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Cosa fare per invecchiare il meglio possibile? In che modo rallentare, contrastare o, più correttamente, vivere al meglio un fenomeno che è in larga parte fisiologico? L’invecchiamento inevitabilmente si interseca con il tema dello sport e dell’attività fisica più in generale.
Prima di tutto, si premette che parliamo di invecchiamento e non di malattia. Anche se quest’ultima può essere vista come un “invecchiamento accelerato”.
D’altra parte, è giusto sottolineare che il discorso metabolico è fondamentale. Invecchiando diviene minore l’energia a disposizione per l’attività fisica extra, ovvero per muoversi. Questo perché il metabolismo nel suo complesso è impegnato. Oltre che supportare le funzioni vitali a riposo (60-70%), deve mantenere una quota energetica potenziale “di riserva” per combattere le malattie. In primis, si riducono la velocità del cammino e altre attività motorie “funzionali”. Si instaura un circolo “vizioso”. Sono sempre stanco, mi muovo meno, divento, sedentario, diminuiscono i muscoli. Poi sono sempre più stanco e con meno energia, ingrasso, soprattutto, a livello “profondo”, “viscerale”, con tutte le complicanze del caso.
Cosa succede al corpo durante l’invecchiamento
Si altera la composizione corporea, principalmente il rapporto FFM/FM o meglio il rapporto massa muscolare scheletrica/Fat mass. Questo è un vero e proprio Indice di Fitness funzionale. Secondo alcuni studi, l’uomo ha un valore minimo 0,54 con valore ideale 1,20. La donna 0,49 e un valore ideale 1,10. Qui si innescherebbe un ampio discorso sulla fisiologia della fatica, che studi recenti hanno identificato come un “segnale biochimico” che può essere trasmesso.
Dunque, se il metabolismo a riposo rimane alto dopo la mezza età l’incidenza della mortalità sembrerebbe maggiore. Si ha meno energia per combattere le malattie, oppure per muoversi, rimanendo attivi e in forma. Sembra un controsenso, ma come in tutte le cose ci vuole equilibrio. Quello che conta è l’equilibrio.
Eventuali infiammazioni acute (per esempio, un’influenza) oppure croniche (una infiammazione sistemica generalizzata per continui danni da introduzione di cibi non adatti e stile di vita improprio) riducono la “soglia della fatica” a livello cerebrale.
L’infiammazione è un fattore predittivo della disabilità, così come lo è l’alterato rapporto FFM/FM . Insieme alla situazione metabolica a riposo, l’infiammazione e lo stress ossidativo sono i fattori più importanti dell’invecchiamento, fattori contrastabili con lo sport.
Predisposizione genetica e potenziale fenotipico
È chiaro che in prossimità della mezza età e dovendo affrontare “la terza” e la “quarta”, il potenziale genetico che mamma e papà ci hanno passato conta moltissimo (almeno il 50–60%). È oltremodo importante quello fenotipico (un buon 40-50%). Soprattutto quello che ci siamo “costruiti” nei primi 40 anni.
Se il fenotipo è adatto (stile di vita) il potenziale genetico coinciderà con quello che si realizzerà nella propria vita. Alcuni studi sul DNA indicano che circa il 50-66% della performance nello sport è determinata dalla predisposizione genetica all’invecchiamento. Il rimanente 34-50% dipende dall’ambiente, inteso come società, cultura, motivazione, alimentazione, sostegno familiare e, naturalmente, dal tipo di allenamento praticato, sia in passato che nel presente.
I problemi di un muscolo invecchiato
Il primo problema di un “muscolo invecchiato”, nella pratica dell’allenamento, è la minor quantità di elastina.
