abbondanza di cibo acquistato e cucinato, senz’altro non raccolto e procacciato, regrediamo quotidianamente diventando sempre più pigri anche per le attività quotidiane più semplici.
Chi paga le conseguenze di questa negligenza e “apatia cinetica” non sono solo le strutture e gli elementi deputati al movimento (muscoli, ossa, articolazioni) ma anche e soprattutto quelli designati alla loro gestione, di natura neurologica, e racchiusi all’interno del complesso Senso-Motorio.
Un sistema cibernetico che consente di interpretare e relazionarci con l’ambiente, di elaborare azioni motorie, e allo stesso tempo, modificarle adattandole alle reali esigenze, di sfruttare le precedenti esperienze per formularne di nuove.
Per comprendere velocemente questa interconnessione tra “il sentire” e “il muoversi” basti sottolineare come tutte le strutture connettivali
(tendini, capsule, legamenti, fasce) e gli stessi muscoli, sono ricchi di organi di senso utilizzati per ricevere stimolazione ambientali e nel contempo, decifrare e promuovere eventuali aggiustamenti all’azione/risposta motoria. “Il senso non può giammai dissociarsi dal moto”, ossia il nostro cervello, prima di agire, deve percepire e interpretare quali sono le sue reali capacità di azione, e durante il movimento, deve verificare se tutto quanto volge secondo i sui canoni operando, se necessario, eventuali aggiustamenti.
Il tutto in tempi brevissimi, pochi millisecondi, un battito di ciglia. Questi aspetti, anche se fondamentali e imprescindibili, presupposto della nostra naturale sensazione di muoverci, vengono però poco considerati o addirittura messi da parte quando si discute dell’utilità di guadagnare o ricostruire capacità motorie, soprattutto per quelle categorie di soggetti che ne hanno più bisogno, ad esempio gli anziani. Sappiamo che, a qualsiasi età, in fisiologia vale il principio definito dalla frase “If you don’t use you loose!” – “se non lo usi, lo perdi!”, ed è per questo che da anni e in qualità di Personal Fitness Trainer ISSA ci battiamo per promuovere l’attività fisica fatta con cognizione di causa e praticata secondo scienza.
Inoltre, in quanto convinti assertori dell’importanza del “Training della Funzione” o “Functional Training”, portiamo avanti le ragioni di stimolazioni fatte secondo i canoni di un movimento più naturale, che vede la prevalenza e la priorità del sistema neurologico, anche e soprattutto quando il tema dibattuto è il decadimento “strutturale” dell’anziano.
In effetti, se proprio partissimo da quanto biologicamente avviene in terza e quarta età, individueremmo subito delle ragioni a sostegno di una visione un po’ più “Functional”. Ad esempio, sappiamo che con l’avanzare dell’età la capacità di ampi movimenti può essere compromessa dalla riduzione di sostanze quali l’elastina, una proteina caratteristica delle strutture connettivali, che consente l’elasticità dei tessuti in un pieno arco di movimento.
Assistiamo ad un effetto ben evidente sul viso, quello delle rughe, dove la pelle ha perso la sua elasticità e inizia a fare i conti con la gravità.
In scia, ma in un piano più profondo, le fasce connettivali che avvolgono letteralmente tutto il corpo si comportano allo stesso modo.
Col passare degli anni il connettivo tende a perdere la sua elasticità e ciò compromette la mobilità dei grandi movimenti.
Come abbiamo anticipato sopra, il nostro sistema di gestione neurologico che comunica con queste fasce attraverso tutta una serie di recettori che vi sono direttamente inseriti o si trovano su strutture adiacenti, legge la incapacità di movimento e ridefinisce nuovi schemi motori di base adattati alle nuove situazioni organiche.
