La medicalizzazione delle diete per le persone sane in palestra e nel fitness, oggi, non é più sostenibile. É necessario un intervento legislativo per diete personalizzate per soggetti sani.

 

Nei nostri giorni l’espressione “dieta”indica sia un atto medico sia anche una qualsiasi indicazione alimentare proveniente dalla generalità (stampa, TV, etc etc) e spesso da persone ed organismi privi di specifici titoli professionali. Di diete se ne contano parecchie centinaia e molte di esse si rivelano lesive della salute dei tanti sprovveduti catturati dalle false promesse di mirabolanti risultati.

 

Se ciò è vero, deve altrettanto ritenersi innegabile che ormai è fuori dal tempo ritenere che le diete personalizzate per i soggetti sani in palestra e nei centri fitness debbano essere di competenza esclusiva dei medici, di conseguenza vietate ai soggetti che operano come istruttori o personal trainer. Costoro, in ragione delle attività esercitate, non possono fare a meno di fornire indicazioni alimentari agli allievi stante l’interconnessione fra alimentazione ed esercizi fisici.

 

E difatti questi ultimi, al pari delle diete suggerite ai frequentatori, rientrano senza dubbio fra gli atti finalizzati alla tutela della salute e quindi catalogabili come atti di prevenzione primaria
di carattere generale.

 

Su tali basi si va sempre più affermando, nella coscienza sociale, il principio secondo cui le diete a soggetti sani possano ed anzi debbano essere prescritte non solo dai medici ma anche da altri organismi e soggetti non operanti nel settore della medicina e della sanità in generale ma nel mondo delle palestre e del fitness che, ovviamente, siano forniti della specifica competenza in materia (nuoto, alpinismo,sci, corsa, calcio, ecc.).

 

Il che è stato recepito anche in importanti provvedimenti istituzionali e di enti sportivi dello Stato che esamineremo innanzi, con i quali questi compiti vengono espressamente delegati a soggetti pubblici e privati al di fuori dal mondo sanitario ma che operano nelle palestre e nel fitness. La motivazione è che la tutela della salute si attua anche attraverso la pratica dello sport e del fitness coadiuvata da una corretta alimentazione rapportata agli esercizi fisici del singolo individuo.

 

La giurisprudenza, della Cassazione invece, pur sempre sensibile a recepire i cambiamenti nella nostra società, non ha ritenuto di dare alla lacunosa legislazione vigente quella interpretazione evolutiva consona ai tempi che stiamo vivendo, ed al mutato sentire comune in tema di diete nei settori suddetti.

 

Interpretazione restrittiva e non evolutiva delle norme vigenti con possibili conseguenze negative sulla funzionalità del SSN

 

Un certo smarrimento, quindi, fra le categorie che operano nelle palestre e nel fitness l’ha suscitato la sentenza della Cassazione del marzo 2017 che ha affermato la penale responsabilità di due istruttori che avevano dato delle indicazioni alimentari personalizzate a soggetti sani, quali i frequentatori della struttura, controllandone, poi con una schedatura personalizzata, il risultato onde verificare se si fossero ad esse attenuti. Il reato per il quale sono stati riconosciuti colpevoli é quello di cui all’art 348 C. P. di esercizio abusivo della professione medica, per aver prescritto una dieta agli allievi, soggetti sani e per aver tenuto una schedatura per ogni singolo annotando i progressi o i regressi dal punto di vista  del peso corporeo.

 

Secondo la Cassazione, questa attività, pur non finalizzata a combattere l’obesità o altre patologie, non poteva essere effettuata dai due istruttori. Essi, così operando, avrebbero tenuto un comportamento tale da far apparire la loro prestazione assimilabile a quella di un medico.

In buona sostanza secondo la Corte tutti i frequentatori dei centri sportivi e del fitness, che nel nostro Paese sono oltre 12 milioni, dovrebbero premunirsi della prescrizione medica per dar corso ad una dieta adattata agli esercizi in palestra o nel fitness fisiche e quindi ad esercitare un’attività di prevenzione primaria finalizzata, al pari di questi ultimi, a mantenere le “performaces” e generale.

 

L’applicazione alla lettera di quanto sancito dalla Cassazione potrebbe portare ad un collasso del SSN e ciò perché se tutti i 12 milioni dei frequentatori dovessero recarsi dal loro medico di medicina generale per richiedere la prescrizione della dieta, si verificherebbe un affollamento dei loro ambulatori ad opera di “pazienti sani” di tale consistenza da distogliere i sanitari dalla cura dei veri ammalati per occuparsi di alimentazione a favore di soggetti in buona salute.

Non va, poi sottaciuto che una tale restrittiva interpretazione della legislazione vigente potrebbe portare all’estremo di far ritenere necessaria una prescrizione medica anche per effettuare un
semplice esercizio fisico in una palestra, essendo lo stesso, al pari delle indicazioni alimentari, finalizzato a tutelare la salute e quindi, a prevenire le malattie.

 

E’ innegabile, poi, che un esercizio fisico, se non impostato nel modo corretto, potrebbe cagionare danni alla salute di gran lunga superiori rispetto ad una dieta sbagliata.

