La pandemia in atto nei Paesi Occidentali ne è la prova.

 

L’obesità e il sovrappeso sono figli dell’indifferenza dei pubblici poteri che non hanno posto in essere una vera ed efficace attività di prevenzione, attraverso la diffusione dell’attività sportiva e nuove e più moderne regole di gestione dell’alimentazione.

 

Esse se praticate avrebbero senz’altro fermato l’avanzare di questo fenomeno devastante che tanti danni ha cagionato e continua ancor più oggi a cagionare all’intera società.

 

Finora nel nostro Paese parte della giurisprudenza (superata dai tempi che stiamo vivendo) ha ritenuto che anche una semplice indicazione di dieta a persone sane fosse prerogativa riservata alla classe medica.

 

Quest’ultima dal suo canto, oberata dei numerosi compiti relativi alla terapie da praticare agli assistiti portatori di patologie non è stata in grado di occuparsi a tempo pieno di un compito che pur le era stato affidato dalla legge di riforma sanitaria del 1988 N 833 di impartire un’educazione alimentare a tutti gli assistiti e fra essi anche a quelli non portatori di alcuna malattia.

 

Limitava, quindi, il suo intervento solo nei casi di patologie dichiarate fra le quali di certo c’era l’obesità. L’attività di prevenzione è stata assente, al punto che oggi siamo in presenza di una situazione veramente emergenziale sia per l’aumento dell’obesità e del sovrappeso sia per le gravi patologie ad esse connesse, con tutte le conseguenze negative oltre che per la salute anche per la spesa sanitaria pubblica.

 

Questa pandemia ha assunto un carattere addirittura globale colpendo tutti i Paesi più progrediti, compresa l’Italia.

 

E’ venuto, quindi, il momento di pensare alla possibilità di una previsione normativa che preveda la pratica degli sport in modo costante per i ragazzi sin dalla giovane età.

 

Dovrebbe, altresì, essere anche previsto un allargamento dei soggetti legittimati alla indicazioni alimentari a persone sane dando questa possibilità non solo ai medici ma anche ad altre categorie professionali non mediche che abbiano acquisito una competenza nello specifico settore.

 

Se non si interviene nell’immediato il controllo della grave situazione rischia di sfuggire di mano.

 

Il problema, come si è prima accennato, è globale: da ciò la qualificazione di pandemia.

 

Secondo organi di stampa a livello Nazionale (Corriere della Sera 30 settembre 2019 pag 35) negli USA nell’agosto 2019 i decessi in quel solo mese per obesità sono stati ben 40 mila e sempre in quel solo mese i soggetti portatori di diabete e prediabetici sono stati quantificati in 100 milioni su una popolazione di 300 milioni.

 

Anche in Italia, secondo quanto emerso nell’obesity day tenutosi a Roma il 10 ottobre 2019, il grave fenomeno ha assunto caratteri preoccupanti anche se per fortuna non ha toccato i livelli drammatici degli USA.

 

 

E’ stato messo in risalto dalla maggior parte dei relatori che gli interventi per frenare la pandemia in atto debbano avere un carattere di priorità e ciò perché sia l’obesità, che è una vera e propria malattia che va curata dai medici, sia il sovrappeso vanno combattuti sul piano della prevenzione.

 

Al riguardo ben poco è stato fatto in questi anni anche dai medici. Ma anche le terapie prescritte sembra siano state del tutto inefficaci.

 

E’ stato detto che l’insuccesso si è verificato perché esse erano basate sul paradigma della responsabilità personale nell’alimentazione e dell’assenza di attività sportiva e quindi, sul fatto che il soggetto ingrassava perché non rispettava le regole.

 

E’ stato poi sottolineato da autorevoli esponenti della comunità scientifica che mentre il sovrappeso rappresenta una scelta del singolo basata su una irregolarità alimentare l’obesità invece è classificata come una condizione complessa che deriva dall’iterazione di fattori genetici, psicologici ed ambientali. In molti casi la persona obesa è vittima di un vero e proprio marchio sociale e mediatico che finisce per condizionare la propria qualità di vita.

 

Vittime di tale pandemia sono anche i bambini e gli adolescenti unitamente agli adulti.

 

Non sono riuscite a fermare il suo incremento le iniziative ministeriali. La prima è quella adottata nel 2008 dal Ministero della Salute ed in particolare dal Centro Nazionale di Prevenzione sotto il nome OKKIO ALLA SALUTE che fornisce i dati misurati dello stato ponderale dei bambini dagli 8 e 9 anni, delle loro abitudini alimentari e dell’esercizio fisico, nonché delle iniziative scolastiche favorevoli alla promozione del movimento fisico e della corretta alimentazione.

