Dal BMI al Metabolismo

“Quando nacque ISSA, il Presidente Adriano Borelli coniò una frase diventata celebre e veritiera come “Dalla passione alla professione”.

 

Sembra che la classe politica si sia finalmente accorta che fare attività fisica ha un’azione preventiva oltre che di risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale.
Quando nacque ISSA, il presidente Adriano Borelli coniò una frase diventata celebre e veritiera come “Dalla passione alla professione”, intuendo che si possa passare da essere persone che usufruiscono della palestra a professionisti a tutti gli effetti, come dimostrato dai più di diecimila Trainer certificati in questi anni da ISSA-Europe.

 

Basta studiare e confrontarsi, sempre. Un secondo aggettivo cui forse l’Accademia della Crusca renderà onore è “Preventivologo”, inteso non colui il quale fa preventivi ma che PREVENTIVAMENTE si occupa di prevenire malattie attraverso la forma fisica.

 

In quest’articolo parlerò di un indice dai più bistrattato (BMI) e di un valore BMR correlato la quantità di massa metabolica attiva (BMR o Metabolismo Basale).

 

BMI: è sufficiente dividere il proprio peso per l’altezza al quadrato in metri e otterremo un numero che sarà specchio delle nostre attese di vita, statisticamente parlando.
Il BMI è, infatti, un indicatore prognostico dello stato di salute d’individui tra i 18 e i 60 anni. Quanto più sarà vicino o oltre il valore di 40, tanto più elevate saranno le possibilità di morire precocemente per cause come infarto, tumore, diabete ecc.
Anche un BMI troppo basso si associa a ridotte attese di vita, soprattutto per malattie legate all’apparato respiratorio o digerente come si evince dal grafico pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet. Quello che si può notare è la curva molto più ripida della mortalità per peso in difetto rispetto a quella per eccesso.

 

 

Facciamo un esempio: se peso 70 kg e sono alto 1,80 Mt, avrò un BMI di 21,6 (70 / 1,80 x 1,80). Un risultato compreso tra 19 e 24,9 indica che sono normopeso, tra 25 e 30 sovrappeso, tra 30 e 35 obeso di grado I, tra 35 e 40 obeso di grado II e sopra il valore di 40 sarei classificato come obeso di grado III. Se sono alta 1.65 e peso 42 Kg avrò un BMI di 16.1 (42 / 1.65 x 1.65), in altre parole malnutrizione.

 

The Lancet nel 2009 ha pubblicato il resoconto di un’analisi di 57 studi che ha coinvolto quasi 900.000 persone. L’obiettivo era di correlare il BMI con tutte le cause di mortalità specifica.

La mortalità è stata più bassa, tra uomini e donne, nei valori di BMI compresi tra 22,5 e 25 kg/mt2. I guai iniziavano col sovrappeso: già per 5 kg/mt2 sopra questa media si registrava un aumento del 30% di tutte le cause di morte, del 40% per problemi cardiaci, del 60-120% delle morti per problemi di diabete, reni e fegato, del 10% delle morti per tumore e del 20% delle morti per problemi respiratori e per tutte le altre cause. Sotto il valore-soglia di 22,5 il BMI è stato associato (associazione inversa) a un aumento della mortalità legata a malattie respiratorie e cancro al polmone, correlazione molto più indicativa tra i fumatori che tra i non fumatori.

 

Secondo The Lancet, anche se il girovita o il rapporto vita-fianchi potrebbero fornire informazioni supplementari, il BMI si è rivelato di per sé un forte predittivo di mortalità generale, sia sopra sia sotto il range ottimale di 22,5-25. L’indice di mortalità progressivo sopra di questo intervallo è dato principalmente alla malattia vascolare.

 

A 30-35 kg/m2, la sopravvivenza media diminuisce di 2-4 anni, a 40-45 kg/ m2, è ridotta di 8-10 anni. L’aumento di mortalità riscontrato anche sotto il valore di 22,5 kg/m2 è dovuto principalmente alle malattie correlate al fumo, ma non è completamente spiegato.

 

I bambini e i ragazzi presentano una grande variabilità nella composizione corporea sia durante la crescita sia tra maschi e femmine. Partono grassocci e si snelliscono con l’età: nel neonato la massa grassa diminuisce notevolmente dopo il primo anno di vita.

 

Dopo i sei anni ingrassa di nuovo. Le cellule adipose diventano più grosse e iniziano a moltiplicarsi.
Trasformazione particolarmente evidente nelle ragazze durante la pubertà, le quali potranno avere una massa grassa consistente.

