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Sarcopenia è un termine che può sembrare tecnico, ma il cui significato è concreto e rilevante per chiunque voglia affrontare l’invecchiamento in modo consapevole.
Con sarcopenia si intende la progressiva perdita di massa e forza muscolare legata all’età. Ma il suo impatto va ben oltre la muscolatura: la sarcopenia compromette l’autonomia, aumenta il rischio di cadute. Inoltre, influisce negativamente anche sull’equilibrio cognitivo e psichico.
Di fronte a questo quadro, però, non si è disarmati. Esistono rimedi efficaci: dalla corretta alimentazione all’esercizio fisico regolare, fino a programmi di prevenzione integrata che pongano al centro la funzionalità del corpo. Come sottolinea Eugenio Agostino Parati, Neurologo Professore Università degli Studi di Milano, «una delle emergenze del nostro secolo è la prevenzione e cura dei problemi comunemente associate alla vecchiaia, come l’indebolimento e la fragilità fisica e cognitiva. Disagi e difficoltà riconducibili alla diminuzione della massa muscolare».
L’attività fisica è una risposta concreta. Non deve essere ridotta a una questione estetica, ma riscoperta come leva di salute profonda, capace di preservare non solo il corpo, ma anche la lucidità mentale.
Cos’è la sarcopenia, il vero significato dal greco
Il termine sarcopenia deriva dal greco antico: sarx significa “carne” e penia “perdita”. Il significato letterale è quindi “perdita di carne”, oggi inteso come la riduzione progressiva della massa muscolare, con un impatto rilevante sulla forza e sulle funzionalità motorie dell’individuo. La sarcopenia è un fenomeno fisiologico che accompagna l’invecchiamento, ma non è un destino inevitabile.
A livello biologico, la muscolatura è soggetta all’invecchiamento cellulare. Questo processo comporta una diminuzione quantitativa della massa muscolare (sarcopenia) e una perdita qualitativa della forza muscolare (dinapenia).
Il livello di decadimento è misurabile: ogni punto percentuale di massa persa può causare una riduzione della forza pari al 4%.
La presarcopenia
Il picco della massa muscolare si raggiunge intorno ai 30 anni, dopodiché inizia una decrescita graduale, che si accentua in modo marcato dopo i 60 anni. Prima della sarcopenia conclamata, si manifesta una fase intermedia chiamata presarcopenia, in cui iniziano i primi segnali di perdita muscolare, spesso ancora reversibili.
Questa condizione, tuttavia, è spesso sottovalutata o interpretata esclusivamente attraverso l’occhio clinico: medici e farmacisti tendono a intervenire sul singolo sintomo, trascurando l’approccio preventivo e funzionale. Come ha osservato Parati, la risposta alla sarcopenia non è necessariamente medica né farmacologica. E non si esaurisce certo in un generico “vai in palestra”. Occorre invece ripensare il significato della prevenzione. Non si tratta solo di “essere in forma”, ma di mantenere nel tempo un corpo capace di sostenere l’autonomia, il movimento e le funzioni cognitive.
In questo senso, la sarcopenia è una condizione reale, riconoscibile, misurabile e, soprattutto, affrontabile con consapevolezza e strumenti adeguati.
La sarcopenia è evitabile
Non è corretto considerare la sarcopenia come una malattia. Sarebbe fuorviante trattarla come tale. È una condizione fisiologica associata all’invecchiamento, ma evitabile in quanto è fortemente condizionata dallo stile di vita. Può, infatti, essere rallentata o prevenuta attraverso comportamenti corretti.
Tener presente questo vuol dire non esporsi a un fattore di rischio che può predisporre a una serie di problemi, dalla perdita di autonomia alle cadute, fino al decadimento cognitivo. Ma proprio perché non è una patologia in senso stretto, può essere contrastata e prevenuta in modo attivo.
Mentre l’ipotrofia è una condizione patologica conseguenza, per esempio, di un periodo di immobilizzazione, di una malattia eccetera, La sarcopenia non lo è.
La sarcopenia non si affronta con una cura medica né si risolve con una prescrizione farmacologica. Occorre invece un cambiamento profondo nelle abitudini quotidiane, orientato al recupero della funzionalità fisica. La strategia? Lavorare sui muscoli. E per farlo davvero, servono tempo, costanza e metodo.
La crescita e il rafforzamento della muscolatura, specie in età avanzata, non avvengono rapidamente. Possono servire da uno a quattro anni di allenamento, con almeno tre sedute a settimana, strutturate e progressive. “Muoversi di più” non basta, serve un vero e proprio percorso di ricostruzione e mantenimento.
È quindi essenziale affidarsi a professionisti esperti: fisioterapisti, chinesiologi, preparatori fisici e medici dello sport, che abbiano una conoscenza approfondita dell’anatomia, della fisiologia e delle dinamiche di invecchiamento muscolare. Solo così si può strutturare un piano di intervento efficace, mirato, e soprattutto sostenibile nel tempo.
Le cause della sarcopenia e cosa fare per contrastare la perdita di muscolo
La sarcopenia si sviluppa a causa di tre fattori principali:
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carenza di ossigeno periferico: un limitato apporto di ossigeno ai muscoli, li rende meno efficienti e, tra l’altro, può contribuire a problematiche vascolari come aterosclerosi;
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scarso supporto energetico: inerente al funzionamento dei mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule, che con l’età tendono a diventare meno attive;
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ridotta capacità di rigenerazione cellulare: le cellule muscolari possono essere rigenerate attraverso l’attivazione delle cellule satellite, ma questo processo va stimolato in modo corretto.
