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L’esercizio che fa bene al cuore

L’esercizio sportivo induce un’ampia serie di modificazioni, non solo a carico del sistema osseo e muscolare e del metabolismo, ma anche a carico del sistema cardiovascolare.

Tali modificazioni, riguardando la performance cardiaca, sono in larga misura benefiche e ciò giustifica l`utilizzo della pratica sportiva in medicina ed in particolare in cardiologia.

 

Ed infatti è ormai entrato nella consuetudine clinica l’utilizzo di programmi di training fisico controllato, ad esempio nella riabilitazione post-infartuale. Più recente è l’osservazione che, non solo i soggetti di allenati hanno normali valori pressori inferiori a quelli di soggetti pari età sedentari, ma anche l`esercizio fisico svolto con metodologia induce una riduzione della pressione arteriosa anche in soggetti con ipertensione lieve e moderata.

 

Questa osservazione riveste particolare importanza se si considera che la pratica sportiva potrebbe di fatto essere impiegata nell`ambito delle cure non farmacologiche dell’ipertensione arteriosa e venire pertanto consigliata a larghe fasce di popolazione. Da ciò l’importanza di chiarire i meccanismi all`origine della riduzione di pressione ed evidenziare eventuali fenomeni collaterali non totalmente innocui o comunque da guardare con attenzione.

 

Per quanto riguarda i meccanismi va rilevato che l’attività sportiva costante e prolungata si accompagna non solo, come noto, ad una riduzione della frequenza cardiaca (e quindi a un aumento del tono vagale) ma anche al miglioramento del riflesso barocettivo e cioè del riflesso che regola la frequenza cardiaca in relazione costante con il variare battito/battito della pressione arteriosa.

Di recente è stato inoltre osservato come il tono simpatico subisca viceversa una riduzione, rilevabile sia da livelli di catecolamine circolanti che calano durante un programma di training fisico di 6 mesi, sia in maniera più diretta, dai valori di attività simpatica nervosa efferente, misurabile mediante un microelettrodo a livello del nervo personale, che subiscono anch’essi un importante e significativa riduzione rispetto a quanto rilevato prima della pratica sportiva.

 

Un secondo e importante meccanismo alla base della riduzione dei valori pressori indotta dall`esercizio fisico consiste nella riduzione delle resistenze vascolari periferiche e nel miglioramento della funzione elastica arteriosa.

Ciò è osservabile sia a livello sistemico che locale essendo la variazione in senso positivo della compliance arteriosa più spiccata a livello dello o degli arti maggiormente allenati.

Infine è noto che l’esercizio fisico prolungato si accompagna ad ipertrofia ventricolare sinistra, definita anche ipertrofia compensatoria o benefica.

 

L’incrementato spessore è infatti reso necessario dal maggior lavoro cardiaco durante l’esercizio fisico ed e stato da sempre considerato come un fenomeno sostanzialmente innocuo e di ben altra natura rispetto all’ipertrofia patologica indotta dall`ipertensione arteriosa.

Tuttavia va rilevato che i soggetti allenati tendono ad avere maggior ipotensione in ortostatismo o in seguito a variazioni gravitazionali simulate e che l’ipertrofia ventricolare si associa, a prescindere dalla sua genesi, ad una aumentata incidenza di aritmie ventricolari anche maligne.

 

Per quanto riguarda la ridotta tolleranza all’ortostatismo è stato osservato che questa dipende in larga misura dalla riduzione indotta dall’aumentato spessore delle pareti cardiache, della sensibilità dei recettori preposti alla regolazione riflessa delle resistenze vascolari. Se l’ipertrofia cardiaca non può quindi ritenersi un meccanismo unicamente e totalmente positivo va però osservato che è sufficiente interrompere o ridurre la pratica sportiva per un tempo sufficientemente lungo per osservare la regressione ed il contemporaneo miglioramento del controllo riflesso del circolo periferico.

 

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In conclusione quindi l’esercizio fisico si associa a variazioni cardiovascolari in larga misura benefiche, quali la riduzione dell’attività nervosa simpatica e il miglioramento delle capacità elastiche arteriose, ma anche ad ipertrofia cardiaca ed alterato controllo riflesso del circolo.

La possibilità che l’ipertrofia ventricolare sinistra regredisca con la semplice interruzione della pratica sportiva suggerisce che questa alterazione possa essere temporaneamente legata allo svolgimento e all’intensità dell`esercizio fisico ma non induca sequele negative negli anni successivi.

Ciò suggerisce anche che una certa cautela vada conservata nel consigliare lo svolgimento di un’attività sportiva a soggetti ipertesi con alterazioni cardiache già presenti e che comunque tale attività sportiva vada sempre controllata e confinata nell’Ambito di un esercizio fisico di natura non agonistica.

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