 

Per questo sono state create delle tabelle ad hoc per calcolare il BMI in età evolutiva. Il BMI in base all’altezza, al peso e all’età rileva in quale fascia di peso rientra il bambino. Per accertarsi che lo sviluppo segua i valori adeguati bisogna consultare la tabella con i valori di Indice di Massa Corporea per bambini da zero ai due anni approvata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

 

Seguire queste tabelle è importante perché esse sono i maggiori indicatori dello stato di salute dei bambini che però non devono sostituire, di certo, un consulto medico.

Essere una donna obesa e in menopausa non fa che peggiorare il quadro. Dando luogo a un combinato disposto che espone maggiormente al tumore al seno.

Questa tipologia di donne dovrebbe mettere subito in agenda la riorganizzazione dell’alimentazione e dell’attività fisica.

 

Nel 2008 l’Internation Journal of Obesity pubblicava uno studio prospettico su BMI e mortalità condotto su 50.186 donne tra i 40 e i 93 anni al momento dell’inizio del lavoro.

A prescindere dallo stato di salute precedente e dallo status di fumatrice/non fumatrice. Oltre a dimostrare un aumento della mortalità tra le donne obese e sottopeso, si sono quantificati gli anni di vita che perderebbero delle donne di 40 anni con una situazione di sovrappeso, obesità (BMI 30 – 34.9) e obesità severa (BMI>35).

Queste donne dovranno sottrarre alle loro aspettative di vita rispettivamente 1,7 – 4,2 e 5,8 anni. 
La prestigiosissima JAMA nel 2003 si era già occupata di mettere il punto sul calendario della vita delle persone obese. Con una curiosa distinzione tra bianchi e neri, uomini e donne, giovani e anziani. Il range di BMI che si associa alla migliore aspettativa di vita è di 23-25 per i bianchi e 23-30 per i neri. Per ogni punto di sovrappeso in più, i più penalizzati nelle attese di vita (misurata in anni di vita persi) sono i giovani piuttosto che gli anziani.

 

Il maggior numero di anni sottratti dall’adipe alla vita si è riscontrato per giovani bianchi tra i 20 e i 30 anni e obesi severi (>45), con una perdita di 13 anni negli uomini e 8 nelle donne. Peggiore la situazione dei giovani neri severamente obesi che si vedono sequestrati 20 anni (uomini) e 5 (donne). In conclusione, dicono i ricercatori di JAMA, l’obesità riduce le aspettative di vita soprattutto tra i giovani.

 

Nel 2010, Stroke ha pubblicato una meta-analisi che includeva più di due milioni di partecipanti e quasi 31.000 ictus registrati. Obiettivo: trovare correlazioni tra BMI e ictus. Conclusione: “Sovrappeso e obesità sono associati a un incremento progressivo di rischio ictus ischemico, indipendentemente da età, stile di vita e altri fattori di rischio cardiovascolare.” Mentre dopo un ictus, le possibilità di morte per tutte le cause o per quelle cardiovascolari sono significative solo per i giovani con un elevato BMI, mentre diminuiscono per gli anziani, pur sovrappeso o obesi (Stroke, 2009).

 

Nel 2013 la rivista JAMA ha pubblicato una metanalisi di studi che si è occupata di correlare lo stato di forma ponderale con la mortalità per qualsiasi causa, selezionando 141 studi (i migliori) tra i 7034 setacciati. I risultati hanno confermato la fatale correlazione, pur con qualche attenuazione rispetto al passato. L’obesità di grado II e III è associata a un aumento significativo di tutte le cause di morte, mentre quella di grado I (BMI 30-35) non ha mostrato una correlazione con un livello di mortalità più elevato. Buona notizia per chi ha solo qualche chilo in più, ma in generale.

 

Perché se quei chili in più si localizzano sulla pancia, all’altezza dei visceri, la festa è finita.
Non solo il grasso ci espone a un rischio di mortalità più elevata. Anche la tanto agognata magrezza rappresenta, nelle statistiche del BMI, un fattore limitante in tal senso (BMI < 18,5).

Tant’è che si è stilata una tabella che identifica il tipo di malnutrizione correlata al BMI di un soggetto sottopeso. Il livello di malnutrizione-proteico-energetica (PEM) è sensibile del tipo d’intervento richiesto. Ad esempio, se il vostro BMI è tra 17.0 e 18.4 (PEM 1° grado) la vostra malnutrizione sarà essenzialmente energetica.

 

Bisognerà mangiare un po’ di più. Se il valore scende tra 16.0 e 16.9 (PEM 2° grado) sarete più carenti di proteine. L’intervento alimentare sarà più specificatamente orientato a promuovere l’introito di proteine. Infine, qualora il vostro PEM risulti di 3° grado, cioè <16, l’intervento sarà sia di carattere sia energetico sia proteico. Naturalmente la stabilizzazione del processo è direttamente proporzionata all’aumento di massa muscolo scheletrica.