Di fronte a tutto questo, l’allenamento fisico rappresenta la soluzione più efficace, ma deve essere diversificato e specialistico:
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per migliorare l’ossigenazione: servono attività aerobiche mirate.
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per riattivare i mitocondri: è utile un lavoro metabolico continuo, con carichi moderati e costanza.
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per stimolare le cellule satellite: occorre allenamento con carichi progressivi più intensi, che promuovano la rigenerazione muscolare vera e propria.
La ricerca mostra che nel processo sarcopenico la perdita più marcata riguarda le fibre muscolari bianche (veloci), essenziali per la reattività e la potenza. Anche per questo motivo, l’allenamento dovrebbe includere protocolli mirati al loro mantenimento e recupero.
Le conseguenze della sarcopenia, il suo significato in ambito fisico e psichico e i rimedi
Il corpo umano da quando esiste ha perso tantissime delle sue funzionalità. Non cacciamo per trovare cibo, non scappiamo dai predatori eccetera. Il nostro corpo non viene usato per quel che è stato progettato. Questa è l’immagine che utilizza Adriano Borelli per spiegare la progressione silenziosa ma concreta della sarcopenia, una progressione agevolata dalle comodità della vita moderna e aggravata da scelte individuali sbagliate. Quando un personal trainer si trova ad accompagnare una persona inattiva da tempo, il lavoro parte proprio da lì. Da un corpo che ha perso “l’abitudine al movimento”, che va riattivato con gradualità, pazienza e metodo.
Inoltre, bisogna considerare che il muscolo e il cervello formano una struttura integrata, in cui uno stimola l’altro. L’allenamento non è solo forza fisica, ma è anche percezione, consapevolezza, coordinazione, equilibrio. Per questo, intervenire sulla sarcopenia significa affrontare una sfida cognitiva, autostima e stabilità emotiva compromessi e la qualità complessiva della vita quotidiana.
Il percorso non è uguale per tutti: ogni corpo ha i suoi tempi di reazione, e per questo l’intervento dev’essere calibrato. Come spiega Borelli, si comincia “al minimo”, osservando come reagisce la persona, dosando il carico, le ripetizioni, i tempi di riposo, fino a trovare il ritmo giusto. Il principio chiave non è quello del miglioramento forzato o della prestazione estrema, ma dell’ottimizzazione dell’esistente.
Questa ottimizzazione riguarda tutto: la forza, la postura, la performance, l’equilibrio, la propriocezione. È un lavoro profondo e graduale che aiuta il corpo a ritrovare funzionalità e con essa anche lucidità mentale e sicurezza.
La sarcopenia, quindi, non ha solo un significato fisico: ha impatti psichici, emotivi e cognitivi, che vanno considerati nel loro insieme.
Sarcopenia e demenza
Secondo il neurologo Parati, “il muscolo è una struttura endocrinologica che influenza, tra gli altri, il trofismo cerebrale”. Il muscolo scheletrico non è solo un apparato meccanico, ma agisce come un vero e proprio organo endocrino. Durante la contrazione muscolare vengono rilasciate miochine, sostanze che hanno effetti benefici su diversi tessuti: cuore, fegato, pancreas, tessuto adiposo e cervello.
L’importanza della collaborazione tra più figure professionali
Come sottolinea Adriano Borelli, fondatore di ISSA Europe, “solo chi conosce bene i principi dell’allenamento può valutare correttamente quale intervento è necessario”. Il ruolo del personal trainer o dell’istruttore esperto diventa quindi fondamentale. È lui che sa cosa funziona e come, che riconosce la risposta muscolare e che costruisce un percorso efficace, adattato alla persona.
In alcuni casi può essere opportuno coinvolgere anche nutrizionisti, per supportare adeguatamente l’apporto energetico, correggere carenze e fornire il “carburante” necessario al recupero muscolare.
“L’ideale – suggerisce Parati – sarebbe predisporre un approccio multidisciplinare che includa tutti questi aspetti e consenta alla popolazione di avere una indicazione chiara del significato e delle conseguenze della sarcopenia e, di conseguenza, come evitarla”.
Nuove prospettive per dare il significato di prevenzione alla lotta alla sarcopenia
Numerosi studi confermano che le persone che praticano regolarmente attività fisica vanno incontro meno frequentemente al declino cognitivo e alla demenza. L’allenamento fisico non è solo un presidio per il corpo, ma anche una forma di prevenzione neuroprotettiva. Il legame tra salute muscolare e salute cerebrale è oggi al centro dell’interesse medico e scientifico, soprattutto in vista dell’invecchiamento progressivo della popolazione.
Sarcopenia e declino cognitivo hanno un significato importante, il loro connubio impatta profondamente sulla qualità della vita degli anziani. Spesso, però, vengono sottovalutate, trattate separatamente o intercettate troppo tardi. Eppure, emergono sempre più evidenze di un’interazione tra i due fenomeni: l’indebolimento muscolare sembra accelerare la compromissione cerebrale e viceversa.
Negli ultimi tre anni, la comunità scientifica ha intensificato il lavoro su questo fronte, considerando questa interazione una delle grandi emergenze sanitarie dei decenni a venire. Sono stati pubblicati oltre 9.000 articoli scientifici che propongono approcci preventivi e terapeutici, anche molto diversi tra loro, a dimostrazione della complessità del tema e della ricchezza di strade da esplorare.
Tra i principali ambiti di indagine troviamo, dal ruolo del lattato nell’efficienza cerebrale, alle varie tipologie di attività fisica, alla necessità di integratori e così via.
Queste ricerche aprono scenari concreti di prevenzione integrata, in cui il lavoro sui muscoli non è più solo “allenamento fisico”, ma un vero strumento di protezione cerebrale e qualità di vita.