INTRODUZIONE

Numerosi studi certificano gli effetti benefici derivanti dallo svolgimento dell’attività fisica. Ciò che emerge da queste ricerche è che la pratica regolare di esercizio fisico può portare a numerosi cambiamenti psicologici – che riguardano un generale miglioramento dell’umore, dell’autostima e una diminuzione dei livelli di stress ed ansia – oltre ai più noti effetti fisiologici, quali una diminuzione della pressione sanguigna, un miglioramento dell’attività cardiovascolare, la perdita di peso e benefici per quanto riguarda la prevenzione di malattie croniche come il diabete, l’ipertensione e l’obesità.

Il benessere psico-fisico derivante dalla pratica regolare dell’attività fisica coinvolge numerosi fattori come un aumento dei livelli di endorfine, dell’attività mitocondriale e della produzione di neurotrasmettitori.

Con riferimento invece agli effetti psicologici, è possibile notare una distrazione dai pensieri e dalle preoccupazioni, mentre aumentano i pensieri positivi riguardanti una maggior sicurezza di sé. L’obbiettivo di questo articolo è quello di sottolineare quali siano gli effetti neuro-psicologici legati allo svolgimento della pratica sportiva amatoriale, sottolineando aspetti sulla salute non comunemente considerati e frutto di recenti ricerche nel campo.

 

MECCANISMI NEURO-ENDOCRINI DEL BENESSERE PSICO-FISICO

Esistono numerose ipotesi fisiologiche e biochimiche che mettono in relazione tono dell’umore e attività fisica:

 

RILASCIO DI ENDORFINE

Le endorfine sono sostanze chimiche prodotte dal cervello e dotate di una forte attività eccitante e analgesica; la loro azione è simile a quella delle sostanze oppiacee, come la morfina, con recettori distribuiti in varie zone del sistema nervoso centrale, soprattutto nelle aree deputate alla percezione dolorifica. La loro funzione principale è legata alla sopportazione del dolore in condizioni di stress di varia natura e prolungati nel tempo. In seguito ad intense sessioni d’allenamento, numerosi endocannabinoidi. Tali scoperte confermano come nell’organismo umano un intenso sforzo fisico rappresenti un fattore stressogeno in grado di aumentare i livelli periferici di anandamide e BDNF (fattore neurotrofico cerebrale), andando così ad influenzare la neuroplasticità e l’effetto antidepressivo dell’attività fisica [2].

 

IPOTESI TERMOGENICA

L’ipotesi termogenica è debolmente supportata da studi scientifici; tuttavia, l’aumento della temperatura corporea durante l’attività fisica può rappresentare un fattore di rilassamento muscolare generalizzato, che può agire anche riducendo i sintomi dell’ansia [3].

 

FUNZIONE MITOCONDRIALE

I mitocondri giocano un ruolo fondamentale nelle connessioni sinaptiche e nei circuiti neuronali presenti all’interno del cervello; recenti teorie sulla depressione e sui disturbi dell’umore suggeriscono come l’efficienza della funzione mitocondriale si correli alla neuroplasticità cerebrale e la neurogenesi. Il miglioramento del network mitocondriale cerebrale attraverso l’attività fisica potrebbe quindi essere preso in considerazione come nuovo co-trattamento per la depressione e i disturbi legati all’umore.

 

MAMMALIAN TARGET OF RAPAMYCIN (mTOR)

mTOR è una serina/treonina protein chinasi che controlla la crescita ed il metabolismo cellulare e gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nell’invecchiamento cellulare; la sua presenza a livello cerebrale è stata associata all’apprendimento, alla memoria e ad effetti antidepressivi. Disturbi associati alla segnalazione di mTOR sono stati riscontrati in numerose condizioni neurologiche [4].

L’attività fisica, essendo in grado di attivare il rilascio di mTOR nelle aree cerebrali che si occupano di apprendimento e di comportamenti emotivi, può quindi migliorare la salute mentale riducendo gli effetti di stress, ansia e depressione [5].

 

NEUROTRASMETTITORI

Squilibri di serotonina, dopamina, glutammato e noradrenalina vengono spesso evidenziati nel sistema nervoso centrale di persone che soffrono di depressione [6]. Inoltre, anomalie nel rilascio di monoamine (in particolare serotonina e noradrenalina) sono state riscontrate in chi soffre di disturbi d’ansia [7] e diverse ricerche hanno ipotizzato come l’esercizio fisico possa aumentare i livelli serotoninergici e adrenergici nel cervello, agendo allo stesso modo di farmaci antidepressivi SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), come ad esempio la fluoxetina [8]. Oltre alla depressione, i neurotrasmettitori risultano anche essere coinvolti nella genesi di patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson ed anche in questi casi diverse metanalisi hanno dimostrato un miglioramento della sintomatologia mediante la pratica di esercizio fisico [9] (figura 1).

 

Infine, è stato anche dimostrato che l’esercizio fisico aumenta l’attività endogena della noradrenalina, proponendo quindi un’importante connessione, ancora da approfondire, tra lo sport ed il miglioramento delle funzioni cognitive controllate da quest’ultima [10].

 

ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-SURRENE (HPA)

L’asse HPA (Hypothalamic Pituitary Adrenal) è responsabile delle risposte adattative di stress fisico e psicologico. Numerosi studi hanno dimostrato come persone che soffrono di ansia e depressione possono avere disfunzioni all’asse HPA, solitamente dovute ad un’iperattività nella risposta dell’asse stesso; in questi casi l’attività fi sica risulta essere in grado di attenuarne la risposta allo stress cronico [11].