Se poi vogliamo comunque leggere i dati in una prospettiva estetica – cioè che probabilità abbiamo di dimagrire e con quali strategie – è ancora più importante partire da:

 

 

Il termine “metabolismo“ è sicuramente uno tra quelli più usati e abusati. Si sentono sempre più spesso clienti parlare di metabolismo lento, veloce, alto e basso con tutti gli annessi e connessi legati all’aumento o diminuzione con metodi “fatti in casa” o con i rimedi più disparati. Il metabolismo è il complesso delle reazioni chimiche e fisiche che avvengono in un organismo o in una sua parte.

 

Queste trasformazioni sono reversibili e legate a variazioni della condizione energetica. Il metabolismo umano, come quello di tutte le specie, è molto complesso e consiste in decine di migliaia di processi biochimici in genere mediati da specifici enzimi e molecole proteiche specializzate sulla base delle informazioni contenute nel genoma delle cellule dell’organismo.

 

Il metabolismo (da Wikipedia) si divide in due insiemi di processi:

 

● Anabolismo, che produce molecole complesse da molecole più semplici utili alla cellula;

 

● Catabolismo, che comporta la degradazione di molecole complesse in molecole più semplici e produce energia.

 

I processi anabolici richiedono energia, quelli catabolici liberano energia. L’energia liberata è conservata nella cellula tramite molecole carrier ad alta energia, tra il quale la più comune è l’ATP. Riassumendo, il metabolismo è l’insieme dei processi biochimici ed energetici che si svolgono all’interno del nostro organismo con lo scopo di estrarre ed elaborare l’energia racchiusa negli alimenti per poi destinarla al soddisfacimento delle richieste energetiche e strutturali delle cellule.

 

Un fine meccanismo di regolazione equilibra tutte queste reazioni metaboliche in base all’effettiva disponibilità di nutrienti e alle richieste cellulari. Possiamo dire perciò che il metabolismo è la velocità con cui il nostro corpo brucia le calorie per soddisfare i suoi bisogni vitali.

 

Se volessimo accelerare il nostro metabolismo, dovremmo aumentare i bisogni vitali del nostro corpo, incrementando il dispendio energetico e aumentare la muscolatura.

 

La massa muscolare è di fondamentale importanza, che debba alzarmi da una sedia, fare le scale, portare la spesa. Ogni azione della nostra vita richiede forza e conseguentemente muscoli in azione.

 

I muscoli svolgono un ruolo fondamentale nella salute generale e nel benessere, in tutte le fasi della vita ma soprattutto in età avanzata. Sono, infatti, un fattore critico nella salute metabolica, controllo del peso corporeo, resistenza ossea, stress e malattie.Il termine sarcopenia riguarda l’insorgenza di una perdita di massa muscolare.

 

Irwin Rosenberg, nel 1988, lo coniò per definire la perdita di massa e funzione muscolo scheletrica.
Può essere identificata con la situazione metabolica per cui il muscolo perde la capacità di produrre e consumare energia. Può manifestarsi in soggetti sedentari a seguito d’inattività fisica oppure può accentuarsi semplicemente con l’aumento dell’età.
Secondo molti studi, non è una conseguenza inevitabile dell’età, ma si verifica in condizioni di stress ossidativo crescente nel tempo con la formazione di radicali liberi.
Nel sesso maschile è correlata al calo della produzione di testosterone che ha effetti anabolizzanti, in particolare sul metabolismo proteico.
Nella sarcopenia la perdita di massa muscolare e la conseguente perdita di forza sono accompagnate anche da una minore funzionalità dei muscoli che può generare instabilità posturale, alterazioni della termoregolazione, peggiore trofismo osseo (manca lo stimolo della contrazione), modificazione dell’omeostasi glucidica (manca deposito e consumo), riduzione della produzione basale di energia.

 

Con il trascorrere degli anni la perdita di massa muscolare avanza di pari passo con la perdita di forza.

A 50 anni di età molte persone hanno già perso circa il 10% della loro massa muscolare e a 70 anni si può arrivare a perdere fino al 70%.

 

Una delle funzioni più importanti dell’apparato muscolo scheletrico nella salute metabolica è la capacità di immagazzinare glucosio (carboidrati) sotto forma di glicogeno e utilizzarlo come combustibile ogni volta che è necessario muoversi.

 

La massa muscolare è essenziale ai fini della riserva di glicogeno. Un chilo di muscolo contiene circa 18 grammi di glicogeno. Questo significa che, quando ingeriamo carboidrati, gli stessi sono immagazzinati nel fegato (1/3), a patto che sia sano e non steatosico, e il restante nei muscoli (2/3) a patto che ve ne siano a sufficienza.
Più muscoli abbiamo e più zuccheri siamo perciò in grado di immagazzinare.