 

Lo stesso discorso va fatto per la disposizione emanata per combattere l’obesità adulta denominata PROGETTO CUORE promossa dal Centro Nazionale di Epidemiologia e quello relativo all’obesità in età anziana denominato PASSI D’ARGENTO finalizzata a fornire informazioni sulle condizioni di salute, abitudini e stili di vita della popolazione con 65 e più anni.

 

 

Dati Statistici

 

In Italia secondo l’ISTAT (Repubblica 16 aprile 2019) è in sovrappeso una persona su 3 (36%) con preponderanza maschile, è obesa una persona su 10 (10% ), diabetica 1 su 20 (0.05%), oltre il 66,4% delle persone con diabete di tipo 2 è anche in sovrappeso o obesa.

 

Complessivamente il 46% dei soggetti in età entro gli anni 18 è in eccesso ponderale.

 

In buona sostanza in Italia si contano ben due milioni e 130 mila bambini ed adolescenti in sovrappeso e 24 milioni e 700 mila adulti in eccesso ponderale (La Repubblica del 20 ottobre 2019).

 

La percentuale di popolazione in eccesso di peso cresce con l’aumentare dell’età. In particolare il sovrappeso passa dal 14% tra i 65 ed i 74 anni, mentre l’obesità passa dal 2,3% al 15,3% per le stesse fasce di età.

 

Inoltre la condizione di eccesso ponderale è più diffusa tra gli uomini rispetto alla donne; infatti si va dal 44% per gli uomini al 27,3% per le donne, mentre l’obesità passa dal 10% per gli uomini al 9% per le donne.

 

 

Conseguenze dell’obesità e del sovrappeso

 

Secondo il quotidiano Sanità del 14 novembre 2018 il 14% di tutti i decessi che avvengono in Italia sono determinati da patologie connesse all’obesità e sovrappeso.

 

Inoltre ogni anno in Italia muoiono 90 mila persone per patologia contratte in conseguenza della inattività fisica e motoria.

 

Il primato spetta a tre patologie, il diabete, le malattie oncologiche e quelle cardiovascolari.

 

 

Il diabete

 

Il più diffuso è quello del tipo 2 cosiddetto dell’adulto. Esso colpisce nella maggior parte dei casi i soggetti con età superiore ai 65 anni ed in misura minore quelli di età inferiore.

 

Secondo illustri specialisti del settore per ritardare la comparsa del diabete e per contenerne la progressione la terapia si basa su quattro pilastri fondamentali di cui solo uno è farmacologico.

 

Il primo è dato da un’alimentazione sana per raggiungere il peso forma. Il secondo dall’attività fisica e motoria in genere. Il terzo dall’informazione corretta e completa che ogni portatore di tale malattia deve possedere sulle conseguenze della malattia affinché tenga sotto controllo i fattori di rischio. Il quarto pilastro è dato dai farmaci che peraltro hanno notevole effetti collaterali sugli organi vitali della persona.

 

 

Le malattie cardiovascolari

 

Secondo la medicina ufficiale vi appartengono l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.

 

Per prevenire e combattere entrambe è necessario eliminare il fumo e seguire un’alimentazione particolare limitando il consumo di carne, burro, formaggi e latte intero.

 

Il tutto deve essere accompagnato da un’attività fisica che, com’è noto, rafforza il cuore e migliora la circolazione del sangue.

 

 

 

Le malattie oncologiche

 

Una causa è rappresentata dalla sedentarietà. Studi effettuati in GB hanno dimostrato che dal 3 al 4 % dei tumori al colon ed all’intestino sono collegati alla cattiva alimentazione ricca di proteine di grassi animale e povera di fibre, verdura e frutta.

 

Un ulteriore causa à data dall’obesità e dal sovrappeso che sono cause del cancro al colon ed al seno, all’endometrio ed alla cistifellea.

 

Da uno studio effettuato negli USA dalla NURSING HEALTH STUDY è risultato che su 250.000 donne che sono aumentate di peso più di dieci chili rispetto a quello che avevano a 18 anni il rischio di contrarlo è raddoppiato dopo la menopausa.

 

Mancanza di una efficace prevenzione per combattere l’obesità e sovrappeso che causano queste patologie.

 

É veramente un paradosso e un fatto pacifico che sono a tutti note le cause dell’obesità e del sovrappeso e che la medicina ufficiale non è riuscita a fermarle e i pubblici poteri non si siano attivati nel modo dovuto per apprestare i dovuti rimedi.

 

Il che, come si è prima detto, sarebbe potuto avvenire solo attuando e predisponendo un’attività seria di prevenzione affidata non solo ai medici ma soprattutto ad altri organi e soggetti sia pubblici che privati, il che era già previsto dalla stessa nostra Carta Costituzionale in vigore dal l gennaio 1948.

 

L’art. 32 di essa dispone che la tutela della salute è inteso come diritto dell’individuo ed interesse per la collettività.