Tutto ciò urta contro ogni logica ed il comune buon senso ed é fuori dalla realtà.

 

I frequentatori di un palestra o di un centro fitness, infatti, prima di aver accesso alle dette strutture, debbono effettuare una visita medica, anche specialistica, che attesti la loro “buona salute” e l’assenza di patologie che impediscano quel tale esercizio fisico indicato dall’istruttore in palestra o dal personal trainer nel fitness. Ed allora per quale ragione impedire che l’istruttore o il personal trainer possa indirizzare i frequentatori verso un’alimentazione confacente?

 

Schedatura: c’è la violazione della legge sulla privacy.

 

L’imputazione che più si adatta alle vicenda delle indicazioni alimentari seguite dalla schedatura, a nostro sommesso parere, è non tanto quella prevista dall’art 348 C P bensì la violazione della legge sulla privacy ( DLgvo 30 giugno 2003 N 2916 in vigore dal 1 gennaio del 2004) per aver effettuato il trattamento di dati sensibili, quali quelli della salute, senza la previa autorizzazione del Garante.
Ma la Cassazione su questo punto non si è pronunciata in quanto non era oggetto della imputazione per la quale i due istruttori della palestra sono stati condannati dai Giudici di merito.

Dagli atti risulta, però, che non si erano attenuti alle rigorose regole stabilite dalla legge suddetta con riferimento non solo al trattamento di tali dati ma anche alla custodia ed alla sicurezza degli stessi:

 

Sinergia assoluta fra attività sportiva ed alimentazione

 

E fuori dubbio che esiste una “sinergia assoluta” tra esercizio fisico, attività di fitness ed alimentazione. Nel senso che queste ultime non possono mai prescindere dalla indicazioni da parte degli istruttori o dei personal trainer sul tipo di alimentazione da seguire che non può che essere “personalizzata” e riferita, cioè, al singolo, alla sue condizioni fisiche, ed al tipo di esercizio da praticare.

 

Non pare ragionevole, quindi, medicalizzare questa semplice indicazione alimentare finalizzata genericamente a tutelare la salute di colui che effettua l’attività sportiva o di fitness.

Tale indicazione ha tutt’altra natura, rientrando, piuttosto, tra i cosidetti “atti di prevenzione primaria” finalizzati in senso del tutto generale allo scopo suddetto.

Non pare, poi, condivisibile la tesi assiomatica secondo cui il possesso della laurea in medicina conferisca a colui che l’abbia conseguita una competenza in materia. Basta pensare che ci sono specializzazioni (medicina nucleare, ortopedia, etc. etc) in cui non si può certo ritenere che il sanitario che li ha conseguite abbia una competenza specifica in tale settore.

 

In verità la genesi dell’interpretazione data dalla Cassazione alle norme vigenti è data dalla mancanza di definizione giuridica nel nostro ordinamento dell’atto sanitario e dell’atto medico e di aver, invece, recepito quella indicata dalla UE e dall’OMS oggi, superata dai tempi.

 

Atto sanitario ed atto medico

 

La definizione dell’atto sanitario è stata data dalla UE e dagli organismi professionali a livello nazionale.
Viene, quindi cosi definito: “Esso si concretizza in qualsiasi attività rivolta all’individuo ed a gruppi di individui ed alla collettività nella prevenzione ed analisi del rischio nonché di prescrizione connessa alla salute ed alla sicurezza della persona e degli ambienti di vita e lavoro”. Attività di diagnosi, cura e riabilitazione modificante lo stato di salute della persona secondo le indicazioni dell’OMS.
Tutti questi atti debbono essere compiuti da medici e dagli altri professionisti sanitari colle limitazioni inerenti il titolo professionale conseguito.

L’atto medico

 

Anche la definizione di quest’ultimo è stata data dai medesimi organismi summenzionati: E, pertanto secondo gli stessi è tale “quello che ricomprende tutte le attività professionali al fine di promuovere la salute, prevenire le malattie, effettuare le diagnosi e prescrivere le cure terapeutiche o di riabilitazione nei confronti di pazienti in situazioni patologiche. L’atto medico deve essere eseguito da un sanitario abilitato e sotto la sua diretta prescrizione e supervisione”:

 

Orbene, far rientrare, oggi, la semplice indicazione alimentare fatta da un gestore di una palestra o un centro fitness fra gli atti sanitari o medici in particolare é non solo contro ogni logica ma anche in contrasto con la realtà e con il concetto oggi vigente di “atto di prevenzione finalizzato a tutelare la salute”.

 

La prevenzione primaria.

 

La prevenzione primaria, in cui rientra anche la dieta a persone sane, viene praticata in molteplici settori della nostra società e coinvolge non solo i medici ma anche altri organismi (scuole, fabbriche etc.etc). Di tal che considerare tale dieta, atto di esclusiva competenza dei medici appare chiaramente riduttivo. E ciò in quanto essa non è finalizzata “direttamente” a curare o a prevenire una patologia particolare, ma solo a salvaguardare la salute con l’effetto positivo di prevenire le malattie in senso generale.