 

Con pochi muscoli, gli zuccheri, rimanendo nel torrente ematico possono creare nel tempo problemi di salute anche importanti come diabete di tipo II, aumento degli AGEs (prodotti finali di glicazione), ALEs (prodotti finali di lipossidazione) e grasso, sia viscerale sia sottocutaneo.

 

 

 

In un individuo adulto sano il metabolismo basale incide per circa il 65-75% del dispendio energetico totale. Fegato, cervello, cuore e reni, sono responsabili del 60-70% del BMR, mentre la massa muscolare incide per il 18-20% circa.

 

Il metabolismo basale di un adulto è quindi determinato dal peso e dalla composizione corporea. Con l’avanzare dell’età, sia nell’uomo sia nella donna che non si allenano, avviene una progressiva perdita di massa magra e un aumento del grasso corporeo. Il mito che il metabolismo basale è “SEMPRE” più basso nell’anziano o nella donna è però da sconfessare.

 

Esistono anziani con buona e altri con scarsa massa magra, donne con buon trofismo, altre che nonostante i massaggi e le creme “tonificanti” sono ipotoniche e vuote! Ancora una volta la differenza è data dall’allenamento e
non ai rimedi empirici “senza fatica”.

 

 

CONSIGLI PER UN METABOLISMO ATTIVO

 

Aumentare la massa muscolo scheletrica.

 

Con l’aumentare della sedentarietà il metabolismo cambia insieme alla capacità di bruciare calorie. Un modo per superare questo problema è di allenarsi.
I muscoli bruciano calorie e quindi più ne abbiamo più si brucia, anche a riposo. Bere la giusta quantità di acqua con conseguente miglior equilibrio idrico cellulare (1 grammo di acqua x Kcal ingerita suddivisa durante la giornata più 1 grammo e mezzo per Kcal consumata durante l’allenamento) oppure facendo questo calcolo: Peso corporeo x 35/1000 (70 Kg x 35/1000 = circa 2,5 litri il giorno).

 

Aumentare l’assunzione di fibre (25-30 grammi circa il giorno). Se si può aumentare l’apporto di acido fitico nell’organismo, sostanza che ostacola l’assorbimento di alcuni minerali tra cui il calcio, il selenio, il ferro e lo zinco. L’acido fitico è considerato un fattore antinutrizionale, cioè una sostanza in grado di limitare l’assorbimento o l’utilizzo dei nutrienti.
Riduzione delle sostanze mutagene e dei metalli pesanti all’interno del tratto intestinale.

 

Arricchimento della flora intestinale con microorganismi utili e irrobustimento della parete del tratto digerente, con prevenzione della diverticolosi (degenerazione della parete intestinale).
L’invecchiamento è associato a una riduzione progressiva del volume del muscolo scheletrico (Lexell et al. 1988) e una concomitante riduzione della forza (Grimby & Saltin, 1983; Young et al. 1985; Vandervoort & McComas, 1986; Frontera et al. 1991).

 

 

 

Questo influenza la prestazione fisica e quindi la funzione quotidiana degli anziani. Tuttavia, l’allenamento con sovraccarichi ha mostrato di contrastare l’atrofia con conseguente metabolismo attivo e aumento di forza (Frontera et al. 1988; Fiatarone et al. 1990; Charette et al. 1991; Welle et al. 1996). 

 

La menopausa si accompagna a una perdita di massa magra media di circa tre chili e a una riduzione del metabolismo basale di circa novanta Kcal/giorno. Continuando a introdurre la stessa quantità di calorie aumenterà gradualmente anche il peso.

 

La riduzione del metabolismo basale delle donne intorno alla menopausa è data soprattutto alla perdita di massa muscolare con conseguenze come diminuzione della forza muscolare e dell’ossidazione delle riserve di grasso.

 

Soluzione: allenamento con i pesi con percentuali di carico utili sia per l’ipertrofia (75-80% 1 RM) sia per la forza (>80% 1 RM). Le persone che giustificano il loro sovrappeso con la scusa del metabolismo basso per problemi concernenti la tiroide (o alla costituzione) rientrano statisticamente allo 0.01% della popolazione.

 

Il problema di avere un metabolismo che rende molto difficoltoso mantenere il peso forma esiste, ma, per quanto ci riguarda, è legato all’allenamento, all’idratazione corretta e ai giusti consigli alimentari. Nothing else!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Claudio Suardi MFS Direttore Tecnico ISSA Europe

 

 

 

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