Per questo motivo il lavoro “veloce” è meno tollerato e sviluppa spesso un maggior grado di infiammazione. Non è più efficiente il “ritorno elastico” tendineo. Se si sceglie un approccio allenante ipertrofico meglio un lavoro, muscolare in “tensione continua”, sempre con un’esecuzione biomeccanica corretta e impeccabile, che determinano la “perturbazione” muscolare e la “cascata” di fenomeni meccanici, metabolici e biochimici innescanti lo sviluppo/mantenimento della massa muscolare.
Mentre diminuisce il contenuto di elastina, aumenta quello di collagene a livello delle strutture muscolari. A parità di “stimolo allenante” si ha più infiammazione e recupero lento. Per esempio, con l’invecchiamento i muscoli “dell’asse centrale” (Ileopsoas, Quadrato dei lombi, Ileo-costale, eccetera) diventano ipertrofici e fibrotici per proteggere le articolazioni degenerate. Ciò determina movimenti “compressi” e “limitati”. Le tensioni aumentano, i ROM diminuiscono, la flessibilità e l’elasticità si riducono inesorabilmente, il tutto per “stabilizzare”. Ecco perché lo stretching e l’allungamento muscolare in postura devono essere estremamente personalizzati e introdotti costantemente nella routine di allenamento.
Invecchiamento, stanchezza e approccio allo sport
Gli individui anziani, inoltre, utilizzano maggiormente il loro appoggio scheletrico piuttosto che affidarsi al loro tono muscolare, per esempio durante la discesa delle scale. I movimenti divengono quindi meno coordinati e più rigidi predisponendoli a possibili cadute.
Ricordando che il controllo del movimento necessita delle informazioni provenienti dalle “afferenze periferiche” (fusi muscolari e organi tendinei del golgi) che rivestono un ruolo importante nel controllo dell’equilibrio statico e dinamico, la maggioranza degli studi mostra come il riflesso miotattico da stiramento nell’individuo anziano si manifesti con una riduzione dell’ampiezza nella sua risposta . E come questa alterazione abbia una ripercussione negativa sulla capacità soggettiva individuale di reagire ad una improvvisa perturbazione dell’equilibrio.
Per completare il quadro deficitario: “muscoli “anziani”, soprattutto in soggetti fuori forma con alterata composizione corporea, hanno una minor capacità di stoccaggio del glicogeno quindi stanchezza costante e/o anticipata in caso di lavoro muscolare. Questo causa una limitata autonomia soprattutto nell’attività anaerobica. Bisogna tenerne conto nella programmazione dell’intensità e del volume del training, e nella sua “periodizzazione”.
Da una certa età in poi la malattia non è una specifica fisiopatologia, ma il fatto che i meccanismi omeostatici ed eterostatici dell’individuo si stanno “assottigliando”. Bisogna puntare a una armonia della rete e non al “proiettile magico”.
Per cui è auspicabile un approccio multidisciplinare, un mosaico personalizzato da assemblare con tante piccole tessere ragionate ed “incastrate” sul singolo individuo. Niente pillole magiche specifiche o sostanze esotiche miracolose. Niente metodi allenanti innovativi e “scelti a prescindere”. Niente esercizio uguale per tutti con l’attrezzo alla moda “omnirisolutivo”.
Tipi di allenamento e attività fisica efficaci per contrastare l’invecchiamento
Oggi gli esperti concordano sul fatto che l’aumento relativo nella dimensione delle fibre (ipertrofia indotta da esercizio) é simile nelle donne e negli uomini, quando lo stimolo dell’allenamento è simile.
In generale, la massa muscolare può essere mantenuta o addirittura aumentata anche oltre i 50 anni. Alcuni studi dimostrano che in individui ultraquarantenni sia possibile, con un allenamento specifico e personalizzato, aumentare fino a 5 kg di massa muscolare senza aiuti di tipo illecito (Tipton, 2001).
Un’attività fisica basata sulla forza (“resistance training”, ovvero esercizi contro resistenza, con sovraccarico”) può aumentare la funzione e la massa muscolare in soggetti anche molto anziani (ottava e nona decade di vita), incrementando anche la funzione mitocondriale.