 

In sostanza, non siamo in presenza di un vero e proprio atto sanitario o medico ma di qualcosa di completamente diverso e catalogabile, lo si ribadisce, fra gli atti di prevenzione primaria che solo “indirettamente” tutelano la salute. E la competenza a compierlo non deve obbligatoriamente essere del medico ma fare capo anche a soggetti al di fuori del mondo sanitario. purché, ovviamente, in possesso della necessaria capacità e professionalità.

 

CONI e Contratto del cambiamento a firma dei 5 STELLE e dalla LEGA del maggio 2017

 

Che la prevenzione primaria non sia una prerogativa assoluta di medici lo dimostra una delibera del CONI ed il cosidetto “contratto del cambiamento” intervenuto tra fra i 5 Stelle e Lega redatto nel maggio 2017.

 

Nella delibera del CONI del 14 febbraio 2017, al punto 35, “la pratica di attività sportiva del fitness” viene inserita fra gli atti di prevenzione primaria di tutela della salute.

A sua volta, nel contratto per il cambiamento alle pagg. 46 e 47 nel capitolo intitolato “Sport” viene testualmente scritto:…occorre investire in prevenzione sanitaria attraverso il sostegno dell’attività sportiva e progettualità territoriale.

 

L’attività sportiva e motoria è sicuramente una nuova modalità operativa, forse l’unica a basso costo, per fare una corretta prevenzione finalizzata a combattere alcune malattie soprattutto di natura cardiovascolare”.

 

Dalla lettura di tali documenti si evince chiaramente che oggi non si può più far rientrare tutta la materia della prevenzione primaria, e quindi, delle indicazioni alimentari a persone sane nella competenza esclusiva dei medici.

É necessaria quindi una nuova legge che ridefinisca l’atto sanitario e faccia rientrare le indicazioni alimentari delle palestre e dei centri fitness fra gli atti di prevenzione cosidetta primaria.

 

Solo una nuova ridefinizione nel nostro ordinamento giuridico dell’atto sanitario e dell’atto medico (finalmente!) adeguata ai tempi che stiamo vivendo può portare una chiarezza nella delicata materia. Parallelamente va data una veste normativa anche all’atto di “prevenzione primaria” specificando che esso, finalizzato a tutelare la salute in generale”, può essere svolto anche da soggetti diversi dai medici e dagli altri sanitari, purché forniti della specifica competenza.

 

Mi spiego

 

Una nuova legge dovrebbe ribadire l’esclusiva competenza dei medici e degli altri sanitari, in relazione alle varie qualifiche professionali, ad effettuare tutti gli atti di cura e di prevenzione delle patologie di cui il paziente è portatore (obesità, diabete etc. etc.) nonché di riabilitazione.
Per quanto, poi, concerne la prevenzione, dare una veste giuridica definita agli atti di prevenzione primaria, che solo “indirettamente” tutelano
la salute, comprendendo in essi le diete consigliate in palestra e nel fitness a favore di soggetti sani.

 

Soggetti preposti e conseguenti responsabilità.

 

Chiaramente la nuova legge dovrebbe prevedere che le indicazioni alimentari a soggetti sani possano essere date “solo” da quegli istruttori o personal trainer che abbiano la professionalità necessaria e che la schedatura personalizzata, che sia stata previamente autorizzata dal Garante della privacy sia limitata solo al rilevamento del peso corporeo.

 

Dovrebbe, poi prevedere l’obbligatorietà da parte degli istruttori scuole autorizzate, in cui vengano impartiti insegnamenti in e dei personal trainer di un corso di durata semestrale presso tema di scienza dell’alimentazione. Il corso dovrebbe concludersi con il conseguimento di un diploma che attesti il superamento di un esame finale con esito positivo.

Il conseguimento di tale attestato conferisce una veste giuridica agli istruttori ed ai personal trainer dalla quale scaturisce, in caso di errori nelle indicazioni alimentari con lesioni agli allievi,
la responsabilità penale e civile.

 

Conclusioni

 

Recenti studi sulla “epigenetica” hanno messo in seria discussione il principio da tempo consolidato secondo cui la componente genetica fosse l’unico fattore responsabile del destino di un uomo. Ed hanno concluso nel senso che è innanzi tutto “l’alimentazione” unitamente alle abitudini quotidiane che può modificare l’evoluzione della nostra vita.

 

C’è poi anche una ricerca effettuata dalla FAO (Ente per l’alimentazione e l’agricoltura e dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) secondo la quale il 60% delle morti che si verificano ogni anno nel mondo sono da attribuire a malattie evitabili con una corretta alimentazione correlata all’età, alle condizioni fisiche ed alla attività motoria o di fitness da praticare.

 

Tutti questi elementi dovrebbero spingere il nostro legislatore ad intervenire senza indugio e mettere ordine nella delicata materia delle diete a persone “sane” consigliate dai titolari di palestre o centri fitness ai frequentatori.

 

 

 

a cura di Alfonso Marra – Magistrato

 

 

 

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