 

ATTIVITA’ FISICA E SALUTE MENTALE

Diverse ricerche [12-15] attestano che un programma regolare di esercizio fisico può favorire in maniera significativa la salute mentale, diminuendo contemporaneamente sintomi dovuti ad ansia o depressione e ottenendo risultati paragonabili alla psicoterapia; anche solo 20-30 minuti di esercizio fisico al giorno possono migliorare il tono dell’umore per diverse ore, sia in seguito ad esercizio aerobico che anaerobico [16].

Un’ulteriore conferma di questo aspetto è stata evidenziata da uno studio finlandese condotto su 3.403 adulti: la frequenza di allenamento è inversamente correlata ai sintomi tipici della depressione, mentre risulta direttamente proporzionale ad una sensazione di benessere generale [17]. Oltre a possibili meccanismi fisiologici, come quelli descritti, il miglioramento del tono dell’umore in seguito ad esercizio fisico può anche essere dovuto banalmente alla visione dello sport come momento di “distrazione” che consente un temporaneo allontanamento dai problemi della vita quotidiana.

In tal senso è stato evidenziato come una distrazione “attiva” (in questo caso l’attività fisica) sia risultata più efficace di una distrazione “passiva” (stare davanti alla TV) [18]. Oltre a quella della “distrazione” vi è anche una seconda ipotesi, che riguarda l’autoefficacia: consiste nell’effetto psicologico che si instaura dopo aver completato qualcosa di importante o di particolarmente faticoso, come ad esempio una sessione di allenamento, in grado di determinare una sensazione di maestria che può, essa stessa, migliorare l’umore. Questa teoria dell’autoefficacia sottolinea l’importanza dell’autodisciplina; più un individuo è sicuro di sé, più sarà motivato nel raggiungimento dei propri obbiettivi [19].

 

DIPENDENZE DA SOSTANZE STUPEFACENTI ED ESERCIZIO FISICO

L’utilizzo di sostanze come alcol, marijuana, cocaina o oppioidi spesso inizia nel periodo dell’adolescenza, un periodo critico di crescita psicologica e sociale, identificato dall’impulso di voler attuare comportamenti, talvolta ai limiti, con il fine di ottenere una sensazione di “ricompensa” psico-emotiva.

Al momento, il trattamento più utilizzato nella gestione delle dipendenze da queste sostanze è la cosiddetta “terapia di sostituzione”, che consiste nell’utilizzo di sostanze come il metadone piuttosto che la buprenorfina (analoghi sostitutivi).

Come tutti gli oppioidi, tuttavia, sia il metadone che la buprenorfina presentano a loro volta un rischio di dipendenza, oltre alla possibilità di generare interazioni farmacologiche. Per questo è presente un forte interesse nella ricerca di nuovi trattamenti non farmacologici per chi è affetto da SUD (Substance Use Disorder) e da questo punto di vista l’attività fisica sembra rivelarsi una promettente metodologia.

L’esercizio fisico consente la crescita di fattori neurotrofici in grado di stimolare il sistema dopaminergico endogeno, che va a migliorare a sua volta la plasticità cerebrale, l’apprendimento e la memoria.

L’attività fisica può quindi aiutare a contrastare negli adolescenti gli effetti di ricerca della “ricompensa” che talvolta viene ricercata attraverso l’uso delle droghe o altri comportamenti rischiosi, andando contemporaneamente ad agire sulla salute del sistema cardiovascolare e ponendo le basi per un miglioramento di risultati scolastici/accademici e sociali.

Un parallelismo interessante della pratica sportiva e dell’assunzione di sostanze stupefacenti riguarda il fatto che entrambe abbiano in parte gli stessi effetti, riferendoci ad esempio al rilascio di neurotrasmettitori e di oppioidi endogeni.

L’esercizio fisico determina infatti il rilascio di dopamina, adrenalina, noradrenalina e di β endorfine, che sono gli stessi neurotrasmettitori che vengono rilasciati nel momento in cui l’organismo entra in contatto con sostanze stupefacenti o alcol.

 

CONCLUSIONI

Stress, ansia e depressione, che coinvolgono la salute mentale, sono solitamente trattati con farmaci e psicoterapia. Tuttavia, diversi studi si stanno sempre più orientando verso approcci alternativi, come lo svolgimento di esercizio fisico.

È stato dimostrato che l’attività fisica è in grado di migliorare il benessere mentale, sia come strumento di prevenzione, sia come trattamento aggiuntivo ad altre metodologie terapeutiche: questo può essere utile anche quando si tratta di dipendenze da sostanze stupefacenti, per andare a sostituire con una sana abitudine la sensazione di ricompensa ottenuta attraverso l’abuso di droghe o alcol.

 

Bibliografia

 

[1] Harber VJ, Sutton JR. Endorphins and exercise. Sports Med. 1984 Mar-Apr;1(2):154-71. doi: 10.2165/00007256-198401020-00004. PMID: 6091217.

 

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a cura di Alberto Ravezzani – Centro di i Medicina dello Sport Voghera, Università di Pavia

 

Giuseppe Cerullo – PhD in Scienze delle attività motorie e sportive, Università degli Studi di Napoli

 

Massimo Negro – PhD Ambulatorio di Nutrizione Clinica e dello Sport, Centro di Medicina dello Sport Voghera, Università di Pavia

 

e Giuseppe D’Antona – MD PhD Direttore Sanitario e della Ricerca Scientifica, Centro di Medicina dello Sport Voghera, Università di Pavia

 

 

 

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