L’attività fisica nell’invecchiamento può ridurre i marker di stress ossidativo e aumentare l’attività degli enzimi anti-ossidanti nei soggetti anziani. Dopo un costante periodo di esercizio fisico di forza i cambiamenti “età-relati” del profilo trascrizionale erano reversibili e restituivano un profilo di espressione “più giovanile”.
La contrazione muscolare a elevata intensità, con l’adattamento di particolari tecniche in contrazione eccentrica, diviene un “must”. D’altra parte, alterazioni strutturali e funzionali dei meccanismi di riparo delle “cellule satelliti” potrebbero costituire una delle cause del processo sarcopenico.
Infatti, la ridotta capacità rigenerativa del muscolo anziano pare non sia dovuta a un ridotto numero di cellule satelliti quiescenti o alla sola loro alterazione morfologica, ma probabilmente a una alterazione del loro programma differenziativo. Da ricordare che le cellule satelliti mediano la crescita muscolare post-natale e la loro popolazione decresce con l’aumentare dell’età (Bischoff et al, 1994; Charge et al, 2004) e che sono cellule mononucleate “multipotenti” in stato di quiescenza finché stimoli tipo stress meccanici ne determinano l’attivazione; sono innescate anche da contrazioni rapide ed improvvise responsabili di lesioni a carico delle fibrocellule muscolari (Goldspink et al. 2005; Hawhe et al. 2001).
La contrazione eccentrica
La contrazione eccentrica, con i “danni” che provoca, stimola elettivamente l’attività di queste “stem cell” totipotenti “riparative”. L’incremento di massa muscolare, e soprattutto l’attività «rigenerativa» del muscolo sono correlati al livello dei «microdanni» da contrazione eccentrica. Questi vengono rivelati dalla concentrazione plasmatica di picchi elevatissimi di CK (Creatinkinasi). Sono i «picchi» di CK che funzionano da «starter» per il risveglio delle cellule satellite» dormienti nella membrana basale dei muscoli. Queste, anche in età avanzata, rispondono soltanto allo stimolo di «danno», portando all’origine di una nuova fibra (G. Montanari).
Perché il personal training è fondamentale per l’anti-aging
Il personal training nel senso più completo e professionale del termine, può essere una strategia efficacissima, preventiva e non “curativa”. Più del medico che interviene quando “è tardi”, quando si deve curare. Più della “pillola magica” e della pozione miracolosa “tutto subito e senza fatica”, di dubbia efficacia e ampia portata commerciale.
Un quadro sintetico di riferimento per organizzare il personal training antiaging potrebbe essere il seguente.
- Analisi tricompartimentale “funzionale” e/o “vettoriale” della composizione corporea e
- monitoraggio nel tempo dell’andamento dei parametri più legati ad allenamento e alimentazione (consigliata ogni 8 settimane al cambio della scheda; minimo 3 test annuali).
- Valutare soprattutto la parte muscolare metabolicamente attiva sia come quantità’ sia come qualità.
- Mantenere/ripristinare un corretto rapporto Kg FFM/m (quantità di massa magra riferita all’altezza: Uomo 28-35 KgFFM/m, Donna 23-30 KgFFM/m) o Kg BCM (Body Cellular Mass minima: Uomo [(H-100)x 0,3] Donna [(H-100)x 0,28]) o SKELETAL MASS %FFM (massa muscolare scheletrica minima riferita alla FFM. In questo caso il valore per Uomo minimo è 35-38/40%, per donna minimo 30-32/35%). Non dimenticare mai riferimenti basilari dell’analisi corporea: BW = FFM + FM o meglio FFM = ECM + BCM.
- Valutare e monitorare l’ingrassamento, non tanto come quantità totale di massa grassa, ma come distribuzione regionale. Per esempio, il rapporto V/F (vita/fianchi) o rapporto V/H (vita/altezza) o come stima specifica più o meno indiretta del grasso viscerale (circonferenza addominale o sopraombelicale, o cm² da BIA “funzionale”).
