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Qualche riflessione sul fitness: la vita la costruiamo giorno dopo giorno

Fitness ed età anagrafica
In un recente congresso gestito dalla Healthy Ageing Week, che vedeva tra gli organizzatori il prestigioso Karolinska Institutet di Stoccolma, è stato definito che per invecchiare bene bisogna incominciare dalla culla, anzi ancora prima, durante la gravidanza che deve essere condotta dalla futura mamma nel modo più fisiologico possibile, eliminando tutti gli eventuali fattori di rischio. Gli studiosi hanno definito il principio che nei primi due anni di vita si gettano le basi per invecchiare in salute e quindi c’è una specie di imprinting per ognuno di noi che programmerà tutta la nostra esistenza.  Questa capacità di invecchiare bene si basa essenzialmente sul corretto rapporto con l’alimentazione, il rispetto del ritmo sonno-veglia, l’eliminazione sin dove è possibile dei fattori di rischio e non ultima l’attività fisica. In altre parole, bisogna che il fitness ci accompagni da quando gattoniamo sino ad essere senior avanzati. Come è già stato descritto su questa rivista il ruolo fondamentale è gestito a livello cellulare, specifi camente sui telomeri, ovvero i terminali dei cromosomi che, accorciandosi di volta in volta sempre più rapidamente, favoriscono l’invecchiamento generalizzato. Dal che si deduce che il fitness non ha età e, con gli opportuni accorgimenti, deve essere svolto sia dal bambino sia dall’adolescente sia dall’adulto sia dall’anziano: con un corretto stile di vita si possono prevenire le malattie e di conseguenza aggiungere quella famosa “vita agli anni”, come moltissimo tempo fa veniva detto dalla neuroscienziata Rita Levi Montalcini.

 

Funzionale
Se non stiamo attenti il termine “funzionale” ce lo troviamo anche sotto il cuscino del letto: mai definizione è stata così ampiamente usata e abusata, favorendo il sorgere di allenamenti che avevano questa specificità ma che in realtà non si discostavano da quelli tradizionali. Il corpo umano è un assemblatore di milioni di funzioni, ognuna ben definita e gestita in un processo delegato dal DNA e dalle informazioni in esso contenute. Il dizionario Treccani dà un’ampia definizione del termine, ma si può riassumere brevemente in: “relativo a una funzione, inerente alle funzioni esercitate da una persona”. In altre parole è un concetto causa-effetto per cui un determinato stimolo è finalizzato ad ottenere una particolare risposta. Il fitness ha quindi la capacità di finalizzare il proprio intervento ad obiettivi precisi. Per portare alcuni esempi, si può ben pensare al miglioramento dell’attività osteo-articolare mediata dai muscoli, del controllo del peso associando attività fisica e alimentazione controllata, oppure, cosa molto importante in una popolazione che sta invecchiando, mantenere l’efficienza e prevenire la diminuzione della propria autonomia. Secondo un’indagine condotta dal Caring Future Institute della Flinders University australiana, il momento giusto per fare il bilancio della propria salute sarebbe tra i 40 e i 50 anni, periodo in cui la modifi ca di eventuali stili di vita errati è in grado ancora di intervenire positivamente sulla qualità della nostra vita. Quindi ogni tipo di allenamento avrà, come fi nalità principale, quella del recupero di quelle funzioni, che con il passare delle decadi o infortuni, si riducono o addirittura si perdono, e così da apportare un benefi cio globale a tutto il nostro organismo, come per esempio, il recupero completo dopo un intervento di meniscoctomia.

 

Fitness e sport
Entrambe le discipline viaggiano su binari paralleli che comportano la presenza di un coach preparato, un’alimentazione specifica al tipo di allenamento e una forte volontà di raggiungere i propri obiettivi. La differenza sostanziale è che nello sport è inserita l’idea della performance, che comporta quindi la psicologia dell’agonismo, del superare l’avversario, insomma del “vincere”. In questa dinamica, che ovviamente si apre a ventaglio dal grandissimo mondo amatoriale a quello più ristretto del professionista, l’infortunio viene contemplato come elemento da evitare ma comunque come si dice in giurisprudenza “legalmente accettabile”. In poche parole, se io ho un buon risultato sportivo e mi faccio male, ciò che conta è il risultato stesso: tutto ciò porta, specie nel campo professionistico, al rientro ravvicinato dell’atleta nel campo delle competizioni perché la necessità di ottenere risultati performanti spesso è superiore all’intelligente scelta di attendere il recupero fisiologico. Il fitness invece non prevede mai che ci si possa fare male durante un allenamento perché la finalità è il benessere, l’efficienza e l’autonomia completa. Da questo ne deriva che il Personal Trainer debba essere formato in modo completo attraverso un percorso di studi e di pratica rigoroso e difficile. L’Italia è punteggiata da diplomifici che sparano a raffica diplomi di partecipazione svolti in un week end: è necessario che il percorso didattico sia coerente con le normative dello Stato e specialmente con quanto derivato dal DL n.36 del 28/2/2021 che definisce in modo chiaro le funzioni del Personal Trainer. Si può concludere questo breve excursus con la convinzione che il fitness sia una vera medicina (come diceva il Prof. Margaria) per la nostra salute, che ci deve accompagnare sin da piccoli e continuare nell’età senior per renderci efficienti ed autonomi, che risulta essere un prezioso contributo alla prevenzione di molte malattie metaboliche che in termini economici non andrebbero a gravare sul SSN e che deve essere condotto da personale esperto, formatosi in un percorso rigoroso in un mix di nozioni e pratica. Perché, come diceva Totò, “nessuno nasce imparato”.

Silvano Busin, Direttore scientifico ISSA Europe

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