Come spieghiamo dettagliatamente in sede di certificazione, l’attività di mobilità, deve essere intesa come volta a recuperare un range più o meno fisiologico, attraverso un’attività di informazione positiva verso il sistema nervoso centrale che “sente” che in quella direzione ci può andare. Il fine è sempre quello di arrivare a caricare le strutture, fare quei lavori che creino quella tensione e “Stiffness” consigliabili ad un cliente anziano, ma bisogna creare i giusti presupposti restituendo capacità di manovra perdute. Precisiamo questo aspetto in quanto “la mobilità” richiede piani di intervento e accortezze diverse dagli esercizi volti a strutturare :
1. Basso carico e bassa intensità.
2. Movimenti lenti e controllati (il movimento “veloce” è un movimento che “sfugge”).
3. Il più ampio range fisiologico possibile, fermandosi alla sensazione di tensione sostenibile (senza dolore!). Ripetiamo, non stiamo suggerendo che l’anziano debba essere diretto verso il classico circuito delle attività “dolci”, come sottolineato prima. Siamo convinti assertori della pratica del sovraccarico come “medicina” avversa alla decadenza senile, del resto è l’idea che pratichiamo sui giovani e sugli adulti, per consentire loro di mantenersi tali a lungo. Ma per tutti, vale l’assunto che l’intensità va guadagnata, attraverso la piena efficienza e funzionalità della mobilità di base, da qui l’esigenza di mantenere, nel caso specifico, di recuperare questa caratteristica.
Il discorso, nell’ambito dell’organizzazione della seduta di allenamento, si fa interessante in quanto gli esercizi somministrati non sono solo quelli che coinvolgono singoli distretti o articolazioni. Poiché si tratta di un lavoro che tenta, tra le altre attitudini, di modellare il tessuto connettivo, il gesto deve avere caratteristiche di globalità, coinvolgere gruppi di articolazioni collegate, spesso tutto il corpo, proprio rispettando la natura e peculiarità del nostro tessuto guaina.
A tal proposito, vogliamo sfatare il mito del coinvolgimento a bassa intensità, intesa questa come percezione dello sforzo prodotto.
Infatti, i gesti realizzati con l’ampiezza, il controllo, la globalità e continuità che la mobilità richiede, se parametrati con uno strumento semplice e alla portata di qualsiasi cliente/personal trainer,
quale il cardiofrequenzimetro, danno spazio a sorprese inaspettate.
Spesso è necessario fermarsi e recuperare, poiché i valori riportati di frequenza cardiaca superano quelli che sono necessari al cliente per migliorare nell’aspetto cardiovascolare o metabolico.
Tra parentesi, se possiamo esprimere un parere personale e riportare esperienze vissute da anni “sul campo”, in questo modo diventano futili i classici “riscaldamenti” di inizio seduta, superflui quelli previsti alla fine! Un approccio di tutto vantaggio quindi, non solo in termini metodologici, in quanto costituisce la base per la corretta pratica nel training, ma anche in termini commerciali e specifici per la categoria di clienti in oggetto.
Il miglioramento maturato durante l’allenamento diventa subito spendibile nella vita quotidiana. Ciò potenzia il raggiungimento degli obiettivi prefissati, stimolando la voglia di ritornare ad allenarsi, e alimenta risultati inattesi, quali i sempre e bene accetti controllo/riduzione del peso e diminuzione/ rimodellamento del grasso corporeo. Insomma, per un anziano tutto ciò assume il significato di migliorare la qualità della propria vita, essere più indipendenti e performanti, incrementare le condizioni generali di salute spesso diminuendo l’uso o la dipendenza da farmaci.
E siamo solo nella mobilità di base, immaginate a quali vantaggi possiamo pervenire progredendo o muovendoci contemporaneamente verso altri aspetti del Functional Fitness Training, come la capacità di respirare in modo fisiologico (respirazione diaframmatica), stabilizzare attraverso il giusto gioco di pressione intratoracica/intraddominale (IAP) e i muscoli deputati a consolidare il tronco (core), neutralità del busto (corretta postura), sensazione interna e feeling con l’ambiente esterno (propriocezione). Senza dimenticare lo scopo principale, quello di far procedere tutti questi elementi con la giusta armonia e schema di reclutamento di modo da ottenere un gesto qualitativo ed efficace (massima resa e riduzione al minimo del rischio infortunio) che possa definirsi come funzionale.