- Stimare e valutare il BMR e il metabolismo del riposo, eventualmente il metabolismo totale giornaliero indagando stile di vita, lavoro, attività fisica, varie ed eventuali.
Test per soggetti anziani
In presenza di un soggetto anziano a rischio disabilità valutare con test specifici, sempre in accordo con il medico di riferimento, i seguenti fattori.
- Velocità del cammino (per esempio, adattamento del test di Rockport o valutazione diretta vera e propria con il test dei 6’ di cammino). Se V < di 4 – 4,7 Km/h (1,1 – 1,3 m/sec) si è in presenza di potenziali problemi.
- Forza (per esempio, test di prensione della mano con dinamometro (forza statica) o test di forza dinamica o di forza resistente dinamica o resistenza muscolare dinamica per gli arti inferiori ed eventualmente per gli arti superiori.
- Equilibrio (test di Romberg per l’equilibrio statico in posizione eretta con occhi aperti o chiusi oppure “Unipedal Stance Test” (test della posizione monopodalica) per una semplice valutazione indiretta dell’equilibrio statico ed, eventualmente, della coordinazione dinamica generale (ma anche spazio-temporale, oculo-manuale, oculo-podale…).
- Flessibilità dei principali distretti muscolari e la loro eventuale “retrazione”, quindi il rapporto flessibilità-capacità di allungamento/stiffness-capacità di esprimere forza (ovvero l’elasticità). Il tutto in un ottica di valutazione posturale globale.
- Genotipo (polimorfismi con test salivare del DNA).
Invecchiamento e attività fisica, alcuni esempi di esercizi
Qualche suggerimento pratico per affrontare con serenità il connubio sport e invecchiamento.
- Svolgere esercizi con sovraccarico inizialmente con una esecuzione “dinamica” (forza) e in seguito in “tensione continua e controllata” (ipertrofia), sempre biomeccanicamente corretti (esecuzione fisiologica per le funzioni muscolo-articolari).
- Inserire, se la situazione soggettiva della persona lo permette, un’ “enfasi eccentrica” o meglio dei lavori eccentrici adattati, correttamente posizionati nella periodizzazione degli allenamenti.
- Sempre se la situazione posturale e coordinativa lo permette, “sconfinare” saltuariamente in proposte dosate di esercizi anaerobico alattacidi (Potenza, Forza Esplosiva).
- Sul versante aerobico privilegiare il lavoro intervallato (HIIT o simili) comunque sempre con “spunti” ad alta intensità relativamente al soggetto che lo esegue.
In generale: meglio allenarsi al mattino o nella prima parte della giornata. Se ci si allena “forzatamente” la sera tardi pianificare opportune variazioni di volume/intensità e, se possibile, optare per attività rilassanti, soddisfacenti, poco “stressanti”.
Inserire nella routine esercizi con l’obiettivo di migliorare la coordinazione in tutte le sue forme. E l’equilibrio (proposte su basi instabili, propriocettive, eccetera) ma solo se realmente necessarie e quando il soggetto è in possesso di un buon livello di forza/resistenza muscolare.
Infine, aggiungere esercizi dedicati e personalizzati di allungamento muscolare (stretching “settoriale”) sui distretti muscolari effettivamente rigidi e valutare posture globali di riequilibrio caso per caso (stretching “in catena muscolare”).
Strategie nutrizionali per massimizzare i risultati dello sport durante l’invecchiamento
Come regola generale: impostare una “dieta” leggermente ipocalorica (ipocalorica mai rispetto al metabolismo basale…) e un poco iperproteica. E questo puntando su proteine di alto VB e/o aminoacidi essenziali. Inoltre, bisogna assicurarsi che il soggetto sia “sano” dal punto di vista medico (legale) altrimenti la dieta ricade “in carico” a figure appartenenti alle professioni sanitarie (medico laureato in medicina e chirurgia eventualmente specializzato).
