“Sono ormai note a tutti le complicanze fisiche ed emotive derivanti dalla conduzione di una vita sedentaria e povera di movimento.
Nella giornata di un lavoro tipicamente sedentario, come quello impiegatizio, e magari interamente “minutata” della timbratura del cartellino, il tempo extralavorativo da poter dedicare al movimento e alla cura di sé è, spesso e volentieri, molto risicato.“
Anche il lavoratore più volenteroso (soprattutto se sportivo), deve intraprendere spesso una vera e propria corsa a ostacoli per ritagliarsi il tempo minimo per la propria attività fisica, un tempo praticamente sempre minacciato e “rosicchiato” da traffico, faccende domestiche e famigliari da sbrigare, contrattempi vari, etc.
A tutto questo dobbiamo aggiungere:
• la tendenza delle persone a diminuire l’attività fisica con l’avanzare degli anni;
• la “diseducazione al movimento” che, fra i suoi tanti aspetti, può a sua volta comprendere:
• una vera e propria alterazione degli schemi motori di movimento (basti pensare al movimento di accosciata: sportivi e cultori del movimento a parte, quante persone adulte, nel mondo occidentale, riescono ancora a compierlo?);
• la tendenza automatica di auto-preservarci dal compiere un movimento, soprattutto se esiste un’alternativa “motorizzata” (l’uomo è un animale che di base tende al risparmio energetico in tutti i suoi gesti e i suoi comportamenti, come ci ha ben insegnato ISSA: quante persone preferiscono le scale mobili a quelle classiche, anche se solo per pochi gradini? Quanti avendo un ascensore, scelgono invece le scale?);
• fiumi di considerazioni potrebbero poi riguardare l’aspetto prettamente posturale dell’Homo Erectus sempre più prossimo all’evoluzione in..”Homo Sedutus”! Personalmente vivo questi temi tutti i giorni, essendo io “immerso” in un ambiente lavorativo di questo tipo (quando non esercito da PT); infatti, lavoro da molti anni in una grossa azienda multinazionale, di origine lombarda, e situata nella zona piuttosto centrale di una città di circa 120000 abitanti.
Parlando con i colleghi durante le pause caffè, mi rendo conto ogni volta della differenza di stile tra la mia vita, votato all’attività sportiva, e l’altro stile, quello “dell’Estremo Sedentario”.
Personalmente ogni volta che cerco di introdurre la cultura del moto fisico in un ambiente intriso di staticità e scrivanie, noto spesso una certa diffidenza – se non addirittura ostilità – verso la palestra comunemente intesa, e scopro di sovente una visione generale stereotipata del mondo del fitness (sicuramente le campagne pubblicitarie con modelli/e dal fisico irraggiungibile non sono certo d’aiuto); “Non ho tempo” è la risposta più comune alla domanda: “Faresti attività fisica?”.
Nel luogo dove lavoro, gli ascensori fanno sempre gli straordinari, e le sedie divengono a volte inusuali mezzi di locomozione (sono fornite di rotelle! che spettacolo vedere i colleghi spostarsi da una scrivania all’altra, trascinandosi per qualche metro incollati alla propria sedia; magari sbocconcellando uno snack fuori pasto!). Capita inoltre di sentir parlare al telefono qualcuno, e notare che chi sta all’altro capo della cornetta si trova a meno di 10 metri di distanza (badate bene, il nostro ambiente non è un call center ma un tranquillo ufficio tecnico, in “Open Space”, dove le telefonate in realtà non sono poi così frequenti).
Recentemente, preso da curiosità “scientifica”, e forte del “Know-How” fornitomi da ISSA in questi anni, ho deciso di monitorizzare tutti i miei movimenti in una tipica giornata lavorativa (dunque allenamenti esclusi).
Questo lavoro, che desidero proporvi, è basato sulla stima dell’impatto energetico che tutti gli spostamenti giornalieri rappresentano sul mio TEE (il consumo energetico totale giornaliero), ipotizzandone le conseguenze (possibile aumento ponderale), qualora io decidessi di muovermi molto di meno e mantenendo inalterata la mia alimentazione.
Ecco la lista di tutti gli spostamenti possibili nel mio luogo di lavoro:
• parcheggiare l’auto un po’ più distante dall’ufficio (circa 1km);
• fare le scale, evitando di prendere l’ascensore (siamo al quinto piano di un palazzo relativamente non alto);
• recarsi in mensa aziendale a piedi (circa 1 km);
• fare una breve passeggiata dopo pranzo (il centro città dista solo 1,5 km dagli uffici, 3 km A/R).
Come ho potuto stimare queste distanze? In modo semplice e con poca spesa: mi sono dotato di un contapassi (9,90 €) da fissare alla cintura dei pantaloni, un cronometro, e un piccolo taccuino per annotare tutti i dati. Con il contapassi (in precedenza tarato sul mio passo) ho potuto raccogliere i seguenti dati:
• numero di passi;
• distanza percorsa in km;
• tempo movimento
Vediamo il percorso che effettuo quotidianamente :
A ogni tappa del percorso sopra indicato ho annotato sul taccuino i km percorsi, il numero di passi e il tempo impiegato. Ho quindi cronometrato i minuti necessari fare 5 piani di scale e raggiungere il mio ufficio, contando il numero di gradini (103 salita + 103 discesa). Da buon tecnologo di processo ho quindi misurato l’altezza in cm di un gradino.
Come possiamo conoscere la nostra classificazione di attività fi sica, conoscendo i passi giornalieri? Ci ha pensato Heyward V., nel libro “Fitness – Un Approccio Scientifico”, che qui riporto in tabella 1.
In conclusione, ritornando ai miei dati…se passassi dal mio profi lo attuale (E) a una vita sedentaria (profi lo A) diventando così un amante della sedia e un buon amico dell’ascensore, mangiando sempre uguale, potrei aumentare di peso da 75 kg a ben 85 kg..ingrassando! Investire quindi circa 91 minuti della mia vita, con spostamenti che ben si “sposano” con la mia routine lavorativa quotidiana, avrebbe molto senso. Possiamo dire che, per mantenere il peso forma e perdere chili di troppo, non è necessario fare i ”salti mortali”: potrebbe essere sufficiente introdurre, nell’arco delle nostre giornate, delle piccole azioni volte al movimento.
Unendo tale atteggiamento con un’alimentazione sana e bilanciata, potremmo certamente fare un piccolo balzo verso una maggiore salute fisica e mentale! Immaginiamo poi i vantaggi ottenibili conducendo anche dell’attività fisica regolare.
Per chi ancora obietta che 91 minuti in una giornata siano troppi, risponderò con una vecchia massima, sempre attuale ed efficace:
“Volere è potere!”
Michele Turatto
CFT1 ISSA
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