“Da molti anni ormai: tutti quelli passati dalle prime manifestazioni riminesi di “California” ad oggi, mi sono impegnato nel cercare di portarci verso una disciplina fisica che dalla “forma” del muscolo passi alla cura della sua “sostanza”.

 

 

Inoltre che, da un concetto palestriero di “dieta” si evolva verso una giusta definizione di “regime” o, meglio, di “stile di vita”. Questo, aderente alle necessità del Personal Trainer che, in un recente articolo su “Fitnessport”, non ho esitato a definire Magister, per il fil rouge che lega la Vostra professionalità a quella dell’antico Maestro dei Gladiatori (Fig.1), gli Atleti totali poiché combattono per difendere il bene ultimo: la vita!

 

Questo personale interesse alla Vostra formazione deriva, certamente, dalle lunghe conversazioni con l’Amico Presidente ma non gli è estraneo il fatto che il mio primo insegnamento è stato, per tre anni, all’ISEF di Perugia: a giovani che ricordo con affetto per il Loro interesse a tutto il nuovo che veniva, allora, emergendo nella letteratura internazionale e nazionale e del quale imparammo a fare tesoro assieme. E fu studiando con Loro e per Loro che emerse il mio interesse per la “lunga lena”, cioè per la “fatica di durata”, che mi ha spinto ad approfondire gli studi di “fisiologia del muscolo” e della “fatica” e mi ha condotto nell’ambito universitario della medicina.

 

Poiché il mio curriculum in questo ambito vi è noto sorvolerò sulla storia personale; cercherò, invece, di esplicitare assieme a Voi i perché e i come mi sono trovato coinvolto nella… fucina di idee di Adriano Borelli (Presidente e, soprattutto Amico) e di tutti gli altri che fecero l’impresa. Questa fu: trasferire la base delle conoscenze biomediche, collegate all’esercizio fi sico-sportivo, in un ambito nato per seguire canoni soprattutto estetici, pur su una base di buona efficienza funzionale. Sino da allora, però, ci si rendeva conto che il campo della attività di “palestra” dovesse estendersi alla funzionalità di tutti gli apparati collegati al movimento e alle necessità, riferite a quelli che, quasi scherzando, sono stati gli epigoni del pensiero Borelliano: la Signora Maria e il Rag. Rossi.

 

 

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Conversando e dibattendo attorno a questi “modelli” è nata, quasi spontanea, la “dottrina del benessere”.
Quest’ultimo è risultato come obiettivo supremo di una nuova Arte, che si sta ancora definendo nei suoi cardini ben precisi: benessere, vitalità ai giorni, longevità, ottenibili mediante una attività fisica che, pur mantenendo certi obiettivi di “plasticità”, risulti finalizzata a un miglioramento/ mantenimento di “funzionalità”. Questa sarà, a sua volta, produttiva del prolungamento della vitalità nei giorni e della longevità negli anni.
Purtroppo (o per fortuna, non so) il mio ragionare non riesce mai a staccarsi da un confronto continuo con i dati scientifi ci accertati e anche adesso non posso fare a meno di confrontare questa progettualità con una Tabella di F. Booth che, come la ricordo, dimostra oggettivamente la “Influenza dell’Esercizio sulla espressione genica” nel processo di formazione delle proteine (Tab.1).

 

Questo spiegava perfettamente le perplessità di G. Brooks (soglia anaerobica: “a misnomer”, 1985) e confermava i lavori di G. Montanari e R. Ribacchi (1985) e G. Montanari e L. Vecchiet (1990) che dimostravano l’incremento di fibre esplosivo/potenti legate all’indirizzo dettato dal tipo di esercizio. Questo esplica i suoi effetti sulle fibre del Tipo II c (senza significato metabolico)
trasformandole nel Tipo II a: esplosivo/veloci ma, potrebbe sembrare un paradosso, con alta capacità ossidativa, come dimostrato da Nygaard e Nielsen nel 1978 (Tab.2).

 

Così si dimostrava direttamente ciò che Borelli (e altri Allenatori con la A maiuscola) avevano già intuito: l’importante goal della “resistenza alle ripetizioni di potenza”. Ciò giustifi ca appieno il quasi sfottò del Maestro Paolo Cerretelli che, con la sufficienza, giustificata, del vero uomo di Scienza, parlava di cosidetta soglia anaerobica (1985). funzionale_pag.38(2)

 

Del resto, in quegli anni, ho sentito molti “uomini di campo” parlare di spazio del lattato, nel quale giostrare i carichi di allenamento! E mi riferisco a Allenatori che hanno creato Campioni e preparato records veri. Ecco perché le proposte del Presidente, che hanno scandito questi anni, mi hanno
trovato in accordo e, specialmente l’ultima: sulla rieducazione funzionale dell’adulto (Sig.ra Maria e Rag. Rossi) inserita nella serie:

 

 

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● rieducazione al movimento

 

● in un corretto “stile di vita”, completato da

 

● una “equilibrata alimentazione”

 

● per la conquista del “benessere”

 

● che presuppone una “forma”

 

● foriera della capacità di ulteriori “performances”.

 

Il programma è certamente ambizioso, ma altrettanto necessario per l’ottenimento dei fini ricercati da donna e uomo moderni. Il tutto comunque parte dall’attività fisica, intesa come pilastro principale della forma, che induce il benessere, che inizia sempre dal movimento; quel movimento che in 7,5 milioni di anni ha modellato l’essere umano così come lo conosciamo e come, con l’adatto allenamento, può essere plasmato, con nuove caratteristiche positive.

 

E’ opportuno, a sostegno di questo obiettivo, riportare il pensiero del massimo Maestro dei nostri tempi: Rodolfo Margaria, che così scriveva nel 1982: “ma ancora oggi la mentalità arretrata di molti cultori della Medicina e della Biologia pone molta resistenza a questa evoluzione scientifica delle scienze biologiche specialmente nel campo pratico applicativo:… nel campo dello sport, del lavoro muscolare l’empirismo ha tuttora… una attrazione particolare che si oppone energicamente ai tentativi di razionalizzare lo studio di tutte le attività motorie”.

 

Questo nella presentazione del volume di A. e A. Lanzetta sulla “Biomeccanica del movimento”, cioè su un nuovo approccio scientifico a ciò che, poche righe dopo, verrà inquadrato come “Scienza del movimento”: una significativa introduzione sulla fisiologia e sulla energetica nella contrazione muscolare, indispensabile per una esatta comprensione di tutta la Scienza del Movimento.

 

Quindi, come ha detto Umberto Eco del Nome della Rosa: stat rosa pristina nomen (il nome è della prima rosa) e noi siamo ben lieti e orgogliosi di adottare tale nome da tanto Maestro e di seguirne le tracce, sin da allora, senza mai restarne delusi, anzi sentendoci spinti a questa ulteriore impresa: contribuire a strutturare una nuova figura di professional o, come direbbe l’Amico Past-Presidente (di Corte di Appello) Dott. Alfonso Marra: di “competente” nella Scienza del Movimento.

 

Quest’ultimo è il fattore determinante e fondamentale nell’evoluzione della “specie” “uomo” nella quale è stato, appunto, il movimento a produrre il massimo della spinta evolutiva. Come è noto a ogni Biologo la catena di reazioni innescate dal movimento, sia a livello di singola “cellula” che dell’intero “organismo” è stata sintetizzata da Selye nella “General Adaptation Syndrome”: stimolo
reazione bioumorale reazione tessutale adattamento che risulterà adeguato al tipo di stimolo, alla sua intensità e alla durata. Fra i tanti stimoli autonomi, non sempre riconosciuti, il movimento è in grado, con l’enorme possibilità di variazione e graduazione, di provocare adattamenti sempre nuovi o, se eccessivo, l’esaurimento (o distress). Pertanto il “movimento” è stato il fattore determinante nella evoluzione; quindi cercando una esemplificazione dei risultati ottenibili con un corretto allenamento, ci sembra ovvio ricordare come ha agito, tale stimolo, nel più lungo
training che ci sia dato conoscere: l’evoluzione del genere “Homo” dal nostro più antico “antenato” l’Australopiteco, sino all’Homo sapiens sapiens (40.000 anni fa, avantieri)! (Tab.3) evoluzione
sempre dettata dalle necessità di movimento.

 

Lavoro podalico/manuale, dettato dalle necessità di sopravvivenza: funzionale_pag.40(1)

 

● correre via da un pericolo o rincorrere una preda;

 

● arrampicarsi per raggiungere un frutto;

 

● strofinare due pietre per affilarle;

 

● battere due pietre per ottenere scintille e fuoco;

 

● unire una pietra a un ramo, con legacci vegetali,
per farne un’arma;

 

● ecc. ecc. ecc. … funzionale_pag.40(2)

 

Questi movimenti, ripetuti migliaia di volte al giorno e per migliaia e migliaia di generazioni in 7,5 milioni di anni hanno segnato l’evoluzione umana producendo:

 

● nel piede: allungamento del I° metatarso, creando il 3° pilastro di appoggio (Fig.2) e il passaggio dall’appoggio/spinta a quattro estremità dell’H.abilis, ma ancora accosciato a quello di H.erectus, in circa 1,5 milioni di anni;

 

● nella mano: l’avanzamento del pollice ha permesso la opponenza nei confronti delle altre dita, (Fig.3) permettendo la presa, anche delicata e la stereotattilità, cioè la capacità di percepire la forma e la dimensione degli oggetti.

 

Questo ha indotto la creazione di schemi motori sempre più fini e moltiplicato a dismisura le sensazioni. L’insieme di queste nuove possibilità ha incrementato enormemente le aree motorie cerebrali e ha indotto il passaggio a H. abilis (3 milioni di anni da noi).
La spinta verso l’alto, determinata dall’appoggio stabile del piede e potenziata dal desiderio/necessità di una visione più ampia, ha condotto alla “stazione eretta”, con allungamento del collo; questo, unito a una migliorata mobilità atlanto/occipitale e contemporanea all’abbassamento della “laringe” ha creato le capacità fonatorie; da questo la nascita del “linguaggio” le cui impronte sono presenti, in tracce che, prima delle “aree di Broca”, si ritrovano già nel cranio dell’H. abilis (Fig. 4).

 

Quindi l’H. erectus, padrone del fuoco e delle conoscenze di base e della capacità di comunicare, capace di guardare sino all’orizzonte e di alzare lo sguardo alle stelle, carico anche delle curiosità che, da millenni, dormivano in fondo al suo piccolo cranio, partì alla conquista del mondo e verso la meravigliosa avventura della conoscenza. Questa, partita dai piedi, avrebbe portato il suo cervello dai 340 cm3 dell’australopiteco ai 1600 cm3 dell’H. sapiens (Fig.5).

 

funzionale_pag.41(1)funzionale_pag.41(2)

Quindi la storia, cominciata coi piedi, si è sviluppata, parallelamente allo sviluppo del cervello che, da quei tempi lontani, ci ha condotti sino al villaggio globale e alla nuvola (cloud.com) grazie al movimento e alle attività a esso connesse e che continuano quotidianamente ad arricchire il nostro patrimonio cerebrale. Ma, come accade spesso in noi umani moderni, tutto questo “movimento” stimola l’appetito e mi permette, così, di introdurre il secondo “pilastro” che regge il benessere: l’Alimentazione o il nutrimento per il corpo che “lavora”.
Questa entra di diritto a fare parte del “corretto stile di vita” o, come lo definirono gli antichi Greci, della διαιτα (diaita).

 

Una carrellata, anche sintetica, sull’argomento deve necessariamente partire da Ippocrate (V sec. a.C.) e a quello che Lui scrisse sul cibo (nella traduzione latina): “cibi copia respondeat labori ut
quantum perdideris reparetur” (la quantità di cibo deve corrispondere al lavoro affinché si recuperi quanto speso). Ma quello che sconcerta, per la sua modernità, è quanto scritto dal Magister per
eccellenza, Galeno (II sec d.C.) che, nel “De sanitate tuenda” scriveva dell’Atleta: “le qualità morali e intellettuali… dipendono dal buono stato dei suoi organi primari… e dal cervello” e che il Magister “può mantenere in ordine ciò agendo sulla dieta, il regime di vita e l’ambiente”.

 

Forse Galeno fu ispirato da Ippocrate nel suo desiderio di fondare un’Arte della fisicità e del benessere; fatto sta che, quasi duecento anni più tardi S. Agostino (354-430 d.C.) alludeva allo stesso principio poiché, parlando di nutrimento affermava: “qualis cibus sumitur talis valitudo consequitur” (la forza corrisponderà alla qualità del cibo assunto). Ancora, 1500 anni più tardi, un filosofo materialista (Feuerbach) tirerà le somme, dicendo: “l’uomo è ciò che mangia”!
Noi, modesti interpreti moderni di tutti questi Autori, stiamo ancora cercando di condensare in libri, articoli o lezioni, quello che è importante per nutrire, adeguatamente, la donna e l’uomo attuali, che rincorrono un benessere performante all’interno di un corretto stile di vita.

 

Come ci ricorda anche una illustrazione del “De Arte Gymnastica” (Fig.6) di Gerolamo Mercuriale (1530-1606): dello “stile di vita” fa parte anche l’igiene del corpo e questo, come pure la giusta scansione temporale fra i pasti, o fra il lavoro e il riposo quotidiani, o nel lungo periodo, scandiscono i ritmi di uno “stile” corretto.

 

Mercuriale è anche l’Autore che ha diviso la Gymnastica in:

 

● cattiva, quella praticata per scopi guerreschi;

 

● buona, quella praticata per prevalere nei “giochi” sportivi o per vivere “in forma” prestante.

 

La seconda è quella che abbiamo scelto di seguire, adottando anche il significato del termine greco di “dìaita” o stile di vita onnicomprensivo, ma senza dimenticarne il significato moderno e quotidiano di mescolanza di alimenti e sapori per soddisfare il “gusto”, cioè il senso che distingue l’uomo dal bruto. Da questo deriva la capacità di mescolare gli alimenti in una sintesi: il “pasto” che segna, nel “convivio”, la socializzazione dell’evento (Fig.7).

 

Con queste premesse abbiamo evitato di farci influenzare dalla “dieta del cavernicolo” perché la mancata aderenza ai nostri presupposti era risultata implicita al fatto che, l’“uomo delle caverne”, con il suo cervello di ca. 1000 cm3, era ancora privo di senso del “gusto” del quale, invece, si è dotato non appena questo ha raggiunto i 1300 cm3 nell’H. sapiens. Questo, rispetto al “cavernicolo” la cui unica sensazione era: fame, distingue (come dice J.H. Bourre), noi uomini moderni, per la sensazione di appetito e la capacità di scelta. Furono queste le caratteristiche che ci portarono, a suo tempo, all’adesione alla scelta già operata al tempo (1964) delle Olimpiadi di Tokyo, della alimentazione di tipo mediterraneo. funzionale_pag.42(1)

 

Le indicazioni scientifiche di tale dieta provenivano dalla Università del Minnesota (U.S.) ove, appena due anni dopo, Ancel Keys e la Sua Scuola pubblicarono le basi di ricerca del Seven Country
Study e, dopo altri 20 anni diedero alle stampe le conclusioni definitive (Am.J.Epidemiol.,124,903,1986) dello studio. A quello studio si ispirarono le linee guida statunitensi, del 1990 (Nutrition and your health,ditary guidelines for americans) e quelle italiane del 1992 (Alimentazione e nutrizione in Italia, FAO&OMS), ispirate entrambe da Keys e Coll.

 

Da queste hanno avuto origine le successive prese di posizione del “nutrizionismo clinico” per la scelta definitiva della “Dieta Mediterranea” come “regime dietetico” dell’Atleta moderno.
A favore di questo giocò anche il fatto che una “dieta”, basata largamente sul consumo di cereali risulta essere la più economica e sostenibile in un pianeta avviato a toccare, presto, gli 8 miliardi di abitanti e, addirittura, gli 11 miliardi a fine secolo (2100 p.v.). Avendo avuto la ventura, almeno personalmente, di
conoscere e frequentare per alcuni anni la Scuola di Ancel Keys, sia nel suo Capitolo italiano guidato dal Prof. Flaminio Fidanza, che nella parte di rappresentanza nordamericana, costituita dai Prof.ri Jeremy e Rose Stamler, che avevano seguito il Loro Guru nel paradiso mediterraneo di Pioppi (Sa) e furono prestati al “Gubbio Study” (1983-’88). Così ho potuto arricchirmi alla fonte della LL cultura nutrizionistica e al rigore protocollare dei Loro studi.

 

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Con tali guide alle spalle è risultato facile individuare le “molecole funzionali”, indicate dalla “nutraceutica” e utili ai nostri fini, scavando la “piramide alimentare” (Fig.8) proposta dalla “dieta mediterranea” quasi fosse una cornucopia, traboccante di:

 

● abbondanti cereali, quindi ricchezza di fibre e complesso vit. B;

 

● ricchezza di legumi, quindi di proteine;

 

● abbondanza di frutti, verdure e ortaggi, quindi di: sali minerali e Vit. C, A, E e antiossidanti;

 

● unico condimento grasso: olio di olive, che abbonda di “monoinsaturi”;

 

● buone quantità di carboidrati (pane e pasta): ottima fonte energetica;

 

● ricche razioni di pesci e “pescato”, quindi abbondanza di ω3 e 6;

 

● carni prevalentemente da “cortile” o da allevamento “brado” a garantire la quota proteica;

 

● uova e latticini (formaggi molli e stagionati) per fornire “proteine nobili”;

 

● tanta acqua e qualche bicchiere di vino rosso (resveratrolo d’annata);

 

● poche “carni rosse” da allevamento libero e cotture a bassa temperatura* (come suggerito dall’Università di Pollenzo).

 

Soprattutto, per quanto ci riguarda, è opportuno tenere ben presente che: da acqua oligominerale, frutteto e orto si ottiene la completezza di “sali minerali” e di “antiossidanti” marcati da tutte le sfumature del rosso, dell’arancio e del violetto per cui, come dice A. Kyes: Eat well and stay well e come riafferma Carlin Petrini: “mangiar bene vuol dire volersi bene”! La “dieta” mediterranea è attualmente riconosciuta dall’UNESCO come BENE IMMATERIALE dell’UMANITA’ e, a parer nostro, rappresenta un vero festival della nutrizione umana, rappresentato dalla piramide che noi preferiamo disegnare così (Fig.9).

 

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Su questo triangolo equilatero, posato su una solida base di “Scienza del movimento” abbiamo fatto una scommessa: trattandola come un “crogiolo” ne potremo ricavare una solida lega per poter rappresentare la moderna Scienza del movimento, soltanto continuando a trattarne come fosse…una Scienza… in movimento: come un risultato in continuo “divenire” dettato dagli approfondimenti scientifici, come uniche guide sicure per lo sviluppo e/o il cambiamento!

 

Il “nocchiero”, accettato per sempre, oggi ci indica un nuovo traguardo: l’attività fisica funzionale! Per chi, come me, ha passato oltre venti anni a
collaborare con alcuni dei maggiori Centri di ricerca europei, per lo studio e la comprensione dei meccanismi più fini e nascosti, per studiarne e
comprenderne la vocazione a creare “movimento” il termine funzionale è musica. Vediamo quindi il modo migliore per cofunzionale_pag.43(2)mporla e suonarla assieme.

Guardiamoci subito, però, dalle fughe in avanti e tese a superare, con un salto critico, quello che potrebbe risultare faticoso da acquisire e ricordando che, come dice Darwin: “la natura non fa salti”.
Quindi il “competente” (secondo il “Vocabolario etimologico” di O. Pianigiani, pag.316) è colui che “che se ne intende” e, pertanto, non può essere definito come “esperto” in una Arte o Scienza che
si voglia, quindi “autorizzato” a prescrivere cosa e quanto assumere in definite condizioni.

 

Diverso è il discorso del “consiglio generico”, come spiegato egregiamente (da par Suo) dal past President Alfonso Marra. Infatti la dieta del “sano” ha lo scopo di mantenere inalterato lo stato di salute esistente, pur andando a influire sui meccanismi metabolici, che presiedono alla produzione di “energia” del soggetto “sano”, che varia anche in risposta al tipo e al livello di attività fisica praticata. Quindi ancora una conoscenza che si aggiunge alle tante altre: di Fisiologia e di Anatomia ultrastrutturale e di Biochimica e di Fisica delle “forze” e della “potenza” e di Biomeccanica, per l’uso corretto delle forze e della loro applicazione alle strutture biologiche e… ancora… ancora e poi… ancora: studio, ricerca e conoscenza e… ancora! è questa l’unica strada per avanzare, step by step.

 

E’ per tutto questo non mancano intelligenza e capacità, né fiducia in noi stessi, né resistenza allo sforzo, né desiderio di andare… oltre. Allora andiamoci, senza travalicare confini già ben definiti e con l’umiltà della coscienza di poter imparare, qualcosa o molto da tutti, restando comunque noi stessi!

 

 

 

 

relatoreconvetion2016

 

Giuseppe Montanari
MD (già Docente Università degli Studi di Chieti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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