È importante valutare l’idratazione nel suo complesso (TBW minimo 50%, ideale 55-60%) e come distribuzione qualitativa. Si deve verificare ECW (ideale 40%, max 43% di TBW) per valutare eventuale ritenzione con fenomeni di infiammazione sistemica acuta/cronica) e ICW (ideale 60%) per monitorare la salute e l’idratazione cellulare. Se possibile stimare l’idratazione reale della FFM (ideale 73%).
Ancora, deve essere monitorata la distribuzione fisiologica circadiana dell’apporto glucidico (carboidrati/ zuccheri in genere) rispettando orari favorevoli di assunzione dei 3 pasti ed eventualmente di 1 o 2 spuntini. Indicativamente alti/medi a colazione (ore 7.00-8.00), medi/bassi a pranzo (ore 13.00-14.00, bassi/nulli a cena (ore 19.00-20.00). Con l’introduzione dei cibi (macronutrienti) ipotizzare un andamento fisiologico (“risposta” dell’organismo) dei principali ormoni (insulina, cortisolo, testosterone, glucagone, GH). Il timing dei pasti principali è fondamentale per ristabilire una circadianità ormonale deficitaria e persa.
Alimentazione, indicazioni pratiche
- Aumentare le porzioni di frutta (nella prima parte della giornata) e di verdure (seconda parte della giornata) piuttosto che diminuire l’apporto proteico/glucidico per assicurare un EQUILIBRIO ACIDO-BASE nelle 24 h (PRAL dei CIBI). Nel complesso dovrà risultare leggermente basico (alcalino) o “neutro”.
- Attenzione alla cottura dei cibi: oltre i 125°C e/o con cotture “aggressive”, intense e con sbalzi di temperatura (griglia, piastra, fritti intensi, cibi precotti riscaldati) si sviluppano AGE’s e ALE’s (prodotti avanzati della glicazione e di lipo-ossidazione) e altre sostanze potenzialmente tossiche (cancerogene) come le ammine eterocicliche che incrementano la produzione di radicali liberi (RL, ROS) nonché sbalzi di insulina nelle persone preposte anche senza l’introduzione di zuccheri.
- Eventuale integrazione proteica (a volte auspicabile nell’individuo anziano) deve privilegiare la forma più presente e con più funzioni fisiologiche nell’organismo umano (albumina, meglio se “tamponata”).
- Supporto con antiossidanti: vitamina E, resveratrolo (polifenoli in genere), carotenoidi e un apporto corretto e bilanciato di grassi omega-3 / omega-6 / omega-9. Tutti gli acidi grassi polinsaturi in un equilibrato rapporto; generalmente nell’alimentazione moderna “scarseggiano” gli omega-3.
- Apporto di minerali in un corretto rapporto fisiologico (Mg/K) limitando l’assunzione di SODIO (Na) dagli alimenti (anche quello “nascosto” NaCl), vero e proprio “nemico” dell’ipertrofia e dell’assunzione minerale in genere.
- Giusta introduzione nelle 24 h di fibre alimentari con un ottimale rapporto tra Insolubili e Solubili (S/I = 33%, max 25-40 g) con una equilibrata quantità di fruttosio da fonti vegetali.
Conclusioni
È, in conclusione, importante ricercare un relax serale è fondamentale non solo evitando attività estremamente stressanti e “attivanti ma anche in previsione di un “buon sonno” e quindi un ottimale recupero. Per la rigenerazione notturna preferire attività e cibi che favoriscano/introducano serotonina, melatonina, triptofano con scarsa o nulla introduzione di carboidrati o di cibi insulino-stimolanti, predisponendo un quadro ormonale “double face”: ottimale per il dimagrimento e per la rigenerazione/crescita muscolare (insulina e cortisolo bassi, GH e glucagone alti).