Perché è certo che Il Functional Fitness Trainer ISSA, può e deve sfruttare la visione della coerenza e della scienza del movimento per offrire benefici che non servono solo a sportivi e praticanti del fitness in palestra, ma possono essere dei supporti fondamentali per quella che è una categoria di soggetti sempre più in crescita, quella dei nostri nonni che vogliamo sempre più efficienti e padroni del quotidiano… avendo gli strumenti idonei per farlo, non possiamo esimerci!
In ogni caso, progredendo nel workout, la nostra proposta è di “ridimensionare” quantitativamente il sovraccarico, puntando alla gestione del “solo peso corporeo” che consente di mirare alla qualità di movimento.
Ricordiamo che l’obiettivo è, in primis, l’autonomia nelle attività del quotidiano ricreando quei gesti che, con la giusta forma di esecuzione, l’anziano applica giornalmente. L’uso di resistenze deve essere ragionevole e ragionato in base all’obiettivo. Una volta che lo schema e la tecnica di esecuzione è ottimale il sovraccarico (elastici, pesi liberi, ecc.) offrirà solo benefici, massimizzando la resa muscolare e minimizzando il rischio articolare.
Alcuni esempi che possono sembrare eccessivamente semplicistici e facili per un giovane atleta potrebbero essere altamente impegnativi per un anziano. Questo è ciò che va sempre considerato! Sempre. I valori sono sempre relativi. L’esecuzione di uno squat con 200kg in un uomo di 25 anni, possono essere l’equivalente di uno squat con 20kg di un nonnino di 90 anni… Questa relazione deve essere la linea guida coscienziosa e di logica quando si ragiona sul soggetto anziano.
Ecco che un push-up al muro con un buon allineamento del tronco e stabilizzazione ideale, può rappresentare un esercizio impegnativo nel soggetto anziano.
Così allo stesso modo, la gestione della postura ideale su di un solo piede è uno stimolo considerevole nella gestione della tenuta del centro di gravità nel poligono di base, mantenendo l’allineamento ideale.
Intensificando il concetto di stabilità in fase dinamica si propone un lavoro che sfida la capacità di mantenere la postura ideale in fase di passo come nel camminare su una linea immaginaria ponendo un piede davanti all’altro.
Sul concetto di gestione del proprio corpo mantenendo il carico asimmetrico un lavoro semplice ma complesso nel suo essere è lo Step-up, dove il soggetto richiama in gioco, la forza, la tenuta dell’anca, la forza propulsiva del complesso gluteo nonché la capacità di coordinarsi in modo crociato nelle catene miofasciali.
Questi sono solo alcuni esempi di come un gesto funzionale possa essere proposto a piccole dosi in modo ragionato, rispettando sempre e comunque i principi che regolano il “Functional Training” inteso come sistema di movimento volto a far funzionare il soggetto rispettando la sua fisiologia nei suoi limiti e nelle sue possibilità.
Un continuo feedback con il cliente e l’aggiornamento del suo stato di funzionamento quotidiano sono gli ingredienti principali per fare un lavoro di qualità e duraturo. L’entusiasmo di voler by-passare gli step di base per andare direttamente a esercizi più “difficili” è un rischio che un buon Functional Fitness Trainer non deve mai correre. Ascoltare e valutare i continui progressi e solo dopo sfi dare un livello di difficoltà superiore.
Il Functional Training deve avere una visione di prevenzione dei movimenti fisiologici e non soltanto una sua esasperazione che il più delle volte è solo più pericolosa che altro, portando da una visione funzionale di movimento ad una disfunzionale.
Ci sono, come potete immaginare, tante dinamiche ed evoluzioni da considerare. Le abbiamo già documentate e siamo pronti a presentarvele in occasione della Convention.
Vi aspettiamo a Giugno!
A.Parolisi – PFT ISSA CFT1
F. Malatesta – PFT ISSA CFT1
Desideri leggere tutti gli articoli presenti nella rivista e riceverne una copia cartacea a casa?
Se sei un nuovo utente, REGISTRATI sul sito e acquista l’Abbonamento!
oppure
Se sei già un utente registrato, EFFETTUA IL LOGIN e rinnova il tuo Abbonamento alla Rivista!
Inoltre, una volta che ti sarai REGISTRATO, avrai la possibilità di partecipare alla CONVENTION ISSA e Iscriverti ai nostri CORSI e SEMINARI!