 

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS ) organismo internazionale sorto a New York nel 1943 identifica la salute come uno stato di benessere fisico e psichico non solo nell’interesse del singolo ma dell’intera collettività.

 

Nel concetto di salute entrano quindi non soltanto quella fisica (assenza di malattie) ma anche componenti psicologici e sociali. Fra questi ultimi va sicuramente inserita la prevenzione che oggi costituisce lo strumento primario.

 

Essa ha come suo fattore qualificante quello di essere meno impegnativa e meno costosa delle terapie per curare la patologie degli assistiti; ne consegue quindi, che la salute nel suo complesso è un concetto relativo e dinamico.

 

Qualificazione, questa, ribadita a chiare lettere dalla legge di Riforma Sani-taria (Legge N 833 del 1978).

 

Ci sono allarmanti dichiarazioni e prese di posizione assunte in questo anno dall’ITALIAN OBSERVER OBESITY REPORT in relazione all’aumento dei casi di diabete.

 

Viene testualmente affermato: “Possiamo ormai considerare che l’obesità è un’ emergenza sanitaria con serie conseguenze negative per la salute degli individui in termini di riduzione sia dell’aspettativa sia della qualità della vita e no-tevoli ricadute economiche anche considerando le notevoli malattie collegate all’obesità”.

 

 

Necessarie nuove figure professionali in aiuto ai medici

 

Una volta dato per scontato che la medicina da sola non ha potuto frenare la pandemia è doveroso fare alcune riflessioni. La difficoltà della situazione ci porta a chiederci quali possano essere i possibili interventi sul piano politico-legislativo e sociale.

 

Bisogna in buona sostanza individuare un piano che possa affiancare la medicina ufficiale in questo importante compito nell’attuale situazione emergenziale dalla quale si può uscire solo facendo ricorso alla prevenzione senza trascurare un aiuto da parte del volontariato.

 

Cosa oggi deve intendersi per prevenzione?

 

Si è prima anticipato che la nostra Costituzione e la legge di Riforma Sanitaria del 1978 nel sancire il diritto alla tutela della salute come “fondamentale” diritto dell’individuo ed interesse per la collettività fa rientrare la prevenzione fra gli strumenti di primaria importanza come supporto al benessere generale dell’individuo con un rilievo addirittura più importante rispetto a quello della cura vera e propria.

 

In tal modo viene sancito che l’attività di prevenzione debba avvenire non solo attraverso l’opera dei medici ma anche mediante l’attività di altre figure professionali.

 

Tali principi espressi sia dalla Costituzione sia dal legislatore in realtà non risultano tuttora attuati; il compito di realizzarli spetta al nostro legislatore degli anni 2000.

 

Le più importanti riforme per dare pratica realizzazione agli obiettivi precedenti dovrebbero essere improntate ad una reale politica di prevenzione per scongiurare la pandemia in atto e potrebbero essere le seguenti.

 

 

Educazione alimentare

 

Solo una formazione programmata e diffusa affidata non solo alla scuola ma anche ai mass media ed all’intera società civile sia nella scuola che nella società civile può arginare il fenomeno.

 

 

Chiaramente in queste importanti iniziative dovrebbero essere coinvolte con un ruolo di primaria importanza anche le famiglie affinché nell’ambito di esse vengano adottate e fatte rispettare le nuove regole alimentari improntate ad una finalità più salutistica.

 

Un ausilio molto importante potrebbe venire dalla TV che negli orari di maggiore ascolto potrebbe introdurre programmi con le indicazioni alimentari corrette accompagnandole con la spiegazione delle gravi, ed a volte disastrose, conseguenze in cui incorrono ove non rispettino le indicazioni fornite.

 

 

Le indicazioni alimentari a persone sane che praticano la palestra ed il fitness. Per ogni sport c’è una dieta diversa.

 

Una nuova figura professionale potrebbe essere quella del soggetto abilitato a consigliare a coloro che praticano attività sportiva nelle palestre o nei centri fitness il tipo di alimentazione da seguire con riferimento alla specifica attività sportiva praticata.

 

E’ veramente superato pensare che debbano e possano essere solo i medici i soggetti abilitati alla prescrizione di diete a persone sane quali gli atleti. E ciò in ragione del fatto che molte volte i medici per la specializzazione conseguita non sanno nulla in tema di regole alimentari in relazione alla specifica attività sportiva e di fitness che il paziente cliente intende effettuare.

 

Questo compito potrebbe essere tranquillamente svolto da un soggetto non medico bensì formato presso scuole di comprovata serietà che alla fine di un corso attestino mediante il conseguimento di un diploma la completezza della sua formazione in materia.

 

 

Costui, potrebbe svolgere attività di divulgazione a favore delle persone interessate a svolgere un’attività sportiva per qualche ora settimanale anche nei luoghi di lavoro pubblici e privati previa intesa con l’ente o la proprietà.

 

La riprova che l’indicazione alimentare a coloro (soggetti sani) che svolgano un’attiva sportiva, motoria e di fitness debba essere affidata al titolare della struttura o al personal trainer ovviamente che abbiano effettuato il corso di preparazione suddetto è data dalla constatazione pacifica che per ogni sport è richiesto un tipo particolare di preparazione accompagnato da un’alimentazione confacente.

 

Colui che fa la corsa campestre non deve alimentarsi al pari di colui che in palestra effettua il sollevamento pesi. E solo colui che sta al fianco dello sportivo può veramente conoscere quali siano i cibi più confacenti al tipo di attività sportiva e quali da escludere.

 

 

Linee guida dell’OMS per l’attività sportiva e motoria ed il fitness

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emanato le linee guida per l’attività fisica 2016-2020. In esse vengono poste delle regole per favorire ed incoraggiare i cittadini a muoversi facendo sport o dedicandosi al fitness precisando che solo in tal modo si realizza la buona salute per tutte le fasce.

 

La sedentarietà in Italia uccide ogni anno oltre 90 mila persone. Rappresentano il 14% di tutte le morti nel nostro Paese (Quotidiano Sanità del 14 novembre 2018).

 

Secondo l’OMS la promozione dell’attività fisica e del Fitness è importante oltre che a livello del singolo anche e soprattutto per l’intera collettività che trarrà di certo grande beneficio.

 

Per raggiungere un buon risultato è necessario un approccio multi-disciplinare e multi-settoriale frutto della collaborazione di varie istituzioni e del coinvolgimento di diversi settori della nostra società.

 

Fra i più importanti vanno ricordati ambiente, politiche fiscali, industria, autorità locali affinché l’attività fisica possa diventare direttamente integrata nella quotidianità di ognuno dando così la possibilità al singolo di farsi promotore della propria salute adottando “uno stile di vita attivo”.

 

E difatti non solo l’attività sportiva di tipo strutturato o agonistico è finalizzata a mantenere il cittadino in buona salute ma lo sono anche tutte le occasioni in cui si può combattere la sedentarietà come ad esempio: camminare, salire le scale evitando di prendere l’ascensore, andare in bicicletta, portare il cane a passeggio.

 

 

Stile di vita

 

Un ulteriore ed importante strumento per combattere la pandemia del secolo è quello di tenere uno stile di vita con la pratica in modo costante di attività sportiva e motoria caratterizzato da un sereno svolgimento della vita famigliare, della proprie attività lavorative e ricreative.

 

 

I vantaggi legati ad esso si traducono in benefici psicologici e nelle relazioni sociali con l’incremento dell’autostima accompagnato da un deciso miglioramento dell’immagine di sé e della qualità della vita.

 

Questi benefici aumentano sia quando vengono praticati sport di squadra sia individuali. E ciò perché lo sport unitamente al divertimento, alla passione ed alla motivazione intrinseca contribuiscono ad un miglioramento della salute fisica e psichica.

 

 

Conclusioni

 

La realizzazione di un tale programma ha costi minimi per lo Stato e ha “tanti” benefici per la salute e la finanza pubblica. Ciò avrebbe come effetto una drastica diminuzione dei pazienti portatori delle più gravi e croniche malattie dovute all’obesità ed al sovrappeso con un notevole ed importante abbassamento della spesa pubblica che nel nostro Paese incide per l’8% sul prodotto interno lordo.

 

Oggi c’è una spesa di 118,5 miliardi di euro per le prestazioni erogate in regime di assistenza e previdenza e ben 3,4 miliardi di euro per la spesa farmaceutica.

 

In Italia sono 26 milioni i nostri connazionali obesi ed in sovrappeso che di certo dovranno ricorrere soprattutto col passare degli anni alla cure sanitarie in ragione delle conseguenze del loro stato.

 

Orbene se si riuscisse per l’avvenire con un opera di prevenzione a far decrescere il numero degli obesi e dei soggetti in sovrappeso avremmo di certo migliorato la salute di tanti nostri concittadini ma anche abbassato la spesa sanitaria pubblica e dato, cosi, una boccata di ossigeno al nostro Paese.

 

E’ questo il pensiero non solo dello scrivente ma anche quello espresso dal Ministro della Salute del primo Governo Conte in un convegno a Roma a fine gennaio 2019, in cui disse testualmente “la pratica dell’attività sportiva riduce dal 20% al 30% il rischio di depressione, dal 20 al 35% quello di ictus, dal 35 al 50% quello del diabete e del 35% del cancro al colon e del 20% quello del cancro al seno, il tutto con grande risparmio della spesa sanitaria“.

 

 

 

a cura di Alfonso Marra – Magistrato